Tra i grands boulevards parigini si possono ancora trovare molti passages. Dopo l’avvento dei grandi magazzini e, in epoche più o meno recenti, dei centri commerciali, queste piccole vie nascoste sono state riciclate e divenute luoghi cool in cui trascorrere una piacevole serata etilica.
1) Nella maggior parte dei passages è fatto divieto assoluto di consumare bevande alcoliche;
2) la legge francese non permette di fumare all’interno dei locali;
3) la percentuale di fumatori in Francia è piuttosto elevata.
Queste tre proposizioni unite tra loro portano ad una situazione-limite in cui si deve scegliere che strategia adottare. Nessuno dei tre contendenti vuole perdere (fumatore-legge-gestore del café). Che fare? La repressione e l’intransigenza farebbero perdere tutti e tre, la legge non si può cambiare e il fumatore non vuole smettere.
Ecco che in questo oscuro interstizio legale interviene il deus ex machina: Il Guardiano del passage.
Questa sorta di nuova figura professionale parigina si occupa di mantenere l’ordine all’interno della viuzza e gestisce lo spazio dividendo, ad occhio, il pubblico dal privato. Puoi uscire con la birra per fumare una sigaretta però devi stare molto vicino al muro del locale da cui ti sei servito perché bisogna lasciare una porzione di strada libera per i passanti. Una metà del passage deve rimanere legale (no-alcol), l’altra metà può infrangere la regola. Questa gestione improvvisata e senza una vera e propria autorizzazione legale porta in sé la magnifica contraddizione del genere umano, trafitto e diviso in se stesso tra desiderio e ordine. Da Spinoza a Freud, dal conatus al Lustprinzip , passando per le désir di Deleuze-Guattari fino al desiderio dell’avanguardia teorica italiana interna al movimento del ’77 (Negri, Berardi Bifo).
Il guardiano del passage diviene l’agente regolatore della contraddizione intrinseca a ogni comunità umana. Egli, legalmente, non esiste. Non può avere un contratto, non indossa alcuna divisa, non è riconoscibile esteticamente. Ma intanto è là e tutti gli obbediscono. Non lo fanno ciecamente, non accettano con passività una prevaricazione immotivata. Riconoscono chiaramente in lui l’incarnazione anarchica del Potere, che contiene in sé il suo contrario e garantisce la sopravvivenza equilibrata di società civile e società politica (vedi Gramsci), mediamente felice e mediamente legale. Il guardiano del passage, figura senza volto né identità, il non-soggetto che permette al mercato e ai suoi partecipanti (produttori-venditori-consumatori) di scendere a patti con la legge. Egli non può scegliere, è l’elemento necessario per la convivenza tra il Legislatore e il Mercato. La raffinata ipocrisia del rapporto tra testo e contesto della Legge richiede un sacrificio. Qualcuno dovrà passare la notte in piedi, al freddo e senza garanzie in quanto lavoratore in nero: l’operatore matematico della comunità che rende possibile la continuazione del gioco… ma a condizione che sia sempre a somma zero. Il paradosso è che questo agente non partecipa al gioco, formalmente non esiste.
Un vecchio punk cantava: «È una formalità o una questione di qualità». Io dico che è una questione di qualità.
Il fascino autorevole della contraddizione, della follia, dei non-luoghi incarnati in un individuo.
Ma la polizia che ne dice? Guarda e passa anche lì?
Credo che, come ogni polizia, anche quella francese faccia i suoi calcoli. Non ne vale la pena fare grandi ‘retate’. Si perdono tempo, soldi, clienti-dei-locali, si fa un danno all’economia locale…insomma, meglio ‘chiudere un occhio’!