Bingo!

Tornare a casa alle 24:05 di una santa festività qualunque non ha prezzo, se abiti sopra al BigBingo; infatti, le donne fortunate come me possono avere ogni sera e a prezzo zero gente inanellata sotto casa, un filotto di macchine in coda ed un inaspettato prolungamento della serata da ricerca spasmodica di parcheggio. Tutte situazioni sempre pregevoli. E sappiate che non è esattamente per via della festività natalizia che ciò accade, poiché potrebbe verificarsi anche un anonimo lunedì sera (il luogo è aperto da lunedì a giovedì dalle 11:00 alle 02:00 – venerdì, sabato e domenica dalle 11:00 alle 04:00).
Pertanto, ad un certo punto della vita di una donna così fortunata, si presentano solo 2 quotidiane opzioni: le bestemmie o la dolorosa rassegnazione.
Di solito, alle prime segue la seconda: non resta che prendere atto che il passatempo del palermitano-medio si è definitivamente evoluto dalla stigghiola+frittola* a Ballarò, al gioco di semiazzardo praticato nei pertugi polverosi di un betfair-center e nelle multisale multiricche che sorgono ovunque come funghi velenosi nella selva già di suo oscura.
Ora.
Oggi alle bestemmie e alla rassegnazione segue un terzo step: l’impellente necessità pre-nanna di (s)parlare del BigBingo che fiorisce sotto casa mia. Nella fattispecie, mi urge sottolineare qualche particolare della mia lieta coesistanza col luogo della riffa.
1- La notte (che brivido!) la sottoscritta si ritrova costantemente bloccata dietro code di concittadini impazienti di arricchire il Signor Bingo ed un posteggiatore magro e ossuto, appositamente spalleggiato da un compare ciccione, macagno** e perciò fungente, seppur incorporato in una sedia di plastica bianca. Ovviamente il mio fegato è assai contento di ciò.
2- L’azzurrino color-cielo-buonista del logo ‘BigBingo’ mi disturba il sistema nervoso e mi stuzzica l’acidità di stomaco senza tregua, lui che mi entra provocatoriamente nel campo visivo non appena metto il naso fuori casa, mi affaccio alla finestra o giro l’angolo per procacciarmi il pane… E tutto questo già da bambina, quando – ancora innocente – andavo alle scuole medie, giacché il bingo in questione è sorto sotto la scuola media statale che frequentavo (per insegnare meglio a noi alunni la rilevanza della teoria dei numeri nell’economia capitalista=spennacreduloni; mica cazzi).
Ma tornando alla deliziosa creatura…
3- Fu subito amore a prima vista: come dicevo, le diedero vita a tempo record sotto la mia scuola, nonché sotto la finestra della mia camera da letto, martellando giorno e notte per il nobile scopo. (I miei sogni erano già da allora di graziosi attentati incendiari, vocazione affilatasi da quando, con l’apertura a pieno ritmo dell’amato, devo recitare tre Avemaria per trovare un posteggio decente sotto casa e contemporaneamente dribblare i suddetti posteggiatori; questo più o meno ogni notte. E dico. Ogni. Notte.)
4- Signori, siamo circondati. C’è un BigBingo qui, un LasVegasBingo lì ed un BingoVip altrove. Tutti vanno al Bingo: popolino e pseudointellighenzia, neo-laureati in ingegneria, pensionati col panzone, shampiste con la pelliccia di fintovisone, madri di famiglia con la collanazza d’oro, donzelle fashion che al Papete*** ci vanno il sabato e quindi gli altri giorni non hanno consistenti impegni mondani. Eccerto! La sala dispone di tutti i comfort: divisione in zona fumatori e zona non fumatori per un totale di 720 posti, sportello bancomat interno, nursery, servizio di ristorazione ai tavoli, ambiente climatizzato… tutto pagato profumatamente, ma che vuoi che sia? Ne vale la pena!
5- Poco importa che il bingo sia un gioco razzista (“Le vincite vanno dichiarate esclusivamente con le parole ‘Cinquina’ e ‘Bingo’, a voce alta e tenendo una mano alzata, per poter essere individuati velocemente dal personale di controllo. Altri termini di chiamata potrebbero non essere riconosciuti come validi ed il gioco potrà procedere e determinare altri vincitori. Per voce alta si intende un tono di voce sufficiente ad interrompere la continuità del gioco”): con buona pace di tutti, se sei muto amen, se non hai le braccia o non puoi muoverle idem, ed anche se hai la raucedine rassegnati: ti hanno venduto non si sa come la cartelletta, ma non ti pagano; grazie, e arrivederci.
6- Per finire, c’è anche la tipica chicca in odor di mafia. Correva l’anno 2007: “I giudici della sezione misure di prevenzione del Tribunale hanno confiscato la sala Bingo Las Vegas di Palermo. Si tratta di una delle più grandi d’Europa. Secondo gli inquirenti, l’immobile, sede del centro scommesse, era di proprietà del capomafia palermitano Nino Rotolo. Sui guadagni dell’attività, però, che incassava più di 70mila euro al giorno, avrebbero avuto interesse anche le cosche vicine al boss Salvatore Lo Piccolo. Per gli investigatori la sala, sequestrata a novembre 2007, era intestata a dei prestanomi: Domenico e Francesco Casarubea. A chiedere il provvedimento erano stati i pm Nico Gozzo e Antonio Ingroia” (ANSA).
Eppure il palermitano che fa? Prende armi, mogli e bagagli e va al Bingo, fiero della sua ora d’aria, fiero dell’investimento in denaro sul parcogiochi a misura di adulto, fiero, perché almeno a Palermo adesso c’è qualcosa da fare, i tempi cambiano e vabé se la tombola coi fagiolini viene oltraggiata ed infamata; è col beneplacito impellicciato dei palermitani d.o.c. (e con buona pace del mio fegato).

Homer: Bingo? E’ il mio gioco preferito, solo che non ricordo cosa si deve urlare quando si vince.
Prete: Bingo.
Homer: Bingo? E’ il mio gioco preferito, solo che non ricordo cosa si deve urlare quando si vince.
Prete: facciamo così: dica “Mitico, ho vinto!”
Homer felice urla: Bingo!

 

* preparazioni tipiche della tradizionale gastronomia da strada palermitana (vedi
wikipedia)
** soggetto poco raccomandabile, truzzo
*** nota discoteca glamour delle notti panormite

2 thoughts on “Bingo!

  1. Già li vedo, soldatini con divise tutte diverse tra loro alla ricerca di qualcosa che dall’alto è stato sottratto: la felicità indipendente dal denaro.
    Io mi chiedo se non sia previsto per legge che questi posti debbano essere costruiti lontano da centri abitati e con un parcheggio interno sufficiente a contenere le auto di buona parte dei partecipanti.

  2. Mah. Credo che qualcuno in alto (non lo stesso che ha sttratto loro la felicità, ché nel migliore dei casi si chiama Es e nel peggiore [peggiore per chi?] SuperIo) abbia tutta l’intenzione di tenere questi luoghi ben invischiati con i centri abitati.
    I soldatini assoggettati fanno comodo, vedi i romani al colosseo e l’idea del panem et circenses. Solo che quelli erano più furbi e al colosseo si preparavano il pranzo, giocavano a dadi, cucivano, scrivevano. Oggi l’homo indossa tutine mentali molto più facilmente.

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