L’artista maledetto e lo sciacallaggio mediatico (e non)

Morgan. Questo è il nome, la parolina magica, la chiave che apre porte su scenari di morbosa e insaziabile curiosità giudicante, che da un paio di giorni a questa parte sento e leggo ovunque. Morgan di qui, Morgan di là, Morgan l’artista maledetto che sconvolge con le sue rivelazioni sconcertanti, Morgan che poi, umiliato e afflitto, ritratta in diretta, e tutti lì ad attendere impazienti la nuova puntata, la prossima mossa dell’ennesimo teatrino mediatico. E nell’attesa, ovviamente, si formano gli schieramenti, ci si fanno le proprie opinioni, si assolve o si condanna: c’è chi si scaglia con impeto moralistico contro lo scellerato e provocatorio gesto di colui che dovrebbe esser d’esempio; chi, in nome della libertà di espressione, ammira la sincerità e il coraggio del maudit incompreso destinato, per copione, a venire osteggiato e non capito da una società che non ammette stravaganze; altri compatiscono e difendono la pecorella smarrita, ne giustificano le debolezze e sono pronte al perdono; per alcuni si tratta di una messinscena ben orchestrata, e forte è il dubbio di essere presi per il sedere. Qualunque sia la posizione adottata, tutto purché se ne parli sembra essere la massima che potrebbe sintetizzare la fosca faccenda: pro o contro, difensori del depresso sofferente che non deve essere giudicato o detrattori del drogato da marchiare a fuoco con una bella D sulla spalla,  ciò che importa è farsi un’idea, dare il proprio giudizio non richiesto su una vicenda umana che una volta portata sul grande schermo e proiettata come fosse una fiction, o una seria televisiva, o un film dal finale aperto, perde ogni significato e valore per diventare e farsi finzione, cartone vuoto da trafugare a piacere e poi gettare via senza curarsi di chi andrà a colpire. Morgan come vittima di una società affamata di pecche e dolori da sezionare e osservare dall’alto in basso, talmente spenta e priva di stimoli da doversene cercare nelle disgrazie altrui? O, al contrario, Morgan furbo manipolatore di morbosità collettive e abile confezionatore di scandali ad hoc, fine conoscitore dei meccanismi perversi di un contesto che prima fa le regole e poi smania per vedersele distruggere dal trasgressivo di turno? A Porta a Porta l’ardua sentenza. Io mi limito a due considerazioni: il triste e patetico ruolo al quale è relegato non solo l’artista (più o meno maledetto), ma chiunque si distingua, o cerchi di farlo, dalla melma livellante dominante, costretto per emergere e avere un po’ di spazio ad accettarne le regole e i cliché, finendo per interpretare un ruolo che, per quanto trasgressivo ed eccentrico, è previsto e contemplato dallo stesso sadico gioco che si vuole sabotare; la dilagante e preoccupante necessità di spettacolarizzare ogni umano sentimento, dolore, disagio, spogliandolo di ogni significato per farne pretesto di proclami politici, moralismi ipocriti e occasione di sterili dibattiti su colpe e peccati che niente hanno a che fare con la vita, e del malcapitato messo alla gogna, e del pubblico pagante che freme per scagliare la prima pietra e far cadere in acqua il malconcio clown. E trovo che sia questa la vera immoralità, la cosa che più dovrebbe far scandalizzare. Altro che droga usata come antidepressivo.

E che politici, preti, cantanti e saltimbanchi vari decidano pure chi andrà in paradiso e chi all’inferno.

One thought on “L’artista maledetto e lo sciacallaggio mediatico (e non)

  1. la vera vicenda triste è che Morgan negli ultimi anni ha deciso di mollare un grande bel progetto musicale [ascoltasi Bluvertigo] e ha scelto di essere più visibile, entrando nel circo mediatico, come più volte definito, chiamato televisione.
    Francamente, dico la mia da musicista, mi fa schifo vedere che un musicista abbandona la musica per lo showbusiness [o showbiz http://www.youtube.com/watch?v=nJyWvT_pZAE%5D Sulla droga o gli “scandali” non ho motivo di spendere energie e parole.

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