Le storie che non immagini: ritratto di una famiglia

Una famiglia solitamente torna a casa; ipotizziamo che esiste il padre, la madre e un figlio.
Una classica famiglia, la famiglia cosiddetta “media”. Bada lettore, non è la famiglia immaginaria del Mulino Bianco: nella vita reale ci sono tanti problemi grandi e piccoli, da vivere, da somatizzare e da superare, si combatte sempre; si combatte per vincere. Alle volte si torna doloranti nel proprio nido, altre volte con bende, sangue alle mani e vesciche pulsanti: le battaglie non sempre si vincono. Ma bisogna combattere ugualmente.

La famiglia solitamente vive… con difficoltà, ma dignitosamente sempre vive. Tira a campare per essere capace di portare ogni giorno il pane a casa, per potere garantire il minimo del benessere richiesto, ormai in sordina; tutto dovuto e nulla più pensato.

Ultimamente la famiglia sopravvive …e anche male. Torna a casa, accende la televisione, così piena di colori e immagini a effetto placebo, lobotomizzante per il cervello e per quella parte di viscere dove risiedono tutti i pensieri e le angosce. Ognuno chiuso in se stesso, ognuno coi propri problemi. C’è crisi comunicativa. I figli, se son cuccioli, hanno la fortuna dell’immaturità, beati loro, protetti da un filtro invisibile; se sono grandi invece, eh… hanno così tanti doveri da dimenticarsi il significato dei diritti. In una famiglia – in una famiglia intesa nella maniera classica, come fu per secoli nei secoli; scappi lontano da me il pensiero di voler ipotizzare una famiglia composta da madre e madre, non siete pronti a tale dissacrazione – gli adulti sono la madre e il padre.

Il padre è stanco, il lavoro lo sfinisce, lo riempie di belle parole e aria nelle tasche – in verità negli ultimi mesi, sai, la crisi, non solo comunicativa… l’aria è stata dimezzata. Il lavoro gli cancella le ultime voglie di vita; non parla con la madre che cerca violentemente il dialogo; anzi non parla affatto.

La madre è un bel cervello e lavora duro. A lavoro si clona per potersi suicidare due volte, per potersi dare il doppio, perchè chi ama dona e chi ama il proprio lavoro lo fa bene in salute e soprattutto in malattia.

Lo sapevate che in Italia chi è un impiegato pubblico/statale, più è produttivo e diligente e zelante a lavoro e più è premiato, moralmente ed economicamente? No? Non lo sapevate?! Eh già, è una stronzata che mi sono inventato per intrattenervi e donarvi un momento di utopia in questi vostri 5 minuti di lettura!

Vomita le proprie disperazioni, ad alta voce, come macchine che corrono inseguendosi lungo una pista ovale; più veloci, sempre più veloci. Così veloci che vibrano i vetri dei vicini ai piani di sopra e di sotto e credo anche di lato.

Fosse solo questo non avrei scattato una foto particolarmente degna di nota – anzi lettura!
È il contorno ed i suoi piccoli particolari a riempire di colori e trasformare una foto in dipinto: vivo, livido e sofferto.

Sono le basilari spese quotidiane alimentari che non dovrebbero mai mancare; è la bolletta della luce che alimenta il televisore; è il creditore che ti telefona da un’altra città per avvisarti, con tono delicato ma severo, che sei in ritardo col pagamento della rata che è scaduta due mesi prima; è il conto mensile del telefono che da linea al collegamento ad internet; é il gas che accende la fiamma del focolare che grava sul bilancio; è il creditore che ti spedisce una lettera preaffrancata da un’altra città – ma non la stessa di sopra – per rimproverarti che non sei un bravo cliente perchè sei indietro coi pagamenti di questo finanziamento; il dolce nettare che un giorno si e due giorni no devi versare nella pancia della tua automobile; è il quadrato di carta appeso al vetro della macchina che ti ricorda che il potere della protezione assicurativa semestrale è scaduto; è l’estrattoconto della tua banca che è follemente in amore col colore rosso; è tuo figlio che piange perchè vorrebbe il giocattolo nuovo ma non l’avrà o peggio, perchè rimane nel suo doloroso maturo silenzio, perchè vorrebbe comprarsi l’ultimo libro visto in biblioteca ma nota con triste consapevolezza che a casa, da qualche tempo, mancano sempre più spesso carne e pesce…

Tutto questo è solo un granello di sabbia nella clessidra ormai rovesciata della vita di una famiglia, qui e ora, nel 2010.
Forse mi diverto con le parole e la fantasia ma potrei aver fotografato di sfuggita proprio la tua famiglia.

2 thoughts on “Le storie che non immagini: ritratto di una famiglia

  1. Con o senza guerra per certe famiglie è sempre difficile.. mi venivano in mente le scene di Ladri di Biciclette e la fame che si vede nei gesti o negli occhi, che quasi animaleschi, si avventerebbero sul primo posto di lavoro, anche umile.

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