Pao Pao è il primo romanzo di Pier Vittorio Tondelli, la seconda pubblicazione in ordine di tempo, dopo la raccolta di racconti Altri Libertini. Se, come me, non hai trovato le sue opere sarà perchè sono inaspettatamente relegate nei reparti “per ragazzi” o peggio in quelli denominati “letteratura erotica”. Quindi, insieme a Melissa P. e al marchese de Sade.
Pao Pao racconta il periodo di leva trascorso in maniera un po’ “diversa” da un gruppo di ragazzi, diventati amici proprio in caserma. È un romanzo di amore tra ragazzi, un romanzo omosessuale si direbbe, che mai come in questo caso mostra quanto meriti la stessa considerazione dell’amore etero. Che poi, queste classificazioni applicate anche all’amore mi danno i nervi, infatti lascerei alla grammatica l’unica diversificazione tra maschile e femminile. Il latino era persino più democratico, aveva anche il neutro.
A parte le discusse classificazioni di determinati librai, se ti ritrovi un libro di Tondelli in mano ti potrebbe capitare di sussultare durante la lettura e finita l’ultima pagina, di desiderare a tutti i costi di andartene in viaggio con i tuoi migliori compagni di sbronza o a scopare con la tua ragazza, appena dietro il vicolo. Per capire: siamo nel bel mezzo della letteratura italiana degli anni ’80, in quelle province emiliane che sanno di leggenda, perchè raccontate come gli americani facevano solitamente con le loro scorribande per le strade verso l’eternità. Se avete visto RadioFreccia di Ligabue, posso dire che è l’accostamento cinematografico più noto, che potrebbe darvi un’idea di che pasta sono fatte le sue pagine, ricche di droghe pesanti, di sentimenti estremi, di amicizie fondamentali e di gioventù. Se ne sente l’odore, infatti, della gioventù.
Quando si parla della scrittura di Tondelli la si avvicina alla musica rock, perchè è eversiva e ti fa muovere il culo come se stessi ascoltando i Ramones o si fa melodica, rabbiosa e nostalgica come una canzone degli Smiths. Si scontra con i puristi dell’italiano standard, con l’uso di un gergo giovanile e una punteggiatura anarchica; diventa per alcuni oltraggiosa, perchè usa le parolacce (oh mio dio), perché racconta rapporti sessuali o gli effetti devastanti della dipendenza. Se non volete leggere di tutto questo, siete pregati di non avvicinarvi neanche per scherzo, rischiereste di sentirvi in colpa con la vostra anima benedetta dal signore e di passare le vostre giornate a sgranare i rosari.
Pao Pao fa notare che sullo sfondo, relegati quasi all’invisibilità, fanno capolino timidamente le occhiate bigotte dei passanti o le difficoltà nell’accettarsi per quel che si è, e cioè “diversi”, così definiti da un mondo che ha dimenticato la purezza del sentimento e che ormai preferisce pensarlo (l’amour) come finale risultato del matrimonio. Ma questa diversità, così negativamente accostata alla malattia, o ancora peggio all’idea folle una razza inferiore, la loro, io proprio non la vedo.
Oggi, come per i perseguitati politici, subiscono violenze e linciaggi, come se fossero i topi della peste bubbonica. Ma almeno Brokeback Mountain vince il premio Oscar, Sean Penn interpreta meravigliosamente la lotta per i diritti gay con Milk, e un film non molto noto come Kensey ci fa vedere, attraverso un’ottica estrema, che l’uomo inteso come animale potrebbe vivere i suoi rapporti con l’altro in maniera sicuramente più felice ed appagante, senza sensi di colpa provocati dal moralismo dell’uomo pensante, che forse è proprio la causa, appunto quest’insieme di preconcetti e di valori, della mancata accettazione di sé. Omologandosi a questi pseudo valori di una società che non rispetta le differenze, l’individuo tende a reprimersi, ad amare una donna se è un uomo, etc..
E se ad un certo punto Pao Pao ti fa commuovere che c’è di male? Forse il mio sentimento è sbagliato? Forse dovrei considerare loro come esseri immondi che meriterebbero la tortura per le oscenità di cui si fanno protagonisti in privato e persino in pubblico?
Sto solo leggendo pagine toccanti di un amore che finisce male, ed ha come protagonisti due uomini. Penso che mi dovrei preoccupare del contrario o se percepissi delle differenze che innalzerebbero gli etero a coppia standard del nostro mondo. Dovremmo far più caso, per esempio, alle tante pugnette sociali che ci tramandiamo da secoli.
Ebbene, i libri di Tondelli appaiono sinceri, non sempre autobiografici (dice l’autore) ma così dettagliati che sembra di capire di cosa soffrano queste anime vaganti, forse troppo esplicite per il pensiero comune, ma così vicine all’universo giovanile che ne conosciamo i vizi, i bar, le statali provinciali e gli autogrill con le coppiette. Come se facessimo parte dello stesso gruppo di amici che in questo romanzo vive un continuo processo di crescita, fatto di alleanze, di scopate, di fazzoletti bagnati e di grandi vissuti. E poi, finita la lettura, non riesci a capacitarti sul perchè ci debba essere ancora il bisogno della lotta per eliminare le discriminazioni fra i sessi.
Sembriamo tutti così simili.
bella recensione! Non conosco questo scrittore, Tondelli, ma per scrivere qualcosa come un libro con protagonisti omosessuali, è lui in prima persona vicino in qualche modo al mondo omosessuale? Spero sia uno scrittore giovane anche se, secondo me per scuotere i pilastri solidi di certe strutture, “romanzi pericolosi” dovrebbero essere scritti da scrittori vecchi!!
Il comune individuo e la psichiatria si sono arrogati per troppo tempo nell’epoca della “democrazia” la libertà di definire l’omosessualità con connotazioni negative, viscide, spregevoli.
Per il DSM l’omosessualità era addirittura un disturbo sociopatico della personalità riconducibile alla volontà di opporsi alla società e alle sue tradizioni morali (1952); poi financo una deviazione sessuale equiparabile a pedofilia, necrofilia, feticismo, voyeurismo, travestitismo, transessualismo (1968).
Nel 1973 finalmente la depatologizzazione, la consapevolezza che l’omosessualità è caratterizzata solo dal diverso orientamento sessuale rispetto agli individui eterosessuali. Gli omosessuali non sono malati, possono essere persone meravigliose, vivere in armonia col loro aspetto, col loro corpo; spesso anche più di noi etero, lo sapevate? Molti ancora non lo sanno.
La cruda verità è che il malessere degli omosessuali è creato dal sociale: è la società odierna a proporne una sorta di ghettizzazione, a sottolineare la necessità dell’isolamento sociale, affettivo, cognitivo …in cui poi loro comodamente si ripiegano.
La paura di essere emarginati e di sentirsi ancora più soli è una bestia bruttissima, porta spesso alla fuga, all’auto-isolmento, addirittura all’emigrazione – l’ho visto coi miei occhi – per vivere lontano da tutto e da tutti; e che ben vengano allora l’occultamento della propria identità, la repressione, la negazione del proprio status e dei propri desideri carnali e mentali spontanei, la distanza affettiva da familiari e amici per difendersi da un eventuale doloroso rifiuto.
Non è giusto.
Bisognerebbe offrire sostegno sociale, contattare associazioni serie, favorire la comunicazione genitori/figli, smettere di costruire locali solo per gay, smettere di organizzare serate a tema gay, cessare di guardare con sdegno due maschi che si baciano sulla stessa panchina in cui 2 giorni prima limonavi tu. Difficile?
Tondelli è stato ( perchè morto di Aids nel ’91) ed è uno scrittore fenomenale, fondamentale per la sua generazione e quelle successive, citato da Ferretti o Le Luci della Centrale Elettrica, era giovane, anche molto, quando scrisse Altri Libertini, che ebbe problemi di censura ed anche con la legge, e Pao Pao.
Leggendo la sua biografia, fatta anche di sue parole, si vede un individuo che quasi non acccetta il proprio corpo e che non si sentiva a suo agio con gli altri. Se fosse stato omosessuale o meno, sai com’è, non è che un ragazzo, un uomo, uno scrittore, la prima cosa che fa nella vita, quando parla dei suoi libri, è dire quale sia il suo personale e privato orientamento sessuale. Non so se l’abbia fatto, ma mi chiedo se ce ne fosse stato il bisogno. Come di un’età giusta per scrivere, non solo di amori gay, ma in genere. Certo, ci vuole una giusta conoscenza dell’ambiente per poterlo fare, quello sguardo che ti ha permesso prima di vivere a fondo determinate strade e poi quella riflessione che ti ha permesso, dopo, di poterne parlare.