Menomale che c’è Sanremo…

di Salvatore Vassallo

L’argomento è di quelli non impegnati, né impegnativi: trattasi del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, giunto al suo 60° anniversario (con tanto di diamante che luccica nel logo).
C’è l’Italia, in Sanremo, e intorno a Sanremo, un’Italia di casse integrazioni, un’Italia che calcisticamente si divide tra Cassano e Lippi, l’Italia che usa la sua più potente arma: il televoto.

Il televoto, questo perfetto bastardo che arriva – prevedibile – a rovinare un Festival discreto e godibile. Un televoto che ripesca due canzoni giustamente eliminate da una giuria demoscopica, i cui requisiti di selezione erano perfino onesti nelle intenzioni: i membri della giuria sono infatti “consumatori” di musica, comprano CD, vanno ai concerti, suonano strumenti.
Due delle cinque canzoni eliminate si piazzano ai primi due posti, e trionfano: vince la sessantesima edizione di Sanremo tal Valerio Scanu della scuola “de filippica” (ahimé, non di Eduardo), un diciannovenne impacciato e di pochissimo spessore che però conta su una folta schiera di fans isterici (perlopiù ragazzini/e) che lo tele-votano fino ad esaurimento credito telefonico. In poche parole, il caso Marco Carta (è ancora vivo?) si ripete. La canzone di Scanu è semplicissima, con una melodia che anche un bambino potrebbe comporre, una specie di ninna nanna d’amore in cui è lecito inserire le parole più scontate del mondo. Unici due pregi: ci insegnerà a “far l’amore in tutti i laghi”, e la dimenticheremo presto. Sul podio, medaglia d’argento, c’è il “trio”, il più odiato dagli Italiani, il più fischiato, il più discusso, dunque il più “tele-votabile”: “Italia amore miooo-over the rainbow” è il canto di sofferenza di un principe bambino in esilio, che non piange perché il suo papà è un operaio della Fiat di Termini Imerese, ma perché non può abbracciare e respirare l’aria del bel paese, di cui la canzone è un’ipocrita celebrazione, che fa rimpiangere “Italia” di Mino Reitano, e che soprattutto stona! E stona parecchio, in tutti i sensi, nella vocalità e nel contenuto. Perché diciamocelo, la vera celebrazione della nostra nazione è la canzone di Cristicchi: “C’è l’Italia dei video-ricatti / c’è la nonna coi seni rifatti / e vissero tutti felici e contenti / ma disinformati sui fatti”. Terzo classificato, un personaggio eccessivo: anche lui vittima e carnefice partorito da un reality (più correttamente talent-show), anche lui, per me, un perfetto sconosciuto, tal Marco Mengoni, “figlio d’arte” di quell’eccentrico e colto (e ahimé drug-addicted) Morgan Castoldi che avrebbe vinto se non fosse stato squalificato. Ma del suo drammatico epitaffio si è già occupata la mole Antonelliana. (Ora però vogliamo il nome del parlamentare risultato positivo al test sulla cocaina, per sbatterlo fuori).

Tornando a Mengoni, il troppo stroppia, ma tutti lo applaudono e pare per un attimo che possa vincere: e invece la sua straordinaria estensione vocale che arriva fino agli acuti della Ricciarelli, la travolgente e modulatissima orchestrazione, e un testo che gioca sull’ambiguità, non possono nulla contro l’auditel: i fans della De Filippi sono più numerosi di quelli di Morgan e della Maionchi, battuti persino dagli agguerriti monarchici che hanno votato per Filiberto e che si sono schierati (in una terna micidiale!) insieme alle nonnine che amano Pupo e ai cultori della lirica in orgasmo per il tenore Luca Canonici: in fondo tra le passioni degli Italiani ci sono i “savoiardi”, “il gelato-al-cioccolato” e “l’opera”. Restano fuori – ovviamente – le belle canzoni: in primis la classe, l’eleganza di Malika Ayane, la cui canzone ha un’orchestrazione perfetta, impeccabile. Se non altro, a lei va il premio della critica Mia Martini, e soprattutto è proprio la bravissima Malika la causa indiretta di un’azione di protesta mai vista prima sul palco dell’Ariston: la sua esclusione, come goccia che fa traboccare il vaso, fa scattare una ribellione dei componenti dell’Orchestra della Rai, gente che di musica se ne intende e che vuole palesare la sua classifica. È un putiferio: tra il pubblico che continua ad urlare “vergogna” e “venduti” e i giornalisti in sala stampa che lanciano anatemi, l’Orchestra incitata dal folle maestro Cappellaio Matto passa all’azione, e volano gli spartiti appallottolati, dinanzi a una Clerici basita, ma in fondo tra le risate generali: è pur sempre Sanremo. Tra gli altri esclusi, il già citato Cristicchi (che nella serata finale ha ricordato Alda Merini): Simone ha il merito di osare sempre, con una canzone di sicura presa sul pubblico, in cui sostituisce Biagio Antonacci con la first lady francese, e in cui cita una frase di Karol Wojtyla “se sbaglio mi corigerete” rischiando di apparire addirittura blasfemo. E invece è perfetto. Nel ritmo, nel tono, nelle parole, nell’ironia impertinente, nella sua verità scomoda, che è lontana anni luce dalla disarmante pochezza del povero Povia.

Per motivi di spazio, non posso dilungarmi sulle rimanenti canzoni, ma vorrei citarne almeno altre tre: una è meravigliosa in quanto surreale, è la canzone del buonumore, lei (Arisa) sarà anche una gran furbona calcolatrice, ma quant’è bello canticchiare sotto la doccia i suoi tormentoni! Quest’anno Arisa ci va giù pesante: parla di apocalisse, di distruzione finale del pianeta, eppure l’amore metafisico resiste, i sentimenti vincono. La favoletta di Arisa è una canzonetta da ridente sagra paesana, con tanti caldi strumenti a fiato e tre meravigliosamente brutte coriste (uomini); ma la cantante donna per eccellenza di quest’anno è Irene Grandi (truccata malissimo ma single!): nella sua canzone la strofa risulta più melodica e orecchiabile del refrain. Stranezze. Eppure lei è rock, grintosa, e mieterà successo come sempre: però ancora non ho capito cosa cacchio c’entri la cometa di Halley… Infine la grande domanda sanremese di Irene Fornaciari (con i Nomadi purtroppo relegati in secondo piano): “vorrei sapere perché il mondo piange”. Se non fosse la figlia di Zucchero, probabilmente Irene non sarebbe arrivata da nessuna parte, eppure le riconosco una bella voce calda e graffiante e la capacità di tenere una nota per molto tempo, giusto prima di esplodere. Il testo insiste: vuol sapere perché a lei, così innamorata, così felice e pregna di amore, sembra tutto bello e dorato, e invece il mondo piange. Cara Irene, il mondo piange perché esiste Povia! Povia è il simbolo “cantante” della banalità, della mediocrità, della presunzione: Povia è contrario all’eutanasia, ma non lo fa capire, non si espone, tanto che Beppino Englaro gli dà il permesso di cantare la sua canzone “La verità” sulla storia di Eluana, mentre il Vaticano gli sconsiglia di esibirsi. Dopo che ha fatto del bisessuale Luca il tormentone-zimbello degli italiani, Povia canta senza il minimo tatto (ma anche senza voce e senza una musica decente) una storia che ci ha scosso e ci ha fatto riflettere su noi stessi, sui nostri diritti, sulla vita. Di tutto ciò, Povia non trasmette nulla, neppure un briciolo di emozione, e fallisce, per fortuna.

Tra le ovvie polemiche, i confronti sui gusti musicali, la proposta che dalla prossima edizione siano esclusi concorrenti di reality, talent-show e compagnia bella, mi è rimasta impressa nella mente solo una frase della canzone di Simone Cristicchi: “La verità è come il vetro / che è trasparente se non è appannato / Per nascondere quello che c’è dietro / basta aprire bocca e dargli fiato!”.

8 thoughts on “Menomale che c’è Sanremo…

  1. Ciao Salvo.
    Innanzitutto complimenti per l’articolo: scritto bene e “consapevole”

    Sono d’accordo sulla maggior parte delle cose che hai scritto. Anche a me piace l’ironia di Cristicchi che, da una canzone apparentemente idiota, riesce a fare uno spaccato dell’italia mediatica.
    Mi sono ricreduto anche io su Irene Fornaciari… anche se avrei voluto sentire un po’ più Danilo Sacco.
    Non sono d’accordo su alcune cose:
    Marco Carta quest’estate ha fatto un tormentone. Personalmente “Amici” mi sta sul -beep- mi censuro, ed in particolare i “Divi” (parola che so che ti piace tanto) che si sentono “arrivati” e superiori a tutto e a tutti. Però quel tormentone non era male e non sembrava neanche lui a cantarlo (ho scoperto dopo chi fosse).
    Scanu mi sta proprio antipatico. Arrogante più degli altri soprattutto quando gli chiedono “Sei emozionato” e lui risponde “No!” o qualcosa del genere. Però il suo CD (prima del festival) mi è piaciuto… e ho dovuto combattere con la mia antipatia nei suo confronti. Idem per questa canzone che forse non meritava di vincere, ma è molto delicata e carina. Non la trovo così banale e alcune frasi evocano davvero delle belle immagini “NON CORRISPONDE IL FLUSSO DELLE TUE PAROLE AL BATTITO DEL CUORE” per esempio.
    Povia. Eh… Povia potrebbe risparmiarsi di fare tanto casino… la canzone mi piace tanto. La trovo orecchibile, belle parole, e bello il suo modo di cantare sicuramente diverso dal solito. Bella anche la “coreografia” e in questo ci sta sempre tanto attento. E’ apprezzabile il fatto che sia un cantautore. I suoi CD sono misti: canzoni allegre (e bruttine) e canzoni più lente che parlano di argomenti quali l’anoressia o la moda. Forse è vero che fa “casino” prima del debutto affrontando argomenti che dividono l’italia. Non trovo che abbia parlato in modo pesante dell’argomento, anzi molto delicato. Se non ci fosse stato questo casino prima del debutto non avrei compreso a pieno l’argomento della canzone che si può leggere anche con altre chivi di lettura.

  2. Quello che rimprovero al meccanismo del Festival è il fatto di inserire tra i “big”, cioè tra gli artisti con una carriera alle spalle e un certo numero di dischi venduti, dei ragazzini neanche tanto brillanti appena usciti da questi talent-show, giovani cantanti il cui unico background è un guidizio di Platinette. Non è corretto innanzitutto per la questione televoto, che risulta troppo determinante e che come sappiamo diventa una questione ossessivo-compulsiva per alcuni/e ragazzetti/e che arrivano a giocarsi il loro credito telefonico per premiare gli Amici, poiché così li ha educati Maria (bau). Non è corretto per Scanu-Mengoni-Noemi stessi: Scanu, in particolare, si sente (e in fondo lo è) “arrivato al traguardo”: fra cinque anni che ne sarà di lui discograficamente e psicologicamente? Che ne é stato dei precedenti Amici? Lode dunque alla scelta di inserire Tony Maiello di X-Factor tra le “nuove proposte” – anche se addirittura Maiello è anagraficamente più anziano del vincitore nella categoria Big o.O
    Festival a parte, grazie di tutto agli amici di abattoir

  3. …sinceramente non capisco tutti questi apprezzamenti per il testo di Cristicchi, secondo me non “ha il merito di osare sempre” il testo non dice nulla di particolare e il ritornello è insopportabilmente fuori luogo.

    Forse il suo è un osare confrontato ai testi medi di Sanremo ma confrontato ad altri artisti che fanno satira sociale e politica è assolutamente “innocuo”

    • sì, infatti il mio apprezzamento era rispetto alla media. Ma senza andare lontano già Caparezza (e non è un militante dell’ EZLN) osa di più e in questo genere, secondo me, è ben più bravo.
      Frankie HI-NRG a suo tempo fece una canzone molto più diretta (quelli che benpensano) e anche lui dico, non eccelle.
      Senza contare che “Il paese è reale” degli Afterhours è uno dei pochi testi sanremesi degni di nota, e come era scontato, non se l’è cacato nessuno. Ma dico, tra gli After e Cristicchi c’è un abisso.

      (Ah e la canzone di Arisa fa veramente cagare. Va bene le canzoni allegrotte, va bene i tormentoni, ma non si può ascoltare.)

      Insomma estrapolato dal contesto sanremese neanche Cristicchi, a mio parere, si salva.

      (però ripeto, l’articolo è scritto bene :) e rispetto i pareri altrui)

      • Infatti il bello è proprio sapere che ci sono opinioni e gusti musicali completamente diversi dai propri. In quello che ho scritto non volevano esserci molti giudizi “pensati” ma le sensazioni che ho avuto già al primo ascolto durante la prima serata. Per esempio il riferimento alla canzonetta di Arisa intonata sotto la doccia è esattamente quello che mi è successo l’indomani mattina: la canticchiavo allegramente storpiando le parole (che poi è il destino a cui è condannata Arisa), Malika mi ha trasmesso molta emozione, mentre il testo di Cristicchi (anch’io ci tengo a dire: TRA QUELLI PRESENTI) mi è sembrato il più irriverente, non una denuncia, ma un bel riassuntone in musica dell’italico modo di fare degli Italioti :)

  4. Sì, forse osannare troppo Cristicchi è esagerato, tuttavia se il confronto più facile, trai cantanti partecipanti al festival, è Povia, non si può che notare l’effettiva levatura del primo nei confronti del secondo su tutti i fronti.
    Tutti è due con all’attivo una canzone sul sociale, quella magistrale dal punto di vista musicale del primo “Ti regalerò una rosa”, e quella mediocre di Povia “luca era gay”, la prima tocca l’argomento del manicomi dal punto di vista umano, di chi soffre, delle vittima, creando un collegamento emotivo tra l’ascoltatore e il personaggio, la seconda di sociale ha soltanto il tema, perché il contenuto è più di quanto antitetico ci sia in merito: offrendo una spicciola e stereotipata analisi dell’omosessualità quasi stesse descrivendo l’eziologia di una malattia psichiatrica e con l’implicito messaggio agli omosessuali che dalla loro condizione possono guarire, pardon uscire facendosi piacere la passera (ditemi un po’ voi che razza di valutazione umana si può dare ad un cantante così.).
    L’altro aspetto in comune è quello di trattare argomenti scomodi o scottanti: ma mentre il primo lo affronta se non altro o in modo dissacrante offrendo un affresco autentico e caustico sulla realtà italiana, il secondo come già detto tratta argomento scottanti assiepandosi sulla linea del conformismo, tocca l’omosessualità ma dice che è una cosa malata, tocca l’eutanasia ma poi si affretta a dire che di eutanasia non si tratta ben sì di morte naturale, ecc.. facendo pure il maestrino, ma poi alla fine stringi stringi leggi il testo e quello che ci trovi è solo un furbesco utilizzo di artifici retorici che mirano soltanto a far uscire le sua idea come una verità assoluta, ma parandosi le natiche per vigliaccheria dicendo nel sotto testo che ognuno “difende la sua Verita”; Io direi che invece di difendere ciecamente la propria verità, prima uno dovrebbe sincerarsi di avere un fondo di verità per quel che difenda a spada tratta, invece Povia salta a piè pare la ricerca e la verifica e da buon talebano si butta con tutto se stesso nella difesa della sua verità elevata a dogma eterno e morale.

  5. Il testo di Povia è il seguente:

    Mamma papà ora vi vorrei parlare, solamente dell’amore
    L’amore che mi avete dato, per tutta la vita
    E dirvi che continuerò a ispirarvi
    Perché il vostro cuore è immenso
    Perché il vostro cuore vola
    Vola sopra le parole
    Sopra tutte le persone
    Sopra quella convinzione di avere la verità, la verità.

    Padre, ora tienimi la mano
    Tienila vicino al cuore e potrai sentire che ti amo
    E mentre il mondo fa rumore
    Mentre il mondo può vedere il sole
    Non voglio più dormire in fondo al mare
    Chiedo solamente di volare
    Volare sopra le parole
    Sopra tutte le persone
    Sopra quella convinzione di avere la verità

    Ora posso amare, ora
    Ora posso correre e giocare
    Ora volo sopra le parole
    Sopra tutte le persone
    Sopra quella convinzione di avere la verità

    Mamma, che ne sanno del dolore
    Di quello che si può provare
    Per una disperata decisione
    E di quando avevi tu vent’anni
    Fatti di progetti e sogni in cui desideravi un figlio
    Che cambiava la tua vita
    E che stringevi forte al cuore
    E poi vedevi camminare
    E lentamente costruire la sua vita con dignità

    Ora posso amare, ora
    Ora posso correre e giocare
    Ora volo sopra le parole
    Sopra tutte le persone
    Sopra quella convinzione di avere la verità

    Mamma, papà, un giorno ci rincontreremo
    E ci stringeremo forte e faremo tante cose
    Quando sentirete un brivido che corre sulla vostra pelle
    È lì che io sarò presente
    La vostra bambina per sempre

    Ora posso amare, ora
    Ora posso correre e giocare
    Ora volo sopra le parole
    Sopra tutte le persone
    Sopra quella convinzione di avere la verità

    Ora posso amare, ora, ora.

    Io ho interpretato il testo in questo modo:
    -la lettera che (verosimilmente) potrebbe scrivere una ragazza come Eluana
    -il padre, la madre e anche lei “volano” sopra le parole del processo mediatico che divide l’italia
    -è la gente ad avere la convinzione di avere la verità
    -Povia la pensa in modo diverso, ma pensa che certe cose le si possono capire solo se si sa quel che si può provare in quelle situazioni

    Forse i testi di Povia sono “strumenti”, forse sono i pensieri di una persona (per esempio i miei :D ).

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