Piccola dichiarazione di stima di una scienziata mancata.
Pochi giorni fa, esattamente il 22 aprile, il premio Nobel Rita Levi Montalcini compiva 101 anni. E quel che mi viene spontaneo dire è: “Per una volta il vecchio detto dell’erba cattiva e della sua esistenza imperitura e nociva è stato smentito”. Per una volta, a restare per dare l’esempio – un giustissimo e corretto esempio – è chi realmente ha qualcosa da dire, qualcosa da dimostrare, qualche speranza da infondere a chi, molto più giovane e con tutta una vita davanti da dedicare ad una causa, appare già disilluso e senza voglia di combattere, e a vent’anni si ritrova a vegetare nei non-sogni e semplicemente a sopravvivere. In fondo, la stessa grande scienziata e senatrice non ha mai fatto mistero della sua simpatia e stima nei confronti dei giovani, di coloro che dovrebbero essere il futuro dell’umanità e, presa coscienza del proprio ruolo, attivarsi, qui e adesso, per dare ciascuno il suo contributo, aiutati e sorretti nel far questo da quelle doti di responsabilità, impegno, disciplina, studio e dedizione al proprio lavoro, al proprio personale progetto, che ella stessa ha incarnato e vissuto fino in fondo.
Dagli studi in medicina intrapresi a dispetto di un milieu socio-culturale che vedeva nella donna una moglie e una madre e niente più, alle prime ricerche negli anni difficili della guerra, tra Belgio e Italia, fino all’insegnamento negli Stati Uniti e al Nobel per la medicina nel 1986, senza tralasciare le numerose campagne sociali e l’attività politica come senatrice – tutte testimonianze di un attivismo cui ogni scienziato, e non solo, può e deve partecipare -, ogni tappa della vita di questa volitiva austera signora è una prova che a crederci veramente, in quel che si fa, alla fine si riesce, nonostante i venti contrari, confidando solamente nella giustezza e importanza, per sé e soprattutto per gli altri, del proprio compito, per quanto difficile, per quanto assurdo o impossibile possa sembrare portarlo a compimento con coerenza e decisione; ed è al contempo un invito a fare lo stesso, a far propri e ad abbracciare gli stessi valori, gli stessi ideali che sono i medesimi fatti propri e abbracciati dalla parte migliore dell’umanità, da uomini e donne senzienti, dotati di raziocinio e passione intellettuale e della forza di volontà necessaria per attuarli nella vita di tutti i giorni, perché un dono non messo a frutto e condiviso è un dono sprecato.
Ho letto con viva ammirazione e autentico piacere – un piacere che credevo di dover riservare a gente ormai persa nel tempo, lontana dai fiumi dell’attualità, di questa realtà caotica e incerta – la sua autobiografia, quel suo sincero e modesto “elogio dell’imperfezione”, quella sua personale e quella tutta del genere umano, a dispetto della quale (o forse grazie a cui) noi, esseri imperfetti e fragili, siamo spinti in avanti, sempre in avanti in cerca della conoscenza, del sapere, della perfezione che mai saremo in grado di raggiungere. Ed è con un sorriso sulle labbra, piena di quella gioia profonda che mi prende ad ogni incontro importante – tra le pagine e non – che ho chiuso questo libriccino, divenuto per me fondamentale, carico di coraggio, intelligenza, e umanità; soprattutto umanità. Perché la volitiva signora non dimentica mai quello che è – un essere umano imperfetto e fragile prima di tutto – e leggendo di quella ragazzina introversa e schiva, poi giovane donna tutta dedita ai suoi studi e alle sue ricerche dai quali niente e nessuno – neppure la guerra, neanche la tentazione di un marito, dei figli, di una famiglia – possono distoglierla, novella Minerva amica e protettrice degli uomini, leggendo della forza, dell’ottimismo, della fiducia accordata al prossimo, così come delle sue umanissime insicurezze, ti sembra quasi di rivederti, almeno un po’. E ti senti meno sola, e più forte. Più sicura.
Amo, ammiro con tutta l’anima quelle rare e preziose persone che sembrano quasi esser sbucate fuori da un altro tempo, da un altro luogo, da un altro mondo ben più limpido e luminoso di questo nostro nel quale viviamo, e al quale però sono prestati con umiltà e voglia di fare, di migliorare, di portare un po’ di quella luce tra le tenebre circostanti; esseri fuori dal tempo che sembrano vivere su un altro piano, un piano che non sempre coincide con la “norma”, in una dimensione che niente, o quasi, ha a che vedere col quotidiano e con le sue storture, e che di quel quotidiano, di quella “normalità”, se ne infischiano e agiscono e vivono come se ciò non esistesse, a modo loro e seguendo il proprio cammino, l’unico giusto nel caos circostante; residui di epoche precedenti – o nunzi di ere a venire – capaci di trascendere i miseri egoismi e le facili mete materiali in nome di vette ben più alte, e ambiziose.
Ecco, l’austera signora è proprio appartenente a questa eletta schiera, rappresentante degnissimo di ideali da perseguire che si chiamano conoscenza, e sete di sapere, e impegno, e umanità, e progresso, vero progresso umano e scientifico e intellettuale. Fiaccole eterne che illuminano le buie caverne che ci tengon prigionieri, che possiamo provare a brandire per liberarci, almeno un po’.
Perciò, cento e uno di questi giorni, altera e solenne Atena del nostro tempo.
Intensa dichiarazione di stima, molto bella. Dove hai letto la sua autobiografia?
Come la stragrande maggioranza dei libri che hanno formato la mia adolescenza e prima giovinezza, anche questo proviene dagli scaffali della piccola biblioteca del mio paesucolo :)
Comunque il titolo di questo saggio autobiografico è “Elogio dell’imperfezione”, l’anno di pubblicazione credo sia il 1987, casa editrice Garzanti. Non dovrebbe essere difficile reperirlo in quel di Palermo (o altrove) :)
Purtroppo ci sono altri esempi di gente della stessa pasta che ha avuto meno fortuna, forse perchè di un tempo diverso o forse perchè si può tendere alla perfezione solo in certi ambiti, influenzando degli illuminati, ma provare a riportare alla normalità la società è una follia che il più delle volte ti schiaccia.
Vi segnalo questo professore di Messina, Adolfo Parmaliana , che ha lottato contro la mafia nel suo paese in provincia di Messina. Il libro (“io che da morto vi parlo”) risulta poco scorrevole (pieno di riferimenti ad atti giudiziari) e lo consiglio soltanto a chi è già totalmente disilluso. Chi ancora crede di poter cambiare le cose se ne tenga alla larga, che ci serve così com’è.
http://it.wikipedia.org/wiki/Adolfo_Parmaliana
P.S.: Non volevo ridurre l’effetto della tua sveglia positiva, ma è stata una associazione di idee difficile da reprimere.
Quello che dici è tristemente vero, purtroppo…Anche io, nonostante le mie parole di autoincoraggiamento e la mia sveglia positiva, come l’hai definita tu, spesse volte mi lascio prendere dalla disillusione, e il massimo che posso fare è guardare al mondo con un sorrisetto di triste sarcasmo sulle labbra, completamente disillusa e arresa, ché tanto le cose sempre così andranno; e allora le accetto con fatalismo, metto da parte l’ingenuità ottimista e le belle speranze, e si va avanti nella cura del proprio orticello. Chiamiamolo realismo, o cinismo, o indifferenza, o solo amara stanchezza. Ma il fatto è che io non pretendo di cambiare la società o di portarla sulla retta via, e so bene che è un compito il più delle volte perso in partenza; non ambisco a tanto, e non voglio finir martire per questo. Però una cosa son disposta a farla, anche solo per stare a posto con me stessa e sentire di star facendo la cosa giusta, per me e forse un po’ per gli altri: usare i mezzi a mia disposizione, la parola, il libero pensiero, la critica, per diffondere le parole e il libero pensiero di chi, prima e molto meglio di me, c’ha provato, a raddrizzar le cose (così come hai fatto tu scrivendo del coraggioso professore, la cui vicenda sarà forse poco conosciuta); o, molto più semplicemente ed egoisticamente, alzar la mia voce stonata al di sopra del coro per far capire e dimostrare che quel che vedo e sento non mi piace, e se poi qualcuno segue l’esempio e fa lo stesso, tanto meglio. Preferisco vivere così piuttosto che adagiarmi nella disillusione e nell’indifferenza; ci può stare, è una risposta più che lecita, ma non la mia, non quella che mi fa stare bene.
Se poi si fallirà, com’è probabile debba avvenire, almeno ci si sarà provato :) Senza farsi troppe illusioni, e senza slanci troppo arditi, ognuno nel suo ambito e con le proprie convinzioni. Almeno questo è ciò che penso io :)
Grazie per la segnalazione, e scusa il ritardo :)