Avevo un sogno nel cassetto… ma si futteru u comodino! *

di Maria Cristina Vasile

Quando hai 13 anni, sei posto dinnanzi ad una scelta che, non dico ti cambierà la vita, ma te la condizionerà parecchio: devi scegliere un percorso di studi. Sì, perché fino a quando avrai 16 anni la scuola sarà obbligatoria, pagare le tasse sarà obbligatorio, comprare i libri sarà obbligatorio, farti un’ora di autobus sarà obbligatorio…
Ai miei tempi, dietro indicazione di mia madre, scelsi di frequentare un liceo linguistico. Non che mi sia pentita di quella scelta, sia ben chiaro, ma tuttora mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi scelto qualcos’altro o, addirittura, se non avessi scelto. Secondo mia madre, dieci anni fa, «se non hai un pezzo di carta in mano non puoi fare nulla!».
E dunque cinque anni di liceo, allucinanti e infernali, durante i quali ho maturato la convinzione che la cultura è importante, che il confronto è stimolante e il dibattito è indispensabile.
Finita la scuola avevo la mia bella pergamena nuova di zecca:  “Diploma di scuola media superiore”; avevo il mio pezzo di carta. Ma non sapevo che diamine farmene! Essendo però una simpatizzante della cultura, in senso lato, decisi di proseguire gli studi. Avevo già 18 anni ed essendo in grado di fare delle scelte un po’ più ponderate, decisi di iscrivermi all’Università degli studi di Palermo™. Feci i test per giornalismo, ma non passai per una manciata di centesimi, allora ripiegai sulla facoltà di Lettere. Il giorno in cui misi piede in quell’atrio abitato da cani, e da cani veri, capii che era lì che volevo stare: triennale in lingue.
Dal settembre 2005 ho calpestato quel viale alberato, quei gradini (che se potessero parlare ne avrebbero di cose da raccontare), quelle aule, mi sono appropriata di quelle panche, di quella biblioteca ed ho ingerito chissà quanti caffè-macchinetta, con un unico risultato: rafforzare l’idea che la cultura è importante, che il confronto è stimolante e il dibattito è indispensabile.
Da un po’ di mesi ho una laurea triennale, un altro pezzo di carta. Adesso, per essere coerente con il percorso intrapreso vorrei scegliere una Magistrale, tentare un dottorato di ricerca, vorrei diventare professore associato e chissà, forse con la lungimiranza della vecchiaia, professore ordinario. Bel sogno, vero?

E poi mi sento dire, da una che si chiama come mia madre:  “razionalizziamo”, “valorizziamo” e “rinnoviamo”. Che tradotto vuol dire:  “tagliamo”, “smembriamo” e “freghiamocene di precari e ricercatori”. Per cui, signora Mariastella, sappia che ciò che ho maturato in questi anni da studente non è nulla di nuovo, originale né rivoluzionario, perché c’erano già arrivate, parecchi anni fa, altre persone.
Art. 9 della Costituzione:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”.

Beh ma, per quel che ho sentito dire, pare che anche quello ormai non sia altro che un pezzo di carta.

*ma mi hanno derubato del comodino.

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