Omosessualità e Psicoanalisi. Sarà vero amore?

Non tutti gli animali si comportano come avrebbe voluto Noè, che li fece salire sulla sua arca in coppie “regolari”, formate da un maschio e da una femmina.  […] Comportamenti omosessuali o bisessuali sono stati osservati in ben 470 specie di animali: Storie brevi ma intense tra le femmine di macaco. Amore per tutta la vita tra i maschi di tursiope. Omosessualità tra i pinguini imperatore. Amore di gruppo tra i maschi di bighorn. Incesto omosessuale tra le volpi, e addirittura stupro tra gli elegantissimi albatri. In alcuni casi, come tra maschi di struzzo, sono stati osservati veri e propri rituali di corteggiamento, diversi da quelli impiegati con le femmine. […] Certi maschi di cigno nero fanno coppia fissa e covano insieme uova rubate a coppie “normali”, delle quali poi allevano i figli da genitori modello. (Testo di un servizio andato in onda su SuperQuark, di Giovanni Caradda e Paolo Lasi.)

Dall’alto della sua arca di psico-scienza, nel 1935 l’esimio Freud scriveva alla madre di un omosessuale: L’omosessualità, certamente, non è un pregio, ma non è qualcosa di cui ci si debba vergognare, non è un vizio, una degradazione e neppure può essere definita una malattia. […] Molte persone stimabilissime, in epoca antica e moderna, sono state omosessuali, tra queste molti tra gli uomini più grandi (Platone, Michelangelo, Leonardo da Vinci, etc…): è una grande ingiustizia perseguitare l’omosessualità come un reato, ed è anche una crudeltà.
Freud, dunque, non criminalizzava l’omosessualità, considerandola come l’esito di un arresto dello sviluppo psicosessuale, derivante dalla mancata risoluzione del complesso edipico, e dunque dal mancato desiderio erotico nei confronti della donna per antonomasia (la madre), attraverso l’identificazione virileggiante/peneggiante con il padre.
Tuttavia, la psicoanalisi ha nel tempo tradito l’apertura che il vecchio Freud aveva magnanimamente mostrato per assumere posizioni rigide (se non addirittura omofobe): il fine di una terapia era la “cura” dell’omosessualità, etichettata come una manifestazione regressiva patologica e da correggere.
E così anni di cazzi amari per i poveri gay&lesbiche in terapia. Finché nel 1973, l’Associazione Psichiatri Americani (APA) cancella l’omosessualità dai disturbi diagnosticati nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali); e nel 1989 Isay (primo psicoanalista dell’APA a dichiararsi gay) sostiene apertamente che l’omosessualità è una variante non patologica della sessualità umana.

E’ oggi risaputo che gli aspetti conflittuali e patologici che si palesano nell’esperienza analitica con pazienti omosessuali non derivano dalla condizione gay di per sé, bensì da problemi più generali che riguardano i processi di identificazione e quelli relativi alle dinamiche relazionali del soggetto in esame. E difatti, il vecchio saggio (sempre Freud) scriveva: anche l’interesse sessuale esclusivo dell’uomo per la donna è un problema che va chiarito e niente affatto una cosa ovvia da attribuire a un’attrazione chimica.

Ma al di là di questi bla, lo scarto tra teoria e praxis persisteva nel tempo, arenandosi sui classici antinomi “cura o non cura?”.
Nei fatti, sono molte le storie di pazienti omosessuali che la psicanalisi ha tentato di curare e “cambiare”; spesso un omosessuale resta impigliato nella rete dei ruoli sociali imposti dalla collettività, è costretto dalle famiglie e dall’ambiente sociale omo-fobico a trovare soluzioni alternative alla sua “insana” voglia di amare un omo-logo, non riesce ad approdare alla necessaria comprensione/accettazione del proprio orientamento e dei propri desideri …e si rivolge ad un terapeuta per stare meglio con se stesso e col mondo. Quello che spesso ha trovato nel non lontano passato sono state proposte o soluzioni nella direzione della costruzione di un falso sé, della negazione collusiva della proprio reale identità: uno sfacelo.
Clap clap. Ottimo lavoro dottor Freud.

Un noto psicanalista guarda perplesso un ragazzo gay che gli ha chiesto di iniziare l’analisi e gli dice: “Sa, l’omosessualità è un coperchio, nasconde sempre qualcosa”. Un giovane paziente, angosciato dalla comparsa di fantasie omosessuali, si sente dire: “Il problema è che lei ha paura delle donne”. Un adolescente racconta alla sua terapeuta di essersi innamorato di un compagno di classe e questa, con un sorriso rassicurante, gli risponde: “Stia tranquillo, succede a tutti durante l’adolescenza. Vedrà che presto si innamorerà di una bella ragazza!”. Ecco la risposta ricevuta da una signora lesbica alla fine di un colloquio di osservazione: “Mi dispiace, ma non posso prenderla in analisi perché non mi intendo di omosessualità” (come se l’omosessualità fosse una strana malattia esotica). E questa è una frase pronunciata da un noto collega nel corso di un seminario pubblico: “Tutti abbiamo una componente omosessuale, ma dobbiamo riuscire a sublimarla!” (P. Rigliano e M. Graglia, Gay e Lesbiche in psicoterapia).

E’ evidente che la storia del rapporto tra omosessualità e psicoanalisi è una storia non d’amore, ma ugualmente complessa e spinosa. Gli psicanalisti hanno impiegato decenni per capire che frasi e atteggiamenti come questi danneggiano l’equilibrio psichico delle persone gay/lesbiche che si vorrebbero/dovrebbero “curare“; ma forse molti oggi ce l’hanno fatta: l’omosessualità è stata progressivamente depatologizzata, decriminalizzata, denotata.
Il modello psicoanalitico sembra aver più chiaro che l’importante è stare bene, non importa come o con chi; che il dovere di ogni psicologo e psicoterapeuta è quello di aiutare i propri pazienti ad accettarsi e/o a comprendere le ragioni della difficoltà ad accettarsi. Di certo il dovere di un terapeuta non è quello di stravolgere il sé di un individuo sulla base di una convenzione sociale etero-centrica.
La società psicoanalitica, come tutte le società del mondo, è fatta di uomini fallibili, che non sono in grado di dire cos’è “normalità“, qual è la “norma” sociale cui adeguarsi, cosa è o non è patologia; uomini che non sono nessuno per arrogarsi il potere di distorcere quello spirito etico e scientifico di rispetto empatico che anima le professioni d’aiuto, trasformando il lettino di un analista in un laboratorio umano in cui stravolgere il self di un essere umano… solo perché prova un orientamento sessuale diverso da quello della maggioranza della popolazione!
Così, ad oggi le più importanti associazioni scientifiche e professionali internazionali come l’APA e l’OMS definiscono l’omosessualità una “variante naturale del comportamento umano”, raccomandando l’estinzione di qualsivoglia tentativo di modificare l’orientamento sessuale di un individuo e sottolineando che le terapie di “conversione” o “riparazione” dell’omosessualità sono basate su teorie prive di validità scientifica e non hanno il sostegno di ricerche empiriche attendibili. Inoltre, il Codice Deontologico ribadisce come lo psicologo debba lavorare esclusivamente per promuovere il benessere psicologico dei pazienti, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori sessuali e non.

Nonostante queste nuove consapevolezze, alcune frange estremiste ed ortodosse della psicoanalisi continuano a parlare di cura dell’omosessualità. Di recente a Bergamo e’ stato organizzato un convegno sulle cosiddette “Terapie Riparative”, ossia sui tentativi pseudo-scientifici dello psicologo Joseph Nicolosi di “curare” l’omosessualità, malgrado l’ormai dichiarata non scientificità e nocività di questi interventi.
Dio Nicolosi sostiene infatti che l’omosessualità è “un disturbo mentale che può essere curato”, che è “un fallimento dell’identificazione di genere” e che è “contraria alla vera identità dell’individuo”.
Chissà come mai, però, gli interventi ispirati a questo tipo di teorie hanno prodotto un aumento dei suicidi tra le persone che sono state “trattate”. E non solo questo! Incentivano il pregiudizio anti-omosessuale, screditano la professione e ne delegittimano l’impegno per l’affermazione di una visione scientifica dell’omosessualità; ancora, danneggiano la salute mentale del paziente, rinforzando i sentimenti negativi di colpa, disistima e vergogna che molti omosessuali provano e alimentandone l’omofobia interiorizzata.

L’essere umano, penso, merita di più, di qualunque natura sia l’organo genitale della persona che suscita il suo amore. Bisogna donare la giusta dignità all’omosessualità, in ogni ambito.
Non c’è malattia, non c’è etichetta, non c’è razzismo, non c’è dolore o male innato nell’amarsi tra piante, animali, uomini&donne, uomini&uomini, donne&donne. Siamo esseri già troppo imperfetti, almeno lasciamoci liberi di amare.

5 thoughts on “Omosessualità e Psicoanalisi. Sarà vero amore?

  1. Mi viene in mente un certo autore di canzonette perbeniste sanremesi che si è pure permesso di citare Freud, non avendolo mai letto…
    “c’era chi mi diceva “è naturale” ,io studiavo Freud non la pensava uguale”

    coltivare il pregiudizio è molto più facile e remunerativo che dare una visione critica

  2. Il caro Povia.
    Avevo iniziato a scrivere un articolo su di lui e sulla sua adorabile canzonetta da caffé annacquato, ma mi sono fermata in tempo, pensando che una cosa simile non merita la mia attenzione, né il mio tempo. Resta che purtroppo il testo di quella canzone sanremese apparentemente orecchiabile è totalmente ripieno di pregiudizi non solo da ignorante, ma anche da stupido. Eppure lui va a Sanremo. Bah.

    Per gradire –>
    Luca dice: prima di raccontare il mio cambiamento sessuale volevo chiarire che
    se credo in Dio non mi riconosco nel pensiero dell’uomo che su questo
    argomento è diviso,
    non sono andato da psicologi psichiatri preti o scienziati sono andato nel mio
    passato ho scavato e ho capito tante cose di me
    mia madre mi ha voluto troppo bene un bene diventato ossessione piena delle
    sue convinzioni ed io non respiravo per le sue attenzioni
    mio padre non prendeva decisioni ed io non ci riuscivo mai a parlare stava fuori
    tutto il giorno per lavoro io avevo l’impressione che non fosse troppo vero
    mamma infatti chiese la separazione avevo 12 anni non capivo bene mio padre
    disse è la giusta soluzione e dopo poco tempo cominciò a bere
    mamma mi parlava sempre male di papà mi diceva non sposarti mai per carità
    delle mie amiche era gelosa morbosa e la mia identità era sempre più confusa
    […]
    ma in quel momento cercavo risposte mi vergognavo e le
    cercavo di nascosto c’era chi mi diceva “è naturale”
    io studiavo Freud non la pensava uguale
    poi arrivò la maturità ma non sapevo che cos’era la felicità un uomo grande mi
    fece tremare il cuore ed è li che ho scoperto di essere omosessuale
    con lui nessuna inibizione il corteggiamento c’era e io credevo fosse amore sì
    con lui riuscivo ad essere me stesso poi sembrava una gara a chi faceva meglio
    il sesso
    e mi sentivo un colpevole prima o poi lo prendono ma se spariscono le prove poi
    lo assolvono cercavo negli uomini chi era mio padre andavo con gli uomini per
    non tradire mia madre
    […]
    Lica dice per 4 anni sono stato con un uomo tra amore e inganni spesso ci
    tradivamo io cercavo ancora la mia verità quell’amore grande per l’eternità
    poi ad una festa fra tanta gente ho conosciuto lei che non c’entrava niente lei mi
    ascoltava lei mi spogliava lei mi capiva ricordo solo che il giorno dopo mi
    mancava
    […]
    RITORNELLO:
    Luca era gay e adesso sta con lei Luca parla con il cuore in mano Luca dice
    aono un altro uomo.

    Praticamente e in breve, Povia ci dice che:
    -dall’omosessualità si può guarire, come fosse una febbre o un capriccio.
    -è tutta colpa delle madri stronze e asfissianti e dei padri assenti, eh.
    -l’amore tra uomini è fedifrago, incentrato solo sul sesso; quello uomo-donna è idilliaco e genera felicità.
    Senza contare che il testo esprime un’omofobia interiorizzata da far paura. Chissà come mai Povia lo ha scritto :P

    Scusate il commento fiume, ma questa canzone mi suscita rabbia, non capisco come si possa scrivere qualcosa di così aberrante e fuori strada.

    P.S.: per evitare che si ritenga che le mie opinioni siano di parte… sono etero.

  3. Ho trovato questo articolo molto interessante, scritto veramente bene e riassume in modo completo tutto lo sviluppo del concetto di omosessualità, arrivando fino ai giorni nostri. Il concetto di omosessualità è assolutamente attuale, e mi dispiace che oggi se ne parli molto spesso con una leggerezza pervasa da un velo di ignoranza; molti tutt’oggi pensano che sia una malattia, che debba essere curata (infatti esistono cliniche specializzate che puntano ad intervenire sulla modificazione comportamentale di tali soggetti), o viene spesso paragonata a forme di alterazione e perversione sessuale, definite dal dsm-IV come patologie, come ad esempio la pedofilia o la zoofilia…per cui invito tutti a documentarsi, per poter parlare in maniera coscienziosa, senza dare giudizi affettati…! Il DSM-IV (APA, 2001), inserisce nella stessa classe diagnostica le disfunzioni sessuali, le parafilie e i disturbi dell’identità di genere; questi ultimi sono, infatti, definiti da un’intensa e persistente identificazione dell’individuo con il sesso opposto, associata a persistente malessere relativo alla proprio status sessuale…da questa sola definizione scritta su questo manuale possiamo capire come l’omosessualità in realtà sia nettamente differente da forme di disfunzione e perversione sessuale!!!

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