di Francesca Vassallo
Il pudore è la condizione per una sana educazione, perchè determina lo “stile” di ogni convivenza basata sul rispetto.
Il pudore, che fa pensare ad un “ritrarsi”, è un concetto estraneo al modo di pensare attuale che, al contrario, fa coincidere l’emancipazione con l’ “espansione” e l’affermazione personale. Si preferisce semmai parlare più genericamente di “riservatezza”, che non esprime però tutta la ricchezza compresa nel sentimento del pudore.
Da decenni questo concetto è caduto in disuso perché è subentrata una diversa cultura del corpo, pensato non come qualcosa da custodire ma da esibire, e non solo nella sua immagine esteriore: oggi i sentimenti più intimi sono diventati materia pubblica, con l’idea che l’autenticità e la libertà è data dal non vergognarsi di niente.
Chi osserva, senza preconcetti il comportamento dei bambini, sa quanto invece esiste un senso naturale del pudore che chiede di essere riconosciuto e curato, perché da questo derivano conseguenze importanti sul piano di una dignità personale e del rispetto degli altri, oltre che su quello dell’ autonomia e della salute psicologica.
Il pudore riguarda bambini e adulti e deriva dal disagio di sentirsi scoperti, non protetti rispetto al sopraggiungere di reazioni emotive o bisogni corporei che non controlliamo. Quando si percepisce una dissonanza tra una certa immagine di sé e le proprie pulsioni interne, allora si è portati istintivamente a ritrarsi, a proteggersi dagli sguardi esterni, perché in questi momenti si ha bisogno di ricompattarsi nel corpo.
Rispettare e salvaguardare già nei bambini uno spazio per la ricomposizione di sé e della propria immagine, permette di avere il tempo di creare un ponte tra il brutto/cattivo/sporco che i bambini, in certi momenti, percepiscono in maniera pressante dentro di sé e il bello/buono/pulito a cui la loro immagine vorrebbe corrispondere, perché non restino sensazioni così distanti ed estreme ma possano gradualmente incontrarsi nella persona “reale”. C’è un desiderio di integrazione e di armonia in tutti che deve continuamente fare i conti con i limiti, le dissonanze, i contrasti che ognuno in maniera diversa percepisce in sé.
Dire a un bambino o a una bambina imbarazzata perché si è sporcata o perché si intimidisce o si emoziona per qualcosa, di non vergognarsi, serve poco, perché il sentimento della “vergogna” esiste, indipendentemente da ogni condizionamento morale, sopraggiunge comunque quando si avverte un disagio o sentiamo lo sguardo o il giudizio di un altro. Non siamo noi comunque a potere giudicare un sentimento così istintivo com’è la vergogna, basta semplicemente creare le condizioni, attraverso un’educazione al pudore, perché ognuno con i suoi tempi e la sua sensibilità possa imparare a gestirla e ad elaborarla, senza restarne condizionati.
La reazione più immediata e naturale di fronte alla vergogna, sarebbe la riservatezza, ma il mondo degli adulti che ha perso il senso del pudore, ha trovato altri modi per risolvere il problema della vergogna: si reagisce ai disagi interni sovrastandoli o negandoli, annullando quel distanziamento emotivo che permette di .. riprendersi quando qualcosa ci turba. Se non c’è attenzione per questo spazio vitale, si è portati ad evitare ogni piccola frustrazione attraverso dei forzati riempimenti. Quante volte, con i bambini si usa impropriamente e esageratamente la parola, facendo loro ragionamenti complicati, o si toglie loro il respiro con effusioni fisiche eccessive, solo perché non si riesce a tollerare o a gestire diversamente una situazione emotiva forte, senza dare ai bambini il tempo di sentirla, riconoscerla e riprendersi.
Se, spesso mettendo in circolo altra ansia, non ci fosse l’urgenza di colmare un disagio e di tollerarlo come un momento necessario per la crescita, troveremmo i modi per affrontare meglio la situazione senza ricorrere a rimedi confusi e inopportuni. In certi casi potrà essere più indicato allontanarsi, o distrarre il bambino con delicatezza, o semplicemente dire con garbo due parole sull’accaduto, senza troppe interpretazioni e giudizi. Questo permetterebbe al bambino di guardare e superare senza traumi quella piccola o grande frustrazione provata. E questo è possibile se comunque rispettiamo uno spazio dove le cose vengono metabolizzate per trovare vie di risanamento, che non vediamo immediatamente, ma sappiamo esserci se diamo tempo e fiducia.
Il pudore è il luogo dove le emozioni acquistano dignità e possono essere riconosciute e nominate e quindi elaborate e armonizzate.
Ogni bambino, fin dalla nascita ha diritto a crescere in un ambiente dove possa trovare spazi per ricompattarsi dalle disarmonie, sia interne che esterne che lo feriscono. Innanzitutto uno spazio fisico vitale, dove il corpo trovi respiro fuori da eccessivi avvolgimenti. Sentire il confine tra la propria pelle e quella della mamma o altre figure accudenti , permette di uscire da uno stato di fusione che danneggia l’identità di ognuno. Educare al pudore vuol dire rispettare l’alterità, il diverso da sé fin dalla sua nascita, vuol dire considerare i figli non una proprietà o un prolungamento di sé ma persone separate anche se dipendenti per i bisogni primari e non solo.
Dal riconoscimento del sentimento del pudore, condizione per esprimere la propria individualità e rispettare quella dell’altro, deriva uno stile educativo e una concezione degli spazi e dei comportamenti in casa, che tiene conto di questa esigenza.
L’educazione in fondo nasce dall’esigenza di salvaguardare l’ autonomia e l’intimità di ognuno, figli e genitori, perché le cose buone e belle possano trovare accesso e respiro. Ripartire dal senso del pudore significa cominciare a distinguere i momenti della giornata, i tempi e le esigenze di ognuno, pur nel caos e nella fretta dei ritmi quotidiani, predisponendo piccoli spazi che ognuno, bambini e adulti, possa vivere senza intrusioni; dal proprio lettino, all’angolo con i propri giochi, al piatto dove si mangia, e al diritto alla riservatezza quando si è in bagno, così via. Soltanto da un educazione al rispetto dell’intimità, la sfera sessuale che nel bambini è per molto tempo confusa con altri bisogni o emozioni, man mano che si delinea e si localizza potrà essere vissuta nel rispetto del proprio corpo e del proprio desiderio e nel rispetto del corpo dell’altro.
Chiediamoci se tanti disagi dell’età evolutiva, dall’accitazione motoria che tutto vorrebbe divorare, alla chiusura estrema, non derivino da una cultura dove è venuta a mancare la riservatezza e il rispetto dei corpi.
Credo anche io che per alcuni versi il pudore sia innato negli animali umani, ma lo distinguerei dal sentimenti di vergogna che è troppo razionale per essere espresso da menti poco razionali come quelle dei bambini.
Inoltre mi chiedo fino a che punto questo pudore sia veramente innato. Quando penso al pudore per prima cosa penso sempre alla nudità e in questo caso ci sono bambini che si “vergognano” delle loro nudità e altri no. Chi è naturalmente “deviato”, chi non si vergogna?
L’altro giorno ho assistito ad una scena che serve proprio ad esempio a questo mio commento: due bimbe di 7 anni stavano giocando in costume vicino a me, entrambe con il costume a due pezzi cosa che quando ero piccolo io non era pensabile neanche per le bambine, e una fa notare all’altra che aveva il capezzolo di fuori che si doveva coprire. La bambina si è coperta ma senza dare troppa importanza alla cosa nonostante io fossi accanto a loro.
I comportamenti degli adulti condizionano fortemente in neonati, si dice addirittura che l’influenza sia prenatale, quindi perché non considerare anche questo aspetto come qualcosa di costruito dall’esterno anziché definirlo come qualcosa di naturale?
Che bellissimo articolo. All’inizio pensavo che l’argomento non mi avrebbe toccato. Alla fine l’ho sentito mio. Probabilmente approvo che sia meglio dare gli spazi adatti alle cose, alle emozioni, alle riservatezze, alle timidezze. E sembra una chiave risolutiva originale, quella del pudore, forse una delle tante che nessuno ci ha mai spiegato. Col rispetto da parte dei grandi, i bimbi potrebbero sentirsi meno idioti di come invece passano ogni volta, e penso che crescerebbero più fiduciosi e capaci delle proprie potenzialità, tenendo sotto controllo le intime difficoltà del corpo.
Penso che in effetti il sentimento del pudore sia inveterato, intrinseco e iscritto nel DNA.
Penso sia una conseguenza della paura relativa alla vulverabilitè in cui si trova un corpo in certe situazioni. Per esempio nell’espletamento dei suoi bisogni corporali o nel momento in cui si alimenta, o durante un congiungemento sessuale.
Istintivamente ci cerchiamo un luogo appartato, o almeno sicuro, per sentirci protetti.
Per ciò che riguarda la sessualità si aggiunge anche la vergogna, che è un sentimento più elaborato, aggiunto e che dipende dal biasimo sociale, dalla paura del giudizio altrui, dal bisogno istintivo di difesa del proporio essere psicofisico.
Ecco perchè , il bambino o la bambina gia all’eta di 5-6 anni vuole fare il bagno da sola e non accetta piu’ la presenza del padre, o la donna che si spoglia davanti a una persona non intima, lo fa con riluttanza o si mantiene comunque parzialmente coperta, cosi come istintivamente il ladro occasionale arrestato si copre il viso, e vorrebbe rendersi invisibile alla folla.
Così anche come un maschio tende a nascondere spontaneamente i suoi organi genitali se in presenza di altri maschi, ma anche di femmine se non si è già in una situazione di preamplesso.
I malati non amano essere scoperti di fronte a frotte di estranei in camice bianco, anche se sono li per il suo interesse.
Quindi concluderei dicenso che sono in accordo con l’articolo per motivi ancora piu radicali, che vanno oltre la sessualità, e affondano nel nostro essere animali sociali.