Medioevaset

Quando ero piccola, a casa mia ogni domenica mattina ci si svegliava presto, perchè, a prescindere dalle condizioni meteorologiche, si usciva, famiglia al completo, borsa con panini e acqua fresca, asciugamano o plaid, secchiello e paletta, oppure giacca a vento. L’autoradio accesa, e quando non prendeva, ci si infilavano dentro le cassette. Battiato, Battisti, Dalla, De Gregori, De Andrè, eccetera. Andavamo al mare, oppure in montagna. Andavamo in un posto che fosse bello, a divertirci, o a rilassarci. E’ stato durante quelle domeniche, passate con la mia assolutamente imperfetta famiglia, che ho appreso il concetto di bellezza. Bellezza naturale, paesaggio, armonia degli elementi. Ho imparato le parole delle canzoni di De Andrè, e ammirato tratti di costa disegnati da un artista che allora credevo divino, montagne accarezzate da millenni di vento, strade immerse nel verde. Ho appreso il valore del silenzio, e quello di una risata collettiva, la spensieratezza e la stanchezza che sa di felicità, al ritorno.
E’ quello che dovrebbero fare gli adulti. Insegnare ai figli delle cose, anche soltanto lasciando scorrere belle immagini sui finestrini dell’auto di famiglia.

Su Repubblica leggo che il sindaco di un certo paesino ha dovuto recintare alcune strade, per evitare l’eccessivo afflusso di turisti nei luoghi nei quali si è consumata la tragedia di cui saprete già tutto. Pare che vada di moda dedicare la gita della domenica alla visita di quei posti. Pare ci sia folla davanti alla villetta, e che alcuni si perdano nelle campagne, cercando il luogo preciso nel quale.
Mi dicono che anche questa volta Vespa ha ritenuto opportuno far costruire un plastico della villetta degli orrori.
Su facebook un mio contatto ha cliccato su un link truffa che avrebbe dovuto condurlo a certe foto necrofile.
Al mercato ho sentito delle signore commentare stizzite il fatto di cronaca, augurando atroci sofferenze ai presunti assassini. Ho sentito il venditore di prezzemolo intrufolarsi nella discussione e dare delle sue precise interpretazioni montalbaniane della vicenda, riportando alcuni dettagli macabri, ma utili alla risoluzione del giallo.
Quando il parente numero uno della vittima è stato arrestato, una folla anonima, casualmente riunitasi all’ingresso dell’abitazione della famiglia più famosa d’Italia, ha invocato la pena di morte, la tortura, la punizione divina.
Dal parrucchiere, donne dentro caschi anni Settanta parlano dell’espressione apatica della madre della vittima, una donna che non ha osato versare una lacrima, eccetera.

Mi viene in mente una folla riunita attorno ad un palco, al centro di una piazza. La folla rumoreggia, nell’aria odori di cibo provengono dagli angoli della piazza, dove venditori ambulanti concludono affari. Bambini, donne, uomini, vecchi, di varie estrazioni sociali, e culture, stanno lì, ad aspettare lo spettacolo. E ad un certo punto, lo spettacolo inizia. Il silenzio cala nel momento in cui i protagonisti dello spettacolo salgono sul palco, e si mettono nelle loro posizioni.
Da un lato il boia, dall’altro l’assassino, piegato, con la testa infilata dentro una ghigliottina, oppure in piedi col collo cinto da una corda. Ad un certo punto l’assassino guarda il boia, e gli fa un cenno, come se gli dicesse “ok, puoi andare, sono pronto”. E il boia lo uccide, con un gesto secco e facile, portando a termine il suo compito, assicurando, ancora una volta, che giustizia è fatta.
La folla esulta, e nell’attesa della prossima esecuzione, rosicchia bocconi di carne, patate, pane eccetera, come fosse una festa di paese, come fosse la fiera del cinghiale.
La folla esulta e aspetta il prossimo cappio, la prossima ghigliottina, il prossimo rogo di streghe.

Mi chiedo se questi adulti si rendano conto di cosa stanno insegnando ai loro figli, quando la domenica pomeriggio li portano a prendere un gelato e a dare un’occhiata alla villetta dei mostri. Quando alzano i loro forconi e le loro fiaccole accese inneggiando alla morte dell’orco di turno. Quando, dopo aver letto un articolo di cronaca, e guardato mille servizi giornalistici, e tre dibattiti tra opinion leaders, e otto profili psicologici, dieci smentite, e un book fotografico di luoghi, personaggi, amici, e animali domestici, cercano le foto di un cadavere. Se solo potessero, comprerebbero il video dell’omicidio.
Mi chiedo che cosa potremo opporre allo squallore del male, quando avremo dimenticato il valore della bellezza, quando ai nostri figli regaleremo case di bambola con bambole morte dentro.  Mi chiedo cosa debbano capire del mondo questi bambini che leccano un gelato su un vialetto grigio con genitori ai quali non basta più il Grande Fratello, adesso vogliono il Grande Omicidio.

3 thoughts on “Medioevaset

  1. Giorgio Gaber – Non insegnate ai bambini
    “Non insegnate ai bambini
    non insegnate la vostra morale
    è così stanca e malata
    potrebbe far male
    forse una grave imprudenza
    è lasciarli in balia di una falsa coscienza. ”

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