Mi pare che nessuno stia dando la giusta attenzione a quello che sta succedendo in Corea. Da noi stanno succedendo cose importanti, come le varie manifestazioni studentesche contro il decreto Gelmini, con gli studenti che occupano i tetti di luoghi simbolici delle città e le stazioni; da noi ci sono misteri di cronaca nera da raccontare giorno dopo giorno, tra una sentenza e un’intervista, sono sempre ancora in tv, dalla Meredit alla Scazzi. Nel frattempo, uno Stato estero tira una bomba su un altro Stato e uccide quattro persone: lo dicono velocemente e poi si ritorna allo sport o al gossip.
Perché la Corea del Nord tira bombe alla Corea del Sud? Perché la Corea è divisa? E a noi che ce ne frega? Magari è una bomba passeggera, che il comandante Giuliacci non aveva previsto. E’ caduta come un fulmine, ha fatto i suoi morti e, come un fulmine, non ricadrà più nello stesso punto?
Io credo che dovremmo stare molto attenti ad ogni sintomo di guerra, perché nel 2010, in un mondo interamente globalizzato, una guerra non può essere locale. Oggi ogni guerra è una guerra mondiale, in cui le forze di ogni Paese partecipante alle Nazioni Unite, o ad altre organizzazioni internazionali, deve partecipare.
Inoltre dovremmo anche rifiutare per principio l’ipotesi di qualsiasi guerra, grande o piccola che sia, locale o globale. La guerra dovrebbe essere una cosa anacronistica, di cui dobbiamo tenere però ogni giorno memoria, per non dimenticare gli effetti che in ogni caso ha prodotto.
Non esistono guerre senza morti e non è detto che vinca chi ha subito meno perdite.
Il “conflitto coreano” odierno non è una cosa da sottovalutare: subito l‘esercito militare americano è corso in aiuto della Corea del Sud e il ministro della difesa sudcoreano si è dimesso. Perché? Perché tecnicamente le due Coree non hanno mai fatto pace e l’ostilità tra le due parti genera tensioni da sessant’anni; infatti il termine “conflitto coreano” fu il modo degli USA per alleggerire l’impressione dell’opinione pubblica sulla guerriglia, quando la parola “guerra” rimandava all’esperienza della Guerra Mondiale terminata nel 1945 proprio a pochi chilometri dalla Corea.
Una particolarità di questo conflitto sta proprio nella denominazione: infatti mentre negli USA era il “conflitto coreano”, in Corea del Nord “Guerra patriottica di liberazione”, al Sud semplicemente “Guerra 6·25“, in base alla data d’inizio del conflitto, e infine i cinesi la ricordano come la “Guerra di resistenza all’America e in aiuto della Corea”.
La Corea ancora oggi può essere definita una nazione con due Stati, proprio come lo era la Germania divisa dal muro di Berlino, solo che qui a dividere il territorio non è un muro fisicamente costruito, ma un virtuale parallelo terrestre, il 38°. Al 38° parallelo si divide la Corea in Nord e Sud, in filo-cinese-comunista e filostatunitense, la prima troppo vicina alla Russia e alla Cina, la seconda al Giappone. Al Nord oggi si producono prodotti che si rompono facilmente, al Sud invece ha sede Samsung.
E dire che, dopo la seconda Guerra Mondiale, la Corea doveva essere uno Stato neutrale…
Martedì 23 novembre arriva questo attacco che colpisce e uccide, e subito negli USA cercano di annacquare il tutto, giustificando l’attacco con il fatto che la Corea del Nord ha problemi all’interno del partito dittatoriale, e che di conseguenza si cercano scuse per una rivolta interna. Di contro, la Corea del Nord dà una spiegazione nettamente differente: sono stati provocati dai militari sudcoreani, che nel frattempo si esercitano con i militari americani. Il fatto che, dopo due giorni, il ministro della difesa sudcoreana si sia dimesso, mi dà molto da pensare e, visto lo strapotere della Cina in questo momento, si potrebbe sospettare che gli americani vogliano accertarsi che in caso di guerra ci sia uno Stato strategicamente forte, che li appoggi (lanciare una bomba atomica al Sud della Corea significa fare autogol visto che la Corea è un'”appendice” della Cina). Altra suggestione lecita sarebbe che il Nord voglia occupare (come sempre ha sperato di fare) il Sud, a causa della posizione geografica, che agevolerebbe molto il commercio cino-coreano.
Quindi ci interessa o no che non scoppi questa guerra?
P.S.: Pyongyang è la capitale della Corea del Nord e non del suo capo, che si chiama Kim Jong-il, tanto per fare chiarezza quando leggiamo “Attacco di Pyongyang”.
La corea del sud non è vicina al Giappone, per nulla.
Forse commercialmente, ma non socialmente. E’ semplicemente molto più “occidentale” rispetto all’altra corea
Infatti le alleanze non si fanno sulla vicinanza sociale ma su quella geografica-commerciale
Pyongyang si scusa per le vittime civili e minaccia ritorsioni in caso di ‘provocazioni’
http://www.repubblica.it/esteri/2010/11/27/news/scontro_coree-9564012/