I calendari, si sa, sono feticci molto diffusi, ma sono anni che ce li propinano di tutti i gusti. Oltre a quelli dei commercianti, macellai, pollivendoli, panifici, negozi di abbigliamento, ci sono quelli dei modelli, quelli dei paesaggi, quelli sugli animali, quelli dei calciatori, quello di Sara Scazzi…
A reggere la sfida, che vede sempre vincere il calendario di Frate Indovino, c’è una novità che fa capolino in quest’anno. Il calendario dedicato alla Concia al Vegetale. Direte voi, e che è? Checcefrega?
Oliviero Toscani ne è l’autore e, come ogni campagna pubblicitaria da lui prodotta, sa benissimo come provocare e attirare le attenzioni adeguate. L’idea? Affiancare la promozione della lavorazione al vegetale delle pelli, che avviene in Toscana secondo una tradizione ultracentenaria, a dodici foto con rispettivi trafiletti contenenti i giorni di ogni mese. L’organo femminile è il protagonista, nella sua interezza geometrica e soprattutto nella sua capacità di essere diversamente variopinto, a seconda dei gusti di ogni donna, a seconda delle caratteristiche fisiche.
Ogni donna sarà stata libera di mettere davanti l’obbiettivo il suo nudo, e crudo, bacino. Non mettiamoci a fare i moralisti su quanto possa essere volgare o meno o, peggio, affrontare queste 12 foto dal point of view di una femminista combattente. C’è un’ironia di fondo e penso sia facile da capire: conciare le pelli-acconciare la propria f***.
Castano, nero, biondo-arancio, pelo folto, pelo raso, afro, vintage, nature, riccio.
Geniale.
Ma qualcosa sfugge.
Il Consorzio Vera Pelle Italiana è l’oggetto della pubblicità. Assieme alla concia, certo.
Pelle e concia. Mm.
La mia coscienza critica si sta rivoltando.
Si sta pubblicizzando l’industria che produce i capi di vestiario attraverso pelli animali. Operazione fatta con leggerezza, mostrando fighe senza nome, per fuorviare il pubblico disattento.
Bene, tutti abbiamo un dizionario, leggiamo:
concia: sf l’azione del conciare le pelli (…) conciare: tr acconciare|di pelli, ridurle, con mezzi adatti, solide, e pieghevoli (…). Leggiamo su Pelle al Vegetale:
“E’ la certezza di materiali rispettosi della nostra salute, frutto dell’incontro di artigianalità e nuova tecnologia, di tradizioni e nuove sperimentazioni, secondo il principio del miglioramento continuo.
Il ciclo produttivo viene curato in ogni dettaglio, per ridurre al minimo l’impatto ambientale:
* Per la concia al vegetale viene utilizzata prevalentemente la pelle dei bovini destinati all’industria alimentare. Nessun animale viene abbattuto direttamente per la concia delle sue pelli che, anzi, se non utilizzate nel processo conciario andrebbero a creare gravi problemi di smaltimento;
* Essendo conciato con tannini naturali, una volta esaurito il suo ciclo di vita, un manufatto in pelle al vegetale può essere smaltito con facilità, proprio grazie alle sue caratteristiche chimico-biologiche;
* Gli ingenti investimenti delle concerie negli impianti di depurazione e di smaltimento rifiuti assicurano il pieno rispetto dell’ambiente;
* La maggior parte delle sostanze utilizzate durante la lavorazione delle pelli viene recuperata, lavorata e riutilizzata in altri settori. Il sale, utilizzato per conservare le pelli grezze che arrivano in conceria, viene recuperato ed utilizzato come antigelo sulle strade; il pelo tolto dalle pelli grezze viene trasformato in fertilizzante per l’agricoltura mentre i fanghi, provenienti dai depuratori, vengono utilizzati nel settore dell’edilizia per la costruzione di laterizi;
* La pelle conciata al vegetale, identificabile dal suo marchio, garantisce l’assenza di sostanze tossiche, come coloranti azoici, nichel o pentaclorofenolo e cromo VI, nocive non solo per l’essere umano ma anche per l’ambiente.
Praticamente “salvano” l’animale dallo smaltimento pericoloso. Sembra una battuta.
Sicuramente, la “concia” della donna avviene in maniera meno dolorosa e non sono state riscontrate vittime. La soluzione c’è, e costa anche meno. Comprare capi e oggetti in ecopelle, fintapelle, cose simili e lasciare a ricchi e insensibili compratori il lusso di indossare ANIMALI, che dicono di amare, ma che mai si sognerebbero di trucidare per poggiarli sulle spalle.
Nota 1: manca l’esemplare di vulva depilata.
Nota 2: Rolling Stone, che ha allegato gratuitamente il suddetto calendario, è a favore?
Nota 3: avete oggetti, capi, di origine animale?
w l’ecopelle… purtroppo è difficile trovare capi in ecopelle, a volte la “vera pelle” è ecopelle falsata. La gente preferisce un capo in “vera pelle”. C’è però pelle e pelle… i capi in pelle di mucca indiana sono tra i meno etici. In India le vacche sono sacre per motivi storico-economici. Non possono essere uccise, ma solo adoperate per lavori agricoli. I poveri contadini indiani, possessori di vacche magre e muscolose (non adatte alla carne perciò), sono spesso costretti a vendere il proprio bestiame con la promessa (mai rispettata) che il compratore lo tenga in vita. In realtà il bestiame viene torturato lungo un viaggio in pessime condizioni verso il confine dello stato indiano dove verrà legalmente macellato per prenderne la pelle.
E’ vero anche che gli scarti di macellazione sono molto inquinanti… ma se non mangiassimo neanche carne il problema non si porrebbe.