Il XXI secolo si apre con una crisi economica mondiale e la rivoluzione dei social network; l’uno è un problema, l’altro la soluzione. In che modo? Una delle possibili soluzioni è quella del crowdsourcing, la cui filosofia si disperde nel disperato tentativo di risparmiare.
In che senso risparmiare? magari il lettore, già incuriosito, si aspettava che finissi la frase con un “guadagnare” ma, se andiamo alle origini del crowdsourcing, possiamo capire tutto: il crowdsourcing è la creazione di codice di programmazione (source) da parte della folla o gente comune (crowd); tale concezione ha portato lo sviluppo del software open source e, sostituendo “codice di programmazione” con “informazione”, allo sviluppo di wikipedia.
Gli uomini del business, che non se ne lasciano sfuggire una, hanno rielaborato il termine, facendolo diventare una strana crasi di crowd e outsourcing, termine che viene utilizzato per definire la ricerca di personale esterno all’azienda, una risorsa (source) esterna (out) per l’appunto.
Il lettore attento e curioso di prima comincia a capirci un po’ di più: l’uomo del business nella sua strategia di make or buy ha deciso che acquisterà ciò che non gli è essenziale produrre in azienda da terzi, non dalle agenzie ma da gente comune, dalla folla.
Ovviamente questo permette all’imprenditore di risparmiare perché, mentre la folla si scanna in un’accesissima competizione, lui e può scegliere a suo piacere quanto spendere e per cosa.
In tempi di crisi, il lavoratore freelance si butta tra la folla e comincia a scannarsi con altri professionisti o con smanettoni fortunati, ma se riesce a farsi valere, riesce a portare qualche euro sul suo conto paypal. Se non riesce, potrà riciclare il lavoro in un altro momento o potrà utilizzarlo come portfolio per far vedere cosa sa fare.
Il crowdsourcing avviene su piattaforme online con voti, commenti e collegamenti alle aziende a cui si è venduto, cosa che permette di creare un minimo di social networking, ma soprattutto un po’ di personal branding!
Cosa è questo personal branding? è l’applicazione dei concetti marketing alla persona, per cui nome e cognome diventano come un brand, una marca, di cui bisogna curare l’aspetto.
Fare personal branding oggi è importante sia che si voglia lavorare in modo autonomo, sia che si voglia lavorare come dipendente: infatti, anche quando cercano uno schiavo da maltrattare, le aziende ti fanno un colloquio come se cercassero un manager, in alcuni casi mostrare ambizioni fa bene, in altre no (se cercano uno schiavo difficilmente lo cercano ambizioso, al massimo masochista).
Chiunque voglia vendersi nel mercato del lavoro, quindi, deve chiedersi che tipo di prodotto è, quale tipo di bisogno del suo acquirente è in grado di soddisfare, se non meglio di chiunque altro, in modo più che soddisfacente.
Una volta capito chi (o che cosa) si è, si può lavorare sulla propria immagine, mostrando di seguire i siti del settore, instaurare rapporti virtuali con i personaggi più influenti o con le community più preparate, ma soprattutto estrinsecare il proprio valore e fare in modo che questi rapporti virtuali restituiscano un feed che ti assicuri una reputazione importante.
Un esempio? Siete fotografi? studiate bene le vostre fotografie, scartate le migliori e mettetele su flickr, il social network della fotografia digitale, pubblicatele nei gruppi tematici e commentate con sincerità le foto che più vi piacciono, in modo da attirare l’attenzione di quel fotografo particolarmente esperto che potrebbe commentare e dare consigli sulle vostre foto, richiedervi l’amicizia e far aumentare la vostra reputazione agli occhi del resto della comunità su flickr. Raggiunto una buona posizione su flickr si potrà cominciare proporsi anche riviste online per esempio, invitando i redattori a guardare come campionario il portfolio su flickr, dove potranno vedere con chi siete in contattato e quali foto avete già pubblicato su siti terzi e quali sono.
Il mercato contemporaneo è fatto di conversazioni e il web è da sempre una grande piazza dove tutti possono partecipare e proporsi, ma solo chi si distingue non si estingue!
Avevo capito che era di Michele solo leggendo il titolo.
Beh, la storia di essere costretto all’esibizionismo e magari a collezionare amicizie altisonanti anche se false mi infastidisce molto…decisamente triste lo scannarsi con la folla
In fondo il web evidenzia le dinamiche sociali e antropologiche della realtà offline. Anche nella vita reale c’è chi fa l’esibizionista e lecca il culo a personaggi altisonanti spacciandoli per loro amici.
ps: parla poco che sei tu ad avere una segnalazione sul profilo Linkedin, non io ;-P