Punto e a capo

Delle volte è necessario mettere un punto, fermarsi a rileggere e capire come continuare. Quando le fondamenta su cui si è costruita un’esistenza iniziano a tremare, facendoci avvertire la sensazione di galleggiare sul nulla, allora, è tempo di controllare cosa sia rimasto sotto i nostri piedi. Ideali, fantasie, sogni, amore, amicizia, pace, famiglia. Tutti messi a sostegno della nostra vita. Certezze, bisogno di sapere che ci sono alcune cose che non cambieranno mai, che rimarranno al centro di quello che siamo. Poi, la realtà mette tutto alla prova, si capisce che qualcosa di tutto quello che si pensava ci avrebbe dovuto sostenere è da modificare, e così cambi qui, cambi là, fino al punto in cui l’equilibrio è rotto, e giù, crolla tutto. Tradimenti, delusioni, vite sospese, pressioni esterne. Arriva il momento in cui bisogna fare i conti con le cose più materiali e vili: soldi, carriera, sopravvivenza, posizione sociale, rate della macchina, mutuo da pagare, le bollette ed ancora tanto altro, la lista potrebbe andare avanti ancora a lungo. Le nostre certezze crollano sotto il peso di una montagna di fumo nero, pesante e che acceca. I sogni sono intrappolati da dolorosi giudizi. La libertà, il più elevato degli ideali, messo alla berlina dell’ arroganza di chi, avendo imparato a muoversi nella melma, pensa di poter imporre la sua volontà su quella degli altri.

La pace, la giustizia, l’amore, la solidarietà, perdono il loro senso, si sciolgono in lacrime disperate, nascoste davanti agli altri. Ci sembra di camminare sul niente. Pensiamo di aver cercato la felicità in qualcosa che non esiste. Dove sono tutte quelle speranze? Schiacciate da un treno in corsa con su scritto il numero dei nostri anni?  Ci si può davvero lasciare travolgere? No, perchè un giorno leggeremo un libro che ci farà emozionare, parteciperemo ad una manifestazione che ci farà sentire pulsare ancora, sotto il petto, quegli ideali che pensavamo morti, perché  un amico vorrà dividere un panino con noi o il passo di qualcuno potrà svegliarci da quel torpore in cui siamo caduti.

La coscienza che continuamente siamo e saremo sottoposti a pressioni esterne, che sono dovute al fatto di appartenere ad una società che si è data delle direttive, delle regole, per ordinare l’inordinabile, che ci rende schiavi dell’idea che qualcosa di innaturale sia naturale, la consapevolezza di ciò dovrebbe, in parte, renderci più coraggiosi e forti, anche solo per il fatto che, se non ce ne possiamo liberare, almeno, la natura del nostro dolore possiamo guardarla dritto negli occhi, provando delle volte a ridimensionarla pensando a quanto ridicola sia.

Per volerla dire alla maniera degli Afterhours, è vigliacco rimanere attaccati e sperare che ci sia quello che non c’è?

Delle volte è necessario mettere un punto, fermarsi a rileggere e capire come continuare. Quando le fondamenta su cui si è costruita un’esistenza, iniziano a tremare, facendoci avvertire la sensazione di galleggiare sul nulla, allora, è tempo di controllare cosa sia rimasto sotto i nostri piedi. Ideali, fantasie, sogni, amore, amicizia, pace, famiglia. Tutti messi a sostegno della nostra vita. Certezze, bisogno di sapere che ci sono alcune cose che non cambieranno mai, che rimarranno al centro di quello che siamo. Poi, la realtà mette tutto alla prova, si capisce che qualcosa di tutto quello che si pensava ci avrebbe dovuto sostenere, è da modificare, e così cambi qui, cambi là, fino al punto in cui l’equilibrio è rotto, e giù, crolla tutto. Tradimenti, delusioni, vite sospese, pressioni esterne. Arriva il momento in cui bisogna fare i conti con le cose più materiali e vili: soldi, carriera, sopravvivenza, posizione sociale, rate della macchina, mutuo da pagare, le bollette ed ancora tento alto, la lista potrebbe andare avanti ancora lungo. Le nostre certezze crollano sotto il peso di una montagna di fumo nero, pesante e che acceca. I sogni sono intrappolati da dolorosi giudizi. La libertà, il più elevato degli ideali, messo alla berlina dell’ arroganza di chi, avendo imparato a muoversi nella melma, pensa di poter imporre la sua volontà su quella degli altri.

La pace, la giustizia, l’amore, la solidarietà, perdono il loro senso, si perdono in lacrime disperate, nascoste davanti agli altri. Ci sembra di camminare sul niente. Pensiamo di aver cercato la felicità in qualcosa che non esiste. Dove sono tutte quelle speranze? Schiacciate da un treno in corsa con su scritto il numero dei nostri anni? . Ci si può davvero lasciare travolgere? .No, perchè un giorno leggeremo un libro che ci farà emozionare, parteciperemo ad una manifestazione che ci farà sentire pulsare ancora, sotto il petto, quegli ideali che pensavamo morti, perché ci un amico vorrà dividere un panino con noi o il passo di qualcuno potrà svegliarci da quel torpore in cui siamo caduti.

La coscienza che continuamente, siamo e saremo sottoposti a pressioni esterne, che sono dovute al fatto di appartenere ad una società, che si è data delle direttive, delle regole, per ordinare l’inordinabile, che ci rende schiavi dell’idea che qualcosa di innaturale sia naturale, la consapevolezza di ciò dovrebbe, in parte, renderci più coraggiosi e forti, anche solo per il fatto, che se non ce ne possiamo liberare, almeno, la natura del nostro dolore possiamo guardarla dritto negli occhi, provando delle volte a ridimensionarla pensando a quanto ridicola sia.

Per volerla dire alla maniera degli Afterhours, è vigliacco rimanere attaccati e sperare che ci sia quello che non c’è?

3 thoughts on “Punto e a capo

  1. Questi sentimenti descrivono la nostra età, ma non la nostra generazione: i ventenni di ogni generazione hanno sentito questo disagio, questo confronto con la melma nell’età in cui tipicamente si entra ufficialmente nella società tipicamente detta uscendo da quella piccola società protettiva che è la famiglia.
    A Palermo forse, 40 anni fa questi sentimenti avvenivano ad un’età ancora inferiore, quando si facevano figli a 18 ma si lavora a già a 10.
    Dalla fine degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’90 la melma faceva paura e il metodo per affrontarla si chiamava Eroina, l’unica cosa che ti avvolge con un mantello e ti da il coraggio di uscire dalla mediocrità.
    Ormai l’eroina non è più una piaga sociale ed è limitata a pochi, oggi l’affrontiamo in un modo non meno meschino, quello dell’indifferenza. Cerchiamo di occupare il nostro tempo in attività che ci tengano lontano dal solo pensiero dell’esistenza della melma tanto da rimanere dentro le università di giorno e da uno spacciatore di alcol a poco prezzo fino a tarda notte anche se non c’è realmente nulla da fare e niente da dire. Per dirla alla Jack Folla: “ci siamo dentro sorella, e lo siamo tutti fino al collo”. A meno che non facciamo come altri nostri coetanei che nella melma ci si tuffano sorridenti tra coca e bocce di cristal alla cuba, con il sorriso sempre smagliante, il maglioncino in ordine e sempre il pieno nella macchina: allearsi col nemico per non soccombere.
    Dovremmo passare i nostri giorni a chiederci cosa possiamo fare noi per non farci penetrare dalla melma in cui un giorno vorranno farci annegare e cosa possiamo fare noi per far sì che i nostri figli o i nostri nipoti non conoscano questo tipo di società.

  2. non nasconderti dietro le pressioni esterne e la mala societa’! il futuro siete voi giovani,siete voi che dovete cambiare le cose e non lasciarvi trascinare dalla melma.
    Scrivi bene e’ vero quello che dici, alcuni di voi giovani avete una bella mente e dei grandi ideali ma nono serve solo averli.
    Bisogna agire,fare e per fare bisogna arrivare ai traguardi che vi siete prefissati che sono necessari per mettere in atto cio’ che volete dalla vita.
    Come dive il proverbio “prima il dovere poi il piacere” ma presto! senza lasciarvi cullare da tutto cio’ che non vi piace ma che in un certo senzo accettate visto che non reaggite!
    Noi genitori siamo considerati da voi dei rompi palle quando vi spingiamo a studiare ad accellerare i tempi,perche’ sappiamo per esperienza che la gioventu’ passa e la forza di reaggire pure ,crescete e date un senso a cio’ che dite!

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