Se nel ’69 Battisti cantava “acqua azzurra, acqua chiara” oggi l’acqua non richiama più al concetto di freschezza e pulizia ma ai soldi. Lo sporco denaro inquina anche l’acqua e nel frattempo noi non ce ne accorgiamo perché è in inquinamento subdolo.
Molti di noi sono cresciuti con il monito di non sciupare l’acqua perché è un bene prezioso e che bisogna chiudere il rubinetto quando spazzoliamo i denti. Ma quanto ci abbiamo riflettuto sul significato di prezioso? si trattava di mero risparmio di denaro?
Oggi il problema dell’acqua è sempre più sentito sul fronte più evidentemente economico, con il tema della privatizzazione, ma c’è anche un aspetto, che dimentichiamo spesso, che non solo è economico ma anche ambientale e quindi sanitario. Sono fermamente convinto che ambiente e sanità siano un tutt’uno, perché non possiamo immaginare di violare l’ambiente senza pagarne con la salute gli effetti.
Negli anni ’90, le aziende municipali che gestivano i servizi come quello dell’acqua furono convertite in “Aziende Speciali” e messe in concorrenza con aziende private in modo che la concorrenza non favorisse lo spreco di denaro pubblico nelle risorse umane o edilizie; a prima vista, quindi, sembra che dalla privatizzazione derivi un risparmio di soldi, perché un’azienda privata non sperpera denaro in assunzioni di favore o in auto di lusso ma, d’altro canto, obbedendo alle regole dell’antitrust, che impediscono ad aziende private di ricevere finanziamenti pubblici, sono costretti ad obbedire alle leggi di mercato che fanno alzare e abbassare i prezzi.
Il meccanismo è perverso: il Comune con la privatizzazione ci risparmia e pertanto ci risparmiano pure i contribuenti, dall’altro lato, tuttavia, aumentano le bollette per i cittadini. L’equilibrio però non c’è, perché il risparmio del Comune non significa spesso un miglioramento dei servizi per i cittadini, e spesso, come è tipico in Italia, i soldi risparmiati vanno ad ingrassare il portafoglio dedicato agli sprechi della Pubblica Amministrazione. Inoltre, il Comune dovrebbe essere molto virtuoso e badare che l’azienda privata che prenda in gestione l’acquedotto, oltre a prestare il proprio servizio per un prezzo minore, garantisca maggiori servizi ai cittadini.
Il servizio più importante che un’azienda che gestisce una acquedotto urbano offre è quello di fornire acqua per tutti e potabile. Sembra scontato ma se ci ragioniamo, quanti bevono l’acqua del proprio rubinetto?
Magari sarà biologicamente potabile, ma con quale sapore? Penso che, essendo l’acqua necessaria alle nostre funzioni vitali minime, debba essere garantita dalle istituzioni ad un prezzo più basso possibile. L’acqua è un diritto ed è vergognoso pensare che se vuoi dell’acqua buona da bere (anche organaletticamente) tu la debba pagare.
Oggi però molti di noi sono costretti a comprare dell’acqua minerale al supermercato ad un prezzo decisamente più alto di quella del rubinetto, perché al di là della marca e della relativa pubblicità, sull’acqua pesa il prezzo della bottiglia, del trasporto e della distribuzione. E’ evidente l’impatto ambientale che ha il commercio di acqua in bottiglia, normalmente in plastica che al 90% non verrà riciclata, la cui produzione ha di per sé un alto impatto ambientale, senza contare che queste bottiglie verranno trasportate in lungo e in largo su camion che bruciano nafta a mai finire.
Quanto costerebbe, invece, se l’acqua arrivasse al nostro bicchiere scorrendo direttamente attraverso i tubi che portano al nostro rubinetto?
Difendiamo la nostra acqua affinché sia pubblica e potabile.
Qualcuno ci spieghi perchè, a fronte di una copiosa informativa promozionale del bere l’acqua del rubinetto, nessuno o quasi la beve?
Voce di popolo voce di Dio, diceva un antico adagio e ciò si attaglia nel comportamento ormai consolidato della gente che a bere quest’acqua non ci pensa proprio.
Cosa significa? Probabilmente perchè vi è una motivazione sostanziale che va ben oltre il sapore.
Esigiamo risposte vere dalle Amministrazioni locali, non i soliti certificati di analisi che di realistico hanno poco.
Buone cose, Gildo