Pensare alla libertà, alla rinascita di noi stessi: una nascita che avviene lentamente, presa di coscienza dopo presa di coscienza, esperienza dopo esperienza. Una data sciolta, diluita nel tempo.
Femmina o maschio, solo al momento del primo pianto non sanno chi siamo o chi saremo, siamo un maschio o una femmina? Il primo pianto esce dai polmoni, siamo pronti a vivere. Vivere. Scoprire la propria sessualità, piano piano, ogni giorno sperimentare con il proprio corpo, scoprirsi nel rapporto con gli altri, scoprire i sentimenti a cui quel corpo di maschio o di femmina risponde. Pensare di dover dare solo quelle risposte, e poi scoprire che non è così. Nascite di individui rinnegate, nascite questa volta, non di maschio o femmina, ma di uomo e donna, di eterosessuali e omosessuali. La nascita del chi siamo abortita. Però, diamine, quello che sentiamo pulsa proprio sotto la pelle, anzi investe anche quella, sentiamo quel ritmo di noi stessi uscire fuori, al grido profondo di chi sa di dover essere orgoglioso di sé.
Ritmi, flussi, ogni giorno tra di noi, danze di identità e passi ben celati dall’ordinario sound. Ma arriva il momento, arriva, e sale il ritmo, si alza il volume. Guardo la gente e la vedo investita dalla musica della loro vita, uno stereo mood intorno a me.
Ed arriva, arriverà primo o poi il momento in cui il tuo corpo inizierà a ballare il suo ritmo, orgoglioso, PRIDE!
Liberi, liberi di essere ciò che ci si sente di essere, corpi tra corpi, portatori di se stessi, espressione di come il mondo si vede, di come il mondo si vuole vivere, lontano dalla catalogazione di base maschio/femmina, di quando ancora nessuno sapeva chi fossimo, di quando anche noi avevamo appena imparato a fare il primo respiro. Ed ora di boccate ne abbiamo fatte tante, a pieni polmoni e adesso siamo pronti a fare il respiro più grande, a raccogliere il fiato per urlare al mondo chi siamo.
Danziamo tutti in questa grande discoteca all’aperto, il sound è quello giusto, è quello nostro, i passi inventateli pure, improvvisateli, tra la gente, diversi gli uni dagli altri corpi stanchi di essere stati adottati dai propri abiti, si liberano da un legame imposto, scelgono da se ciò che è meglio. Non ci sono tutori, si muovono liberi, affermano il loro diritto di essere, come, respiro dopo respiro, hanno capito di essere fatti, hanno sentito di essere.
Il battito sale, l’adrenalina spinge la voce fino a farla uscire fuori in un canto liberatorio, io mi amo, io sono orgoglioso di come sono. Non importa chi tu sia, non mi importa cosa tu mi dica di essere, io sono così. I’m pride of me!
Mi piace questo accostare il recupero della propria identità (delle proprie molteplicità) a quel progressivo movimento che diventa danza. Bello.