Escherichia coli e Faust

Ci sono due cose il cui pensiero mi provoca le vertigini ogni qual volta si presenta alla mia coscienza: il primo riguarda il sapere. Non riesco ad accettare che, per quanto io possa studiare, leggere, ascoltare, guardare, il mio sapere sarà sempre una minuscola percentuale del sapere universale. Impazzisco all’idea di quante informazioni ci siano, ci siano state e ci saranno, e di come nessun uomo possa possedere tutto lo scibile in sé, ma solo produrne o studiarne una miserrima parte. Per questo sono affascinata dalla figura del Faust, per questo, se dovessi esprimere un desiderio, non chiederei ricchezza o fama, ma sapere. E del resto questo tipo di limite non è solo mio, ma di ogni uomo e di ogni donna del pianeta e della storia. Il sapere come insieme di conoscenze, informazioni, scoperte, scritti, e via dicendo, è qualcosa di inafferrabile, indicibile, inconoscibile nella sua interezza, e in quanto tale è negato al singolo, e soltanto in minima parte concesso al gruppo. Soltanto prendendo in considerazione il totale degli uomini e delle donne viventi in tutte le epoche e in tutte le zone geografiche, e radunandoli in un unico insieme, potremmo pensare che quel gruppo nella sua interezza possieda il Sapere nella sua interezza. Ma singolarmente, col nostro nome e cognome, la data e il luogo di nascita, nella nostra esistenza intellettuale quotidiana, non sappiamo neppure quante cose non sappiamo. La dimostrazione di questa mia affermazione può essere trovata, banalmente, entrando in una grande libreria o biblioteca. Non soltanto non possiamo conoscere il contenuto di tutti i libri che ci circondano, ma probabilmente non conosciamo nemmeno la loro esistenza, e sarebbe difficilissimo stare al passo con le nuove pubblicazioni, ormai numerosissime, di autori emergenti, che di solito spariscono dopo il primo libro.

Questo senso di disorientamento rispetto alla produzione letteraria incessante ed eccessiva, lo provo anche in un altro caso. E qui andiamo al secondo pensiero che mi provoca le vertigini: la produzione. Questo termine generico farà arricciare il naso a molti, ma mi è necessario proprio ad indicare la vastità incommensurabile del continuo creare prodotti di consumo destinati alla vendita, dai generi alimentari agli oggetti di arredamento, agli utensili, all’abbigliamento, e così via. Anche in questo caso, la vertigine è data dalla quantità inconoscibile e impensabile per il singolo e, potrei azzardare, anche per la totalità; una quantità che non può essere elencata, enumerata, conosciuta, controllata da un unico controllore, né da una squadra di controllori, né probabilmente da un esercito. Una produzione che è svincolata dalla domanda, e che anzi la crea, per arginare il suo stesso eccesso. Ecco cosa sono le cosiddette “offerte speciali”. Sono meccanismi pubblicitari, che ci spingono ad acquistare oggetti di cui non abbiamo bisogno. Sono obblighi e non consigli per l’acquisto. E noi siamo i filtri inconsapevoli di un organismo ammalato di iperfagia, siamo i cassonetti della nettezza urbana del pianeta.

Entrate in un grande supermercato e guardate quegli scaffali stra colmi di prodotti. Per ogni settore esistono porzioni variabili, marche diverse, varianti di ogni tipo dello stesso prodotto. Pensate che quello è solo uno dei supermercati della vostra zona, e che la vostra è una delle numerose “zone” della città, e che la vostra città è solo una delle migliaia di città del vostro Paese, e così via, e che quei prodotti davanti a voi vengono sostituiti ogni giorno da nuove scatole, più fresche, appena “prodotte”. Riuscite a immaginare la quantità di roba che viene sputata fuori da macchine, catene di montaggio, rulli, impastatrici, fabbriche, officine, laboratori…?

Nei quasi trent’anni della mia giovane vita ho sentito moltissime volte di batteri killer annidati in cibi e altri prodotti di consumo. La mucca pazza, il botulino, la salmonella, l’aviaria, e di recente la variante mortale dell’escherichia coli. Succede di continuo che qualcuno, da qualche parte nel mondo, mangi qualcosa che contiene una sostanza nociva, un batterio, o altre cosine che non conosco, per via della mia scarsa dimestichezza con le materie scientifiche. Tutti noi sentiamo queste notizie e smettiamo temporaneamente di mangiare i prodotti incriminati, convinti che gli altri siano sani, perché controllati, sicuri, enumerati e catalogati in liste di perfezione numerica. Ma non è così. La maggior parte delle cose che acquistiamo ha per noi una provenienza incerta, non rintracciabile e incontrollata. Se anche sapessimo dove è stata prodotta la mozzarella che stiamo gustando, non sarebbe lo stesso per il latte che la forma, o per la mucca che ha prodotto il latte. E se anche sapessimo qualcosa della mucca, probabilmente non sapremmo nulla dell’alimentazione della mucca, del posto in cui vive mentre produce il latte col quale hanno fatto la mozzarella che abbiamo nel piatto.

Non so se adesso è chiaro il legame che per me hanno Faust e l’Escherichia Coli. Ma credo che anche questa volta mi farò una bella risata rispetto agli allarmismi monotematici, nell’attesa che venga trovato un vaccino che probabilmente esiste già prima dell’epidemia, boicotterò la lattuga tagliata, lavata e imbustata del reparto ortofrutticolo del supermercato e andrò a trovare il mio fruttivendolo di fiducia che, dice lui, coltiva con le sue mani gli ortaggi che mi vende, e a volte cucina delle patate bollite deliziose.

6 thoughts on “Escherichia coli e Faust

  1. E per l’occasione propongo una riunione al ristorante cinese, dove poter mangiare dei germogli di soia probabilmente coltivati in degli stracci dietro la cucina.

  2. Faust come simbolo della sapienza universale! Curioso ed azzeccato perché l’opera stessa fu un travaglio che durò molti anni: ciò sembra quasi voler suggerirci che per arrivare soltanto alla scoperta di una parte infinitesimale di conoscenza (che sia scientifica o umanistica ciò non importa) bisogna lavorare molto e duramente tutta un’intera vita.
    Purtroppo la Sapienza (come la intendi tu) non credo si possa ridurre ad un intero costituito di parti facilmente rintracciabili ed ubicate nel nostro sistema spazio-temporale chiamato pianeta. Per quanto in maniera ridicola tentiamo di dare le nostre risposte al mondo, il mondo e la natura sembrano deriderci e prenderci in giro, confondendoci le idee su ogni tipo di materia, dalla tecnico-scientifica, all’artistica, alla teologica (sì esiste anche questa purtroppo), ad libitum sparando…
    Fare un catalogo metafisico su ciò che esiste (o può essere annoverabile) come oggetto di scienza (in particolare o/ed in totale) è una delle cose più difficili…
    Passando al secondo argomento che provoca vertigini (concordo pienamente nella scelta dei due argomenti legati alla vertigine, anche se per me ce ne sarebbero altri ancora, ad esempio l’aereo) c’è qualcosa che distingue categoricamente le due produzioni: la produzione di beni di consumo dura il tempo stabilito dal produttore, dalla sua capacità e dalla sua longevità come produttore o come azienda produttrice; la produzione letteraria (sta a noi stabilire quale poi considerare come scienza) dura infinitamente…dipendentemente dalle possibilità del pianeta e della vita su di esso.
    Quindi non solo l’oggetto delle due produzioni è differente dal punto di vista dei contenuti, ma anche in termini oltre la mera fisica: Husserl lo definirebbe “apriori materiale”, in breve un concetto ideale che necessita del materiale per costituirsi nella sua presenza (?):)
    Aldilà di queste speculazioni (noiose), che necessitano di fondamenti ovviamente, riferendomi alla seconda parte dell’articolo, mi dispiace molto che non sia stato preso in considerazione il fatto che queste stronzate delle epidemie alimentari che non fanno altro che terrorismo da 2 soldi per cercare di iniettare la dose di oppio ai nostri poveri cervelli stuprati e ormai umiliati a vita da questi idioti della notizia, beh queste epidemie non fanno di certo più vittime di quanto ne fà l’alcool o il fumo in tutto il mondo, pertanto la smettessero di prenderci per il culo e ritirassero dal commercio le sostanze che fanno molto peggio in termini numerici e che contribuissero al loro falsissimo utilitarismo (maggior bene per il maggior numero di persone) dato che ci tengono così tanto. Se diversamente gliene frega un cazzo di noi che continuino a darci le dosi di idiozia…io ormai mi son reso immune per necessità.
    In relazione alla parte conclusiva godi del mio pieno appoggio e di tutta la mia stima nello scegliere il fruttivendolo al posto del supermercato: è decisamente più gustoso…poi le patate bollite…mmmmmmh.
    Tirate le somme: comparazione molto stimolante!
    Saluti!
    p.s. scusate la filippica, ma di argomenti qui ce n’è parecchi, ed aggiungo che affrontarli tutti sarebbe molto dura…almeno per me.

    • Ovviamente non è nelle mie intenzioni far passare i due fenomeni come equivalenti, né ho mai creduto si potesse pensare ad una Sapienza che in sé tutto raccoglie, anzi, il punto è proprio questo: la difficoltà di anche soltanto pensare un sapere-tutto-intero. E devo dire che l’ampiezza della conoscenza, proprio per il suo carattere non materiale, è imparagonabile alla produzione materiale, senza contare che quel sapere tutto intero, impossibile da pensare, contiene in sé anche i micro saperi che stanno alla base della produzione. Insomma è un casino, per dirla in termini aulici.

      Ovviamente il fine della seconda parte del discorso è proprio mostrare come ci preoccupiamo a comando, ma non siamo in grado di controllare tutto, e quindi dovremmo rilassarci un po’, e magari scegliere degli acquisti più etici… e non è incoerente, a mio modo di vedere, con quello che dici su alcol droghe sostanze nocive e via dicendo.

      In tutti i casi, sono lieta che quello che ho scritto abbia generato le tue riflessioni, grazie :)

      • Che poi in effetti più che riflessioni qui si rischia di generare vertigini su vertigini!:D
        Forse è da considerare come parte della paura di non bastare a sé stessi, a causa della brevità della vita…è un po’ angoscioso ma dovrebbe spronare al fare di più e intensamente piuttosto che bloccarci sul precipizio, in balia di un messia che ci salvi.
        E trovare questa volontà a volte non è semplice.
        No no, non è possibile…altre vertigini….:)

  3. Condivido in pieno entrambe le vertigini! Di recente ho vissuto la prima per ben due volte: quando ho dovuto scegliere quali libri prendere con i buoni regalo ricevuti per la laurea…
    Aggiungerei quella legata alla moltitudine di film prodotti ogni anno in ogni parte del mondo. Ah, e pure quella suscitata dalle lingue che non avrò modo di imparare nella mia vita.

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