Peter Thiel è il co-fondatore di PayPal, la piattaforma di pagamenti online più famosa al mondo, e ultimamente ha avuto uno spazio su tutte le testate nazionali per aver fondato una società di finanziamenti per tutti quei giovani che rinunciano all’università per seguire la loro creatività e i loro progetti.
Il Don di Paypal, come è soprannominato, conosce bene il mondo universitario, giacché plurilaureato, e sa benissimo che molti suoi colleghi hanno dovuto avvilire la propria creatività per pagarsi gli studi con lavori che non avevano a che fare con i loro sogni. Thiel conosce inoltre la storia dei drop out come Steve Jobs e Bill Gates, per fare qualche esempio, persone che hanno lasciato gli studi per portare avanti dei progetti dentro il garage.
Thiel ha un’idea del capitalismo tipica dei liberali-libertari americani, ovvero che il denaro ti renda schiavo e che bisogna liberarsi facendo soldi da sé. L’università non aiuterebbe i giovani ad emanciparsi dalla schiavitù economica ma comprometterebbe anche l’innovazione e di conseguenza farebbe male allo sviluppo industriale del paese. Thiel ha anche dichiarato che il successo delle sue aziende era inversamente proporzionale alla ricchezza del salario dei loro amministratori: meno li si pagava meglio faceva la compagnia.
Nella sua intervista al lancio della fondazione di finanziamenti ai giovani under 20 Thiel dichiara che le buone idee non possono aspettare, perché i tempi non potrebbero più essere propizi oppure perché qualcuno te la potrebbe soffiare.
Le parole del Don di Paypal ci richiamano automaticamente a pensare a Zuckerberg e il suo Facebook e a tutto il mondo della new economy e all’illusione dei guadagni facili grazie alle tecnologie, in primis il web. Questo richiamo non è illegittimo, abbiamo decine e decine di esempi che vanno da Youtube a Flickr tra le startup acquisite poi da grandi aziende come Google e Yahoo!, che offrono i loro servizi gratuitamente, ma di una gratuità perversa, perché, per citare Carlo Formenti, “quando non paghi qualcosa, non sei un cliente, ma sei il prodotto che viene venduto a qualcun altro, cioé ai pubblicitari”.
Poi ci sono servizi che ti permettono di guadagnare guadagnando su commissioni sul tuo guadagno e le spese di gestione di tali servizi non sono alte quanto quelle che servirebbero a costruire una fabbrica, ma nenache hanno il costo di un sitarello da un centinaio di euro l’anno, considerato che dietro tali siti ci sono server di grandi capacità e professionisti che vanno oltre il programmatore, e quindi avvocati, commercialisti, segretarie.
Il ragionamento di Thiel va oltre, riferendosi all’idea imprenditoriale in generale e non solo legata al digitale. Infatti anche l’apertura di una macelleria può essere un’idea imprenditoriale di successo, basta solo che abbia quel qualcosa che la renda differente dalle altre.
Ma Thiel non è il solo a pensarla così e non sono solo americani (anche se sono i più fiduciosi nei govani) anche a Palermo, per esempio, ho sentito suggerire ai giovani di concentrarsi sui loro progetti mettendo tutto il resto da parte e, qualora questi progetti fossero imprenditoriali, non aspettare che ti rubino l’idea (perché un’idea per quanto originale e geniale la può avere anche qualcun altro) e dare corpo e anima per portarla avanti, dando all’università un posto secondario.
Porsi degli obiettivi e una strategia per raggiungerli, una scala di priorità da perseguire, dove l’università potrebbe anche non esserci.
Purtroppo la cultura imprenditoriale in Italia e soprattutto nel Sud è soffocata. Non è vero che non c’è, ma è semplicemente soffocata dal sistema, fatto di persone dalla bassa soglia di sicurezza che non farebbero mai un lavoro di alto rischio come quello dell’imprenditore. Che poi le scuse sono sempre le solite, i debiti, la burocrazia, il racket… meglio un posto di lavoro allo sportello della posta, 8 ore e dopo non ti disturba nessuno, paga al 27 del mese e se ogni tanto ti fanno una rapina i soldi non sono mica i tuoi.
Aprire una pizzeria o un pub sarebbe inutile perché ce ne sono tanti e quindi non li apriremo mai, mentre altri, magari indiani, continuano ad aprirli e noi continuiamo a spendere lì i nostri soldi.
Spesso lasciamo che le nostre idee diventino sogni e non progetti per paura di non poterli o saperli portare avanti, di essere soli nel farlo, senza nemmeno cercare aiuto, mentre magari i finanziatori ti stanno cercando e non lo sai. Oltre Invitalia e provvedimenti di finanziamento regionali e i vari premi nazionali per l’innovazione, il 2011 ha visto anche nascere in Italia due grandi campagne di incubazione di startup come il Working Capital che ha come massimo “scommettitore” Telecom Italia e Wind Business Factor promossa dalla compagnia telefonica Wind.
Una buona idea non può aspettare, diamoci da fare!
interessante spunto di riflessione….