Oggi, basta dire qualcosa in maniera ambigua, qualcosa di dubbio gusto, che il mondo è pronto a dire la propria, con assoluta abilità. Ma vediamo un po’ facendo qualche passo indietro.
Primi anni ’90
Luca ha 25 anni, esce da casa, non è roba sua stare a poltrire davanti la tv. Esce e sa che incontrerà qualcuno al bar. La domenica non è fatta per studiare o per affaticare le proprie membra già corrotte dalla quotidianità. Al bar, la tv è accesa sui canali in cui trasmettono i dibattiti sportivi: la domenica calcistica è appena terminata e dopo il posticipo serale, il calcio sarà uno dei buoni motivi su cui discutere fino alla successiva giornata di campionato. Una coppia chiede due campari e parla di come sistemare i mobili nella nuova casa con altri due amici. Altri fanno quattro tiri a freccette. Il giornale sul bancone è aperto e chi può gli lancia uno sguardo approfondito. La politica è un altro tema, ci sono gli irriducibili che voteranno sempre “comunista” nonostante l’aria di cambiamento e ci sono gli adepti alla nuova politica, magari ex socialisti, divisi in gruppi e in tavolini separati. Si lanciano occhiate di sfida e capita talvolta che qualche battutina surriscaldi l’aria del bar. I discorsi da bar rimangono lì, tra un caffè e uno spritz, un biscotto e un amaro. Al massimo, i più impegnati andranno alle assemblee o si riuniranno più tardi e poi si tornerà a casa, sapendo che il giorno dopo, quando vorrai, troverai qualcuno con cui scambiare un altro caffè e quattro chiacchere.
Oggi
Luca ha 25 anni, esce da casa, non è roba sua stare troppo a poltrire davanti al pc. Esce e non sa bene se incontrerà qualcuno al bar. Questi peraltro non li chiamano più così. Luca saluta i gestori, ma dei suoi amici nessuna traccia, così vede un po’ se riesce a farli venire con alcuni sms. Un pc acceso passa qualche playlist da sottofondo: è del barman e della commessa, che tra un servizio ai tavoli e al bancone, scrutano la pagina di Facebook. Fra una cioccolata e un biscotto, si parla del più e del meno. Ai tavoli, una coppia si scambia le coccole, gli imperterriti del fantacalcio internauta, il gruppo numeroso e caciarone che deve rimembrare ogni minimo flash del sabato appena trascorso e quelli che per aprire un discorso devono citare ciò che hanno letto o linkato o twitterato o condiviso, quelli che si fanno le foto tutto il tempo… si parla di gente che arranca a lavoro e di uno stipendio che mai arriva, di una politica che merita lo stesso buffo cinismo dato ai programmi tv (che ormai guardano solo i parents) e ormai non si capisce più chi scende in piazza, perché ogni giorno qualcuno ha qualcosa per cui protestare e sembrano tutte formiche solitarie.
Oggi come ieri, qualcuno sa meglio di altri cosa sia lo spirito critico. I discorsi da bar, per quanto possano essere di bassa lega e un po’ cazzari, mostrano, epoca dopo epoca, i sentimenti di una società e i suoi risentimenti. Molti dei quali meritano appunto di restare tra le quattro mura di un locale, o tra i fumi volteggianti degli spazi aperti di una piazza, sia per una questione di dignità sia per autoconservare le nostre bizzarre convinzioni sulle persone e sul mondo fino a quando non saranno mature.
Oggi, si sa molto bene cos’è la macchina del fango, una roba un po’ fascista, ecco. Quella strategica messa in scena di insulti e infamie per denigrare qualcuno senza pietà o previa informazione. E quei mezzi di comunicazione che abbiamo oggi, che il passato ci invidierebbe, hanno la possibilità di massificare il valore di un’opinione, persino con una semplice influenza di maggioranza di “mi piace”, per dirla col linguaggio di Facebook.
Perciò prendiamo il Capossela di qualche settimana fa. Prima è stato accusato a destra e a manca, tipo sulla sua pagina di Fb, sui suoi video su Youtube, a causa di una situazione imbarazzante che lo aveva visto ripreso da alcuni membri di Casa Pound, mentre sosteneva (inconsapevole, forse) la loro libera discesa in piazza, e poi ha spiegato il fraintendimento con un post sempre su Fb, per tacere tutte le malelingue che si erano scatenate.
Fa strano pensare che ci vuole poco per denigrare qualcuno, per raccogliere tanti insulti.
Fa strano pensare che quelli che potrebbero essere dei discorsi da bar, tra un biscotto e un caffè, si possano trasformare in complotti belli e buoni, fascistissimi, che inneggiano all’eliminazione e all’emarginazione.
Non vorrei che questi mezzi di comunicazione libera diventassero macchine di distruzione di massa. Nel senso di una “distruzione da parte della massa” nei confronti di un individuo.
Come fraintendere la libertà d’espressione.