“Sostenibilità” è un termine che ricorre spesso sulle bocche di tutti e oggigiorno si tenta di sposarlo quasi con ogni campo: commercio sostenibile, mobili ecosostenibili, cibi, ecc.
L’ecostenibilità in architettura è uno di questi casi e, a mio parere, uno dei più interessanti. Tuttavia occorre notare che la sostenibilità coniugata all’architettura non è certo cosa nuova: uno dei primi a parlarne fu un tale Ebenezer Howard, passato alla storia come il teorico della “Città Giardino” che ai primi del Novecento “immaginava” scenari assai vicini alle proposte odierne sfornate della cosiddetta green architecture: si trattava di edifici dove è la natura che prende il sopravvento. Più meno nello stesso periodo anche Frank Lloyd Wright – considerato uno dei maggiori esponenti della cosiddetta corrente organica dell’architettura contemporanea – propugnava l’idea che progettazione architettonica dovesse avvenire in armonia tra l’uomo e la natura, costruendo un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale per mezzo dell’integrazione dei vari elementi artificiali propri dell’uomo (costruzioni, arredamento, ecc.) e naturali dell’intorno ambientale del sito. L’emblema della sua concezione architettonica è la casa sulla cascata (1936).
E sembra proprio di questo avviso l’architetto francese Edouard François, al momento il più grande esponente dell’architettura green, progettista della Tower Flower (2004), una costruzione, che ospita trenta alloggi sociali, situata in un quartiere chic di Parigi: le sue mura esterne sono letteralmente inghiottite dalla flora dei balconi. Altri suoi progetti sono l’Eden Bio (2008), sempre a Parigi, una costruzione a Louviers, in Normandia, realizzata del tutto con mattoni bio e legno di castagno, e la cosiddetta Torre Vegetale di Nantes. Peculiarità che salta agli occhi guardando i suoi progetti è la costante impressione che la natura, attraverso l’incorporamento di alberi e piante al loro interno, abbia lo scopo di “occultare”, inghiottendola, la struttura dell’edificio, ottenendo al contempo l’effetto di alleggerirla.
In particolare, nella Torre Vegetale la struttura dell’edificio risulta del tutto celata alla vista e “la sagoma appare indefinita, lasciando il posto ad un’immagine molto suggestiva, che ricorda il profilo di una collina dalle linee morbide e ondeggianti”1.
Esempi di architettura verde sono però anche frutto di progetti nostrani, tra i quali il più celebre è senza dubbio il cosiddetto “Bosco verticale” di Stefano Boeri, attualmente in costruzione a Milano: una torre di 27 piani con ben 1500 alberi distribuiti su ogni balcone. L’idea è quella di “un’architettura biologica ad alta densità di abitanti e di alberi che, attraverso lo schermo vegetale costituito dal verde, assorbe le polveri sottili, crea un microclima adeguato e filtra la luce del sole. Questo progetto appartiene a un progetto più complesso chiamato BIoMilano: sei progetti che aspirano alla confluenza di “energie economiche e territoriali necessarie per raggiungere un nuovo equilibrio tra sfera urbana, naturale e rurale, donando ad una delle città più inquinate al mondo l’occasione di diventare Metropoli della Biodiversità”2.
Quindi, le città aspirano a diventare “bio” e cercano disperatamente il verde dopo aver gettato colate di cemento in ogni dove. Meglio tardi che mai, come si dice…
Ma quanta acqua dovrà passare sotto i ponti, quanti fondi saranno necessari per far sì che le città creino edifici a “impatto zero” che si ispirino ai dettami della Bioarchitettura?
In moltissime città, anche italiane, sono sempre più diffusi i cosiddetti tetti verdi o vegetali: si tratta di tetti dei palazzi o di case unifamiliari ricoperti da prati, fiori e piante al posto di tegole e ardesia, ottenendo peraltro parecchi vantaggi in termini di risparmio energetico, perché questa tecnica – oltre ad assorbire le polveri sottili – permette di raffrescare durante l’estate l’edificio e riscaldarlo durante l’inverno. Inoltre, cosa non da poco, i tetti verdi hanno dei vantaggi anche economici riducendo la domanda di elettricità per la climatizzazione degli ambienti e permettendo un risparmio sull’acquisto di ortaggi e verdure. Ovviamente, non tutti possiamo armarci di zappa e ricoprire di terra i nostri tetti condominiali, perché sono necessari degli accorgimenti tecnici che predispongano la coltivazione isolando il tetto. Se volete saperne di più date un’occhiata qui.
Una cosa è sicura: si desiderano sempre più aree verdi in città e lo dimostra il diffondersi sempre più frequente di giardini e orti in spazi e quartieri più o meno degradati o in spazi urbani e suburbani inutilizzati (da poco a Palermo, per esempio, è stato aperto il Parco Ninni Cassarà). Proprio da questo bisogno di verde è nata una nuova tendenza: quella di coltivare un orto casalingo e grazie ad alcune idee prese qua e là da desiner e giardinieri, oggi questo desiderio è facilmente praticabile (o coltivabile, per l’appunto) ovunque, anche in casi in cui non si abbia particolare spazio.
Per chi non vuole rinunciare al piacere di avere un angolo verde, è possibile realizzare una parete con vasi incorporati, servendosi di un semplice pannello provvisto di mensole su cui poggiare le piante oppure adoperando griglie verticali appendendo ad esse i vasi.
Due creativi di San Diego, Mark DeMitchell e Mike Tarzian3, hanno progettato un orto urbano verticale – l’orto verticale idroponico – realizzato con dei semplicissimi tubi in PVC, fissati tra loro e che corrono attorno a pali di legno creando una serpentina, con all’interno dei fori su cui andranno poggiate piante e fiori. L’acqua per innaffiare l’orto scorre all’interno della serpentina, per mezzo di una pompa situata alla base del sistema di ricircolo. La sua particolarità consiste nel fatto che per alimentare l’area verde non si usa terreno, ma unicamente acqua ricircolata (risparmiando circa l’80% rispetto a un’aiuola coltivata).
Ancora più facile è realizzare il “balcone fiorito” ideato e spiegato passo per passo nella graziosissima guida di Fern Richardson: basta munirsi di un pallet, un rotolo di tessuto, una pistola spara-graffette e della carta vetrata con cui eliminare le eventuali imperfezioni del legno. Una volta eliminate, si fissa il tessuto sul fondo e sulla parte laterale della struttura ottenendo in poche semplici mosse un vero e proprio giardino pensile da coltivare con piante o ortaggi a piacimento.
Quindi, che aspettiamo? Coloriamo di verde la nostra vita!
Io lo farò sicuramente, anche perché le soluzioni proposte, oltre che rendere gli spazi gradevoli alla vista, sono anche divertenti da realizzare.
1 http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/in-europa/torre-vegetale-nantes-tecnologie-verdi-architetto-edouard-francois-377.html.
2 Idem.
3 http://verticalearthgardens.wordpress.com/
Ovviamente l’orticello verticale rientra tra i miei prossimi progetti da realizzare a casa nuova!
:)
non vedo l’ora di vederlo :P
aahah carino il giardino verticale! :P