Cash mob: solidarietà per i negozi in difficoltà

A Palermo, pare che l’ultima moda sia quella di far sorgere centri commerciali ovunque, come funghi. Un giorno vedi un terreno incolto e abbandonato e l’indomani vedi Caterpillar che si muovono alla velocità della luce e in quattroequattrootto ti tirano su un colosso.

Prima è stata la volta del Forum, poi del Poseidon, poi ancora della Torre e ora il più grande, dono del presidente del Palermo Calcio, Zamparini, Conca D’oro. E ogni apertura è un’occasione per prendersi a legnate per l’ultimo pomodoro in offerta, per comprare 10 televisioni al plasma (che se se ne rompe una, almeno, hai quella di riserva, no?) e dare prova della (dis)umanità del palermitano medio. (!)

Ad ogni modo, è giusto ricordare che con il sorgere di questi centri commerciali, tanto agognati e che ci illudono di appartenere al mondo civilizzato (faccio presente che lo stesso iter lo stanno seguendo i Paesi dell’Est), molti negozi della periferia, del centro, magari storici, chiudono, perché nel momento in cui siamo è difficile tirare avanti, se poi devi competere con colossi che scontano all’inverosimile (o quasi) la merce, diventa impossibile. E così i negozi chiudono, magari perché molta della clientela preferisce andare alla Ipercoop o all’Auchan, e nel frattempo gli affitti aumentano e non si riesce ad andar in pari con le spese. Uno di questi è Hugony in via Ruggero Settimo che qualche anno fa ha abbandonato la sua clientela della Palermo Bene e il caso, su cui la stampa locale ha versato tanto inchiostro, di Grande Migliore.

Qualche giorno fa, mi sono accorta che anche Vitale, la valigeria in via Libertà, ha chiuso i battenti. Eppure fino a qualche tempo fa era sempre gremita di gente… mah!

Puntualmente sulle ceneri di un vecchio negozio sorge un brand di lusso: Bulgari, Gucci, Luis Vuitton e chi ne ha più ne metta.

Sinceramente, trovo molto triste questo fenomeno, perché mi affeziono facilmente e mi piace andare in posti dove conoscono i miei gusti e l’addetta alle vendite si ricorda di me e delle mie esigenze. Tutto questo purtroppo non riesco a ritrovarlo nei negozi dei centri commerciali. Tutto è fast, c’è sempre una gran confusione, le signorine sono (ovviamente) indaffaratissime e non sanno a chi prima dare conto.

Ma purtroppo pare che l’evoluzione del commercio e della dislocazione dei negozi sia questa: far migrare i negozietti nei centri commerciali e dare spazio in centro alle grandi marche non allq portata di tutti. Ovviamente non si possono additare i centri commerciali come l’unica causa del declino di molti negozi e del commercio al dettaglio: è colpa della crisi, dei gruppi di acquisto e anche dei centri commerciali.

Questo decorso però non viene accettato da alcuni americani che in Tennessy letteralmente si sono mobilizzati per salvare uno storico negozio, libreria del vecchio Emery a Knoxville.

In 800 si sono dati appuntamento al negozio alla stessa ora per comprate tutto a prezzo pieno. L’obiettivo era quello di dare una mano alla vecchia libreria aperta dal 1827 (da ben tre generazioni).

Questo è uno degli esempi di cosiddetto cash mob che vanno ultimamente di moda negli States e non solo. Si tratta di un’alternativa ai flash mob, eventi improvvisati, organizzati tramite social network, sms o e-mail o semplice passa parola, che vanno dalle lotte coi cuscini a momenti di completa immobilità o danze collettive.

Scopo dei cash mob è salvare i piccoli negozi di quartiere e a gestione familiare: sono appena nati e subito sono diventati un successo. Il primo è stato organizzato la scorsa estate a Buffalo da un ingegnere e blogger per evitare la chiusura di una enoteca. L’enoteca al momento è ancora aperta: all’evento parteciparono circa cento persone e ognuno di loro acquistò una bottiglia di vino. Passata l’estate, il movimento ha cominciato ad espandersi organizzando molti eventi in tutti gli stati, grazie al blog di un avvocato Andrew Samtoy che ha promosso i cash mob e ha stilato alcune regole per uniformare tutti i cash mob. Poco dopo, i cash mob hanno preso piede anche fuori dagli USA e dovunque nel Mondo hanno avuto luogo eventi per salvare i piccoli commercianti.

Regola base di un cash mob è quella di trovare un commerciante locale che necessita di una mano per non essere costretto a chiudere; dopodiché si organizza un incontro durante il quale la gente sia disposta a spendere almeno 20 dollari, si individua nei pressi del negozio da aiutare un bar o un luogo dove si possa bere qualcosa per il post-cash mob per socializzare e fare quattro chiacchere sull’esperienza appena vissuta.

E voi sareste disposti a salvare il vostro negozio di quartiere?

5 thoughts on “Cash mob: solidarietà per i negozi in difficoltà

  1. Forse sì!

    Dico forse perché nel mio quartiere prolifera da anni solo un’argenteria (per altro carissima!), e di essa davvero non me ne frega nulla :P se ci fosse altro, però, lo farei. per il club del fumetto (ehi fu :( !) lo avrei fatto!

  2. Ma chi ce li ha questi soldi? La grande distribuzione abbassa i prezzi e personalmente compro lì non per accumulare denaro su denaro ma per permettermi di comprare.
    Quando non c’è convenienza nella grande distribuzione, per esempio per quanto riguarda i libri, preferisco comprare nei piccoli negozi (ma solo se ho la necessità di comprare). Questo rientra nel consumo critico ed è un discorso più ampio della semplice solidarietà.

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