È recente la notizia della volontà dell’UE di abolire il Programma Erasmus per esaurimento di fondi. Un duro colpo per gli studenti di tutta Europa, che speravano in un finanziamento per poter provare l’esperienza di studiare in un altro paese.
Le risorse finanziarie, in sostanza, non bastano più. Peccato.
…E pensare che l’UE ha appena ricevuto il Premio Nobel per la Pace… Come pensa di mantenerlo visto che toglie ai suoi giovani la possibilità di conoscere e sperimentare culture diverse, la possibilità di imparare la tolleranza e di arricchirsi attraverso la diversità?
Sì, perché l’Erasmus è molto di più che “a party every night”.
I più, gli sprovveduti, i genitori dei poveri studenti che desiderano sperimentare il Programma, sono convinti del fatto che l’Erasmus sia solo una scusa pratica per fare un anno di vacanza. Addirittura in Spagna l’Erasmus è chiamato “Orgasmus”!
Bene, io vi posso assicurare che non è così, o meglio, non solo.
L’Erasmus ti permette di conoscere una lingua e una cultura diverse dalle tue, non superficialmente ma in profondità, visto che quella lingua e quella cultura non le devi solo osservare o studiare: in quella lingua e in quella cultura ti ci devi immergere per poter vivere, mangiare, dormire, pagare le bollette e perfino fare shopping!
A me l’Erasmus ha cambiato la vita, mi ha insegnato tanto e a questa esperienza devo molto: se sono quello che sono è grazie ad essa. Chiedete a tutti gli ex studenti Erasmus: vi diranno la stessa cosa.
Quando arrivai a Siviglia, con due valigie in mano e con mancanza di dimestichezza in fatto di partenze, ricordo che mi dissi: “e adesso che cazzo faccio?”. Avevo solo 22 anni e avevo intrapreso un viaggio, in senso lato, che mi avrebbe fatto crescere, che di fatto mi ha formato e mi ha insegnato a tollerare (un pregio di grande importanza, in un mondo sempre più chiuso e che ha sempre più paura di chi è diverso da sé).
Tolleranza! È la prima cosa che ti insegna questa esperienza. Come pretendete che i giovani imparino la tolleranza se gli togliete la possibilità di sperimentare con mano cosa voglia dire vivere in un paese straniero?
Vi sembra facile restare immobili a guardare come lavano i piatti i tedeschi?
Vi sembra facile non incazzarsi quando i vostri coinquilini dimenticano la birra nel congelatore, facendo esplodere le bottiglie, tanto da dover mangiare spinaci surgelati col retrogusto di luppolo?
Vi sembra facile restare indifferenti vedendo un belga che spalma una bella fettona di polenta sul panettone coi frutti canditi?
Ecco, senza tolleranza credo che sarei impazzita!
Io ho avuto la fortuna di vivere in una tipica casetta sivigliana (con tanto di patio con fontana e raffigurazione di Jesùs del Gran Poder) assieme ad altre nove persone: quattro italiani (Milano, Genova, Firenze e Trapani), due ragazze tedesche, una per metà tedesca e per metà egiziana, due ragazzi belga e una ragazza francese. Immaginatevi le differenze culturali che potevano esserci sotto lo stesso tetto! Voglio dire, una trapanese, una milanese, un fiorentino e un genovese che vivono sotto lo stesso tetto sono il festival delle differenze culturali italiane, figuriamoci aggiungerci tedeschi, belga e francesi! Noi però siamo riusciti a superare queste differenze fin da subito. Come? Con il cibo, naturalmente! E così ecco organizzate cene a base di polenta e arancine, soufflé e panettone, strudel e tabulé… Un modo come un altro per iniziare a conoscerci.
Starei qui per ore a parlarvi del mio Erasmus, delle lezioni che seguivo, delle feste che organizzavamo, del mio amico Piero che dormiva nel nostro armadio, delle nottate passate a guardare spettacoli di flamenco, di tutti gli amici che ho conosciuto… ma mi scenderebbero le lacrime e mi verrebbe una paresi facciale con uno stupido sorriso ebete. L’Erasmus mi ha perfino dato lo spunto per la mia tesi di laurea, e a Siviglia ci torno tutte le volte che ne ho voglia.
Chi mi conosce sa che ho sempre affermato che l’Erasmus dovrebbe essere addirittura obbligatorio, altro che la Leva! Spero per cui che l’UE risolva i suoi problemi di budget (sì, anche in questo periodo di crisi, anzi a maggior ragione adesso che si ha sempre più bisogno di stabilire contatti interculturali) e risolva la situazione.
Un’Europa senza Erasmus è come un oceano pieno di barriere: difficile da vivere.
Avrei tanto voluto farlo, ma, ahimè, qualcosa è andato storto. Ci riprovo nell’altra vita.
Chi non l’ha provato semplicemente non può capire ma solo immaginare. L’Erasmus ha fatto diventare 2 milioni di europei, tutti laureati e quindi teoricamente votati a diventare la futura (o attuale) classe dirigente, amici tra loro. Una amicizia che attraversa le frontiere e rende orgogliosi di essere europei.
Hai ragione Cristina, l’Erasmus cambia la vita. Io ero a Valencia. Non ho mai dimenticato e qualcosa di quella esperienza pazza me la sono portata in tutti i successivi viaggio ed esperienze lavorative all’estero…