di Donatella Zappini
Vi è mai capitato di sentire la chiamata di un libro? Ovvero di leggerne il titolo, di sentirne parlare spesso in diversi ambienti e di avere voglia di leggerlo, fino a quando arriva il “momento”?
Ecco, Sostiene Pereira è uno di quei libri che avrei voluto leggere da anni, ma che per un motivo o per un altro non ho mai comprato. Capita poi che mi ritrovo a lavorare in una biblioteca, la biblioteca dell’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, piena di piccoli tesori ingiustamente bistrattati e trascurati, che lavorarci, per chi come me ama i libri, sembra ogni giorno un supplizio. E poi capita che in questa stessa biblioteca il primo libro che mi ritrovo davanti, in seguito alla restituzione di un prestito, sia proprio lui. E allora lì, non posso più aspettare, dopo che il libro mi arriva fra le mani quasi di sua spontanea volontà, senza che io lo vada a cercare. E decido di leggerlo, finalmente, e leggendolo si schiude davanti a me un mondo nuovo, quello di Tabucchi e della sua bellissima scrittura. E quello di Pereira, naturalmente, e del suo bellissimo Portogallo. Sostiene Pereira è ambientato nella Lisbona di fine anni ’30, gli anni del regime di Salazar in Portogallo, della Guerra Civile spagnola, del fascismo e del nazismo. Il protagonista è Pereira, giornalista e direttore della pagina culturale del Lisboa, uomo di mezz’età che suda continuamente, parla con il ritratto della moglie morta qualche anno prima e beve bicchieri di limonate zuccherate continuamente. Nonostante il suo passato da cronista, vive ormai lontano dal mondo della cronaca e della politica, dedicandosi esclusivamente alla letteratura. Fino a quando è costretto a confrontarsi duramente con la realtà storica che si fa sempre più pressante dopo aver conosciuto Monteiro Rossi, un giovane neolaureato che vuole assumere per scrivere i necrologi anticipati, in gergo “coccodrilli”, dei grandi personaggi dell’epoca, e Marta, la compagna rivoluzionaria che, secondo Pereira, influenza negativamente il giovane Monteiro.
Un libro così complesso nella sua semplicità. Un libro che offre una moltitudine infinita di spunti di riflessione: riflessioni sul periodo storico, sulla guerra, la repressione e la censura. Ma Sostiene Pereira non è solo un romanzo storico: è anche un romanzo di formazione che vede il protagonista evolversi durante lo sviluppo della storia fino all’affermazione e all’accettazione di un nuovo Pereira che lo rende finalmente consapevole di se stesso, un nuovo Pereira libero che riesce a ribellarsi alla società e alla censura.
Uno dei passi del libro che segna questa trasformazione è la teoria della configurazione delle anime.
“Voglio farle una domanda, disse il dottor Cardoso, lei conosce i médecins-philosophes? No, ammise Pereira, non li conosco, chi sono? I principali sono Théodule Ribot e Pierre Janet, disse il dottor Cardoso, è sui loro testi che ho studiato a Parigi, sono medici e psicologi, ma anche filosofi, sostengono una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere ‘uno’ che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un’illusione, peraltro ingenua, di un’unica anima di tradizione cristiana; il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perchè noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l’io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione.”
Ora vi chiedo: vi è mai capitato di leggere un libro che quasi vi impedisce di leggerne altri subito dopo?
A me sì, ed è quello che mi sta succedendo con Sostiene Pereira, dato che non sono più riuscita ad interessarmi ad altre letture, nonostante la mia lista di libri da leggere sia lunghissima. Se poi considerate che, proprio qualche giorno fa, in Istituto si è tenuto un incontro con Gumpert, traduttore ufficiale di Tabucchi allo spagnolo, e lo scrittore Riccarelli, entrambi amici di Tabucchi, a cui ha fatto seguito la proiezione del film di Roberto Faenza tratto dal romanzo e con protagonista Marcello Mastroianni, allora riuscirete a capire quanto questo libro stia assumendo un’importanza non irrilevante nella mia vita, soprattutto in questo periodo. Come dicevo prima, Sostiene Pereira è un libro che offre diversi spunti di riflessione. Chi mi conosce da qualche anno può probabilmente capire il motivo per il quale ho citato il passo riguardante la teoria della configurazione delle anime, dalla quale è scaturita una riflessione del tutto personale. La sottoscritta, infatti, che è pluriparanoica e insicura fino al midollo, si ritrova spesso a riflettere sulla sua vita e sul suo passato, cercando di capire quello che è il suo presente. E quando pensa al suo passato non può fare a meno di affermare che oggi sta vivendo una seconda vita, cominciata più o meno fra i ventritré e i ventiquattro anni, quando ha rivoluzionato la sua vita e se stessa mettendo un punto a ciò che era stata fino ad allora e dandosi una nuova possibilità. Traducendo ciò nei termini della teoria della configurazione delle anime, si può anche affermare che il suo nuovo io egemone ha spodestato quello precedente, ha preso il sopravvento con forza e determinazione, e ha cominciato a dirigere i suoi molteplici io. Lo spodestamento del vecchio io, la rivoluzione e la lotta per il cambiamento, sono iniziati mettendo un punto a una storia lunghissima e pesantissima che ha lasciato profondi solchi nella sua vita, ma che non le ha impedito di voltare pagina. La sottoscritta ringrazia giorno per giorno il suo nuovo io, anche se talvolta mostra poca fiducia in lui e lo bistratta. Ma, quando è savia, lo ringrazia perché se non avesse spodestato quel suo vecchio io, oggi sarebbe accasata e con prole molto probabilmente, e non avrebbe mai nemmeno lontanamente immaginato di vivere ciò che ha vissuto dopo i ventiquattro anni. E probabilmente non avrebbe mai nemmeno letto Sostiene Pereira. Il mio, oltre a una riflessione del tutto personale, è anche un invito alla ribellione contro l’immobilità della vita quotidiana, contro l’essere sempre uguale a se stessi, contro ciò che la società e le nostre famiglie ci impongono di essere fin da quando nasciamo, contro la paura del cambiamento. È una riflessione che nasce anche da ciò che mi capita di vedere intorno: persone che si autocondannano all’infelicità, scegliendo la sicurezza di ciò che hanno sempre avuto e a cui sono abituati, nonostante sappiano bene che non è ciò di cui hanno bisogno e non è ciò che vogliono. Che abbiate trenta, quaranta o sessant’anni non importa, perché tutti hanno una possibilità nella propria vita. Ribellatevi a voi stessi, ma soprattutto ricominciate a sognare e a vivere. Perché “o segredo a descobrir está fechado em nós”.*
*”Il segreto da scoprire è chiuso in noi” da A brisa do coraçao, colonna sonora di Ennio Morricone del film Sostiene Pereira.
bellissimo libro!! =)
bellissimo e positivissimo articolo :)
grazie donatella, ho letto la tua recensione e l’ho condivisa sulla mia bacheca. sono sincera: da quando ieri sera ho parlato con un’amica del proposito di rileggerlo, non ho resistito e ora sono già a metà del libro. Letto per la prima volta esattamente 10 anni fa, ispirò alcune mie belle “alzate di testa”. E ti assicuro che sono cambiate davvero tante cose, da come erano, da come sarebbero potute/dovute essere…
Monica, grazie anche a te del commento. Scrivici, se e quando vorrai!
Siamo esseri sempre chiamati a scegliere…. cosa e chi vogliamo essere… per fortuna! Non farlo è la nostra condanna. Bello rileggere e riparlare di Pereira!