La definizione è sempre una limitazione. Tracciare i confini logici di un oggetto inerte può essere semplice, ma quando si tratta di pratiche sociali non si può ragionare in modo “lineare”. Si deve fare un salto interpretativo, abbandonare il punto e la linea retta per lasciare spazio alla curva, alle forme interrotte, incomplete e asimmetriche. Il gruppo artistico Fare Ala, già dal 2009, sta facendo scuola a Palermo e nel complesso mondo virtual-reale globale. Nei loro lavori, l’uso delle forme non sottostà a nessuna regola di maniera e la volontà collettiva che anima le varie realtà sparse per il mondo non è in linea con la semplice “critica dell’arte classica” né con le avanguardie tradizionali formalizzate in pratiche ben definite, anch’esse, ormai, “di maniera”.
Ho incontrato alcuni membri di Fare Ala in un caffè palermitano, sotto il sole caldo di un anomalo novembre e, scambiando alcune parole, ho potuto conoscere meglio questa bizzarra esperienza umana, così da poterla rilanciare a voi, cari lettori spietati.
Il collettivo artistico Fare Ala è presente fisicamente sia a Palermo che a Murcia e in Argentina e si espande continuamente attraverso progetti attivi nella rete immateriale di internet, come si può vedere nel sito: www.wurzelstock.tumblr.com; qui vengono catalizzate e rese fruibili creazioni artistiche che chiunque può inviare via e-mail e che prendono forma, unendosi spontaneamente ma in vista di un progetto orientato. Come dicono i nostri: «Si potrebbe definire come una sorta di ‘caos controllato’, un mail art project».
L’unico punto comune da seguire per “fare ala” collettivamente è avere un progetto. Che poi questo sia relizzato con olio su tela o con sputi di tempera su cemento, non importa. Il supporto materiale della creazione non è determinante (ogni sperimentazione è valida), lo è invece la natura politica (ma rigorosamente a-partitica) dell’azione creativa. Fare Ala ci illumina con le sue parole: «Per noi l’arte è politica, la nostra produzione non è mai scollegata dal contesto o socialmente astratta. Il collettivo artistico nasce da una voglia di portare l’arte in mezzo alla città, dove si passa sempre distrattamente, nel sempre-identico-a-se-stesso percorso tra casa e ufficio».
I lavori di Fare Ala, infatti, si possono trovare ovunque: per le strade, sotto forma di graffiti, murales, adesivi su pali della luce – potreste persino trovare la loro firma e un disegno beffardo sulla parete che vi guarda mentre siete al cesso, dopo aver bevuto la solita birra nella solita squallida tavernaccia.
L’estrema versatilità artistica è dimostrata anche dalle apparizioni pubbliche e più o meno istituzionali del collettivo. A Palermo hanno realizzato e curato mostre e performances di vario genere sia in musei e spazi dedicati alla cultura-propriamente-detta (Palazzo Riso, Cantieri Culturali della Zisa) sia in spazi aperti all’incontro di diverse tipologie di umanità come i centri sociali “Laboratorio Zeta” e “Studentato occupato Anomalia” ma anche in luoghi di per sé multiculturali, popolati da differenti etnie migranti, come ad esempio il Santa Chiara del quartiere Ballarò, luogo in cui, durante la realizzazione del dipinto murale, si è venuta a creare una proficua relazione tra artisti e fruitori.
Fare Ala è un nome che nasce da una pratica e non se ne separa mai, significa lavorare collettivamente negli spazi vissuti, liberarsi dalla concezione del museo come unico spazio di riproduzione dell’arte, accogliere anche chi non si definisce propriamente “artista”, aprirsi a quanta più umanità possibile, senza limiti di spazio e di tempo.
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Link diretto al video della performance “X”: http://www.youtube.com/watch?v=FO2IOT4HZcI