Il 15 Aprile di due anni fa Vittorio Arrigoni, volontario italiano filo-palestinese, veniva ucciso a Gaza.
Il suo adagio «Restiamo Umani» non deve essere mai dimenticato, non è un fine che si potrà raggiungere facilmente. Forse non saremo mai umani, probabilmente non lo siamo mai stati e dovremmo rivedere meglio il concetto di ‘natura-umana’.
Il credo di Vik era tatuato sul suo braccio, «resistenza», muqawama. Che sia pacifica o violenta, la resistenza è mezzo e fine in se stesso. Che si giochi in Palestina, in terre oppresse dal nuovo imperialismo filo-finanza/filo-politicamentecorretto o che si giochi nei luoghi della normale vita quotidiana, l’invito di Vittorio e di altri come lui si può accogliere e mettere in pratica.
Con i propri mezzi, senza cercare teorie generali e onnicomprensive: pensare a partire dalle proprie condizioni materiali.
Oggi ricordiamo un compagno, un uomo che ha letteralmente condiviso il proprio pane con i suoi amici palestinesi per i quali combatteva ogni giorno, cercando di fare il possibile per informare il mondo sulle condizioni di segregazione in cui versano. Non sappiamo con precisione quale sia stato il ruolo di Israele nell’assassinio di Arrigoni, rimane sempre un dubbio circa le reali intenzioni del gruppo salafita che l’ha rapito e giustiziato.
Sicuramente la sua morte è stata un sollievo per gli imperialisti sionisti.
Oggi il nostro pensiero non va solo a Vittorio, ma grazie a lui sappiamo che le ingiustizie e le violenze militari ai danni di un popolo che risponde con mezzi di fortuna, sono all’ordine del giorno e non possiamo rimanere indifferenti.
«Restiamo Umani» e resistiamo.