Il Palermo Pride è terminato e, da quanto leggo sui social network e sui blog, la città ha reagito in modo positivo e creativo all’evento. La portata rivoluzionaria di questo incontro non può essere sottovalutata, soprattutto in periodi storici difficili come quello presente che può trovare nell’instabilità sociale un terreno fertile per derive nazionaliste di stampo reazionario e neofascista (dunque omofobo).
Ma è proprio per questo carattere rivoluzionario (la distruzione del classico concetto di genere e le rivendicazioni di un tessuto sociale sempre più complesso) che non si può dimenticare il territorio in cui si agisce. Il Pride nazionale in Sicilia nel 2013 non lascia indifferenti e non può che essere un motivo di vanto per una regione da sempre vessata da cliché ingombranti che, purtroppo, molto spesso rispecchiano un malcelato ancoramento a strutture comportamentali maschiliste e misogine.
Non si può dimenticare che in Sicilia, negli ultimi anni, le lotte sociali hanno avuto come grande punto di convergenza la protesta contro la costruzione del MUOS a Niscemi e hanno creato una rete di solidarietà e di partecipazione che ha visto la collaborazione di realtà politiche differenti tra le quali partiti, autonomi, anarchici, famiglie e lavoratori. Anche questo è un segno di ribellione contro una realtà di fatto che non si vuole accettare, un radicale rifiuto di tutto ciò che, imposto dall’alto, riduce un popolo alla stregua di servi di un Padrone invisibile ma avvolto in una bandiera a stelle e strisce. Un movimento nato per impedire la costruzione di un impianto di comunicazione statunitense molto nocivo per la salute degli abitanti limitrofi (e non) a causa delle onde elettromagnetiche e che mira a controllare le manovre militari in Medio Oriente.
La nota dissonante nell’organizzazione del Pride palermitano sta in quel logo piccolo e carino, un po’ blu e un po’ rosso tra gli enti patrocinanti l’evento: l’ambasciata americana in Italia. Vedere questa immagine mi ha subito lasciato molto perplesso. In un primo momento ho condiviso la reazione dei collettivi femministi che hanno dichiarato esplicitamente che non avrebbero partecipato alla parata, ma poi ho realizzato che neanche questo, a mio avviso, è un buon modo di interpretare la presenza statunitense nel Pride di Palermo. Credo che le più aspre critiche debbano essere rivolte alla dirigenza, all’organizzazione, senza per questo sacrificare la partecipazione popolare ed eterogenea ad un evento che da sempre è servito per unire una comunità ‘diversa’, con lo scopo di innalzare questa parola, ‘diversità’, per poterla un giorno eliminare, quando finalmente un uomo che bacia un altro uomo per la strada non desterà alcuno scandalo né tra i bambini né tra gli anziani, né a Milano e neanche a Palermo.
Sfortunatamente non ho potuto partecipare materialmente, ma come parte di Abattoir ero anch’io lì ed ho potuto sentire il calore di una comunità a me cara che non ha rinunciato a partecipare criticamente. Ho visto bandiere NO MUOS tra le foto, sui capannoni e durante il corteo e mi sono reso conto che un movimento non va visto dall’alto degli sponsor (ci sarebbe anche Confindustria tra essi, ma non divaghiamo…) ma dal basso, nella pratica effettiva di chi non rinuncia alla propria identità politica.
Che i vertici del Palermo Pride 2013 abbiano accettato il compromesso con una nazione portatrice di politiche mortifere, espansioniste e sanguinarie è un’azione grave della quale sono tenuti a rispondere ufficialmente, soprattutto se si pensa ai tanti siciliani vittime della repressione poliziesca e di una giustizia al servizio dei poteri forti che ha condannato in differenti modalità molti tra i militanti che protestavano contro il MUOS a Niscemi.
Allo stesso tempo non si può negare l’importanza di una manifestazione trasversale che unisce la comunità LGTBQ e la rende sempre più viva, cosciente e coraggiosa. Ecco perché io, se avessi potuto, avrei partecipato con una bandiera NO MUOS e con la stessa gioiosa rabbia.
Anche io mi ero posta degli scrupoli morali, quest’anno. La questione è un po’ doppia, ambigua. Non ci sono stati impedimenti a Daniele Silvestri, per dire, che ha preso la bandiera del No Muos e l’ha sventolata sul palco, facendo gridare al pubblico siciliano (e spero anche non, perché tutte le questioni regionali dovrebbero essere “italiane”, “nazionali”) “venceremus”. D’altra parte sono temi diversi e la manifestazione era nazionale…e a livello nazionale direi che se ne stanno altamente fregando della questione Muos, nemmeno ne parlano. Noi per fortuna qui abbiamo una buona giunta regionale, e ahimè, bisogna ammetterlo: abbiamo il 5 stelle. Se non fosse stato per loro, non so come la questione Muos sarebbe andata a finire, probabilmente come la questione TAV.
Il MUOS è stato l’argomento ridondante per cui si è condannata con estrema veemenza il patrocinio dell’ambasciata americana. Premetto che l’ho trovata superflua innanzitutto, aggiungo che è stata inappropriata proprio dal punto di vista dei diritti umani. Oltre alla tematica muos, non dovremmo dimenticare guantanamo e l’appoggio degli USA allo stato israeliano che calpesta i diritti del popolo palestinese. A questo punto è anche doveroso ricordare l’adesione dei giovani ebrei d’Italia, che sono leggermente sionisti, al pride nazionale. Gli USA e Israele possono fare tutta la loro politica pro lgbt, ma finché continueranno i loro conflitti in medioriente, le loro politiche non saranno dettate da una reale etica ma da quella che si chiama “pink washing”, ovvero “pulizia rosa” dei loro crimini.
Infine boicottare il pride per il MUOS o per la Palestina, significa ammettere che queste ultime hanno maggiore importanza rispetto la questione dei diritti lgbt, mentre è stato più sensato appoggiare la manifestazione portando con sé ed esprimendo il proprio pensiero critico senza passività.
La mia impressione è che si sia cercato un pretesto per boicottare una manifestazione che ha avuto appoggio istituzionale.
Sul governo regionale e i 5 stelle ricordo che non c’erano ancora ai tempi del no ponte, delle manifestazioni a sigonella, etc…
non c’erano ma erano attivisti per il no ponte, ecc… I meriti vanno riconosciuti, al di là delle ambiguità di questo nuovo “partito” politico.