La parola “pregiudizio” assume quasi sempre un’accezione negativa, un giudizio prematuro nei confronti di qualcosa o qualcuno. In questo caso, per Salvatore Rizzuto Adelfio, quella parola voglio utilizzarla in maniera assolutamente positiva.
Salvatore, non ho avuto modo di conoscerti in modo diretto, non essendo un appassionato di fumetti sono entrato ben poche volte all’interno di quel tuo luogo speciale (Altroquando). In una di tali occasioni ti chiesi delle informazioni su uno specifico volume, mi rispondesti con cortesia e di te alcune cose (adesso che ci ripenso) mi rimasero impresse: la tua aria paciosa, la tua folta barba e le tue bretelle rosse. Non sono immagini nitide, solo piccoli frammenti che ricostruiscono vagamente un’immagine di te nella mia mente.
Avrei dovuto conoscerti il 20 agosto, noi di Abattoir avevamo fissato tale data per venire a trovarti, per confrontarci riguardo una collaborazione; fino all’ultimo momento ero incerto se esserci, per via della mia tendenza malinconica e per la natura del luogo che ti ha ospitato nei tuoi ultimi giorni. Ho pensato e ripensato se farmi sfuggire quest’occasione, ma poi decisi di coglierla; il motivo principale risiede nelle parole che ci hai regalato sul tuo blog, Sadeide.
Dopo averti letto per quasi un mese, decisi che volevo dare corpo a quelle parole, volevo conoscere l’autore di tanta vitalità, di tanta tenacia; avrei voluto osservare la tua gestualità, vedere nascere uno dei tanti sorrisi che ho visto attraverso le foto sul web. Sì, Salvatore, non ti conosco, ma il pregiudizio positivo nei tuoi riguardi nasce in modo spontaneo e vero; da quando ho cominciato a leggerti ho cercato di capire chi fossi. Chi sei Salvatore?
Hai aperto la prima fumetteria a Palermo, sei stato il primo obiettore di coscienza in Italia, orgogliosamente gay ti sei mosso in più direzioni per cercare di evitare che questa società attuasse la discriminazione o, peggio, la violenza nei confronti di un’entità sociale inutilmente incastrata in “quel” pregiudizio.
Uno dei primi aggettivi che mi è venuto in mente cercando di capire chi fossi è stato “attivista”.
Riguardo adesso il video che ritrae la tua lotta nei confronti delle assurdità di questo Paese, quel “I Love Milingo” che scatenò le forze dell’ordine all’interno di Altroquando, e le tue efficaci parole che non possono che suscitare ammirazione. Sono tante piccole parti di te che adesso cerco di ricomporre per cercare di conoscerti almeno un po’.
Sì, quell’incontro mancato mi ha suscitato un consistente rammarico. Quel 20 agosto chiesi se l’incontro fosse confermato e mi fu risposto di no, stavi male e dalla forza di volontà che trasuda dalle tue parole sul blog dovevi stare davvero male. I giorni seguenti aprivo Sadeide cercando la tua voce, speravo in un tuo nuovo post, ma purtroppo le ultime parole lette sono state riportate dalla persona che ti ama.
Noi di Abattoir abbiamo cercato la tua collaborazione per un evento da realizzare all’interno di Altroquando, la tua risposta alla nostra richiesta risulta essere un piccolo magnifico manifesto di ciò che sei:
«Io mi aspetto delle persone che abbiano qualcosa da esprimere o che cercano di esprimere qualcosa. Artista è un termine postumo, di me diranno era un artista quando sarò morto. Meglio vivo e cazzone. Bisogna imparare a giocare e giocare bene. Unico impegno metterci amore e passione. Il resto importa relativamente. Giochiamo?».
Quel “giochiamo?” alla fine delle tue parole mi ha colpito profondamente (come non potrebbe?), e non ti nascondo che mi ha provocato anche un certo senso di colpa, perché è facile in questa quotidianità lasciarsi trasportare dalla negatività e dalla staticità, ed invece tu, anche durante la fase finale della tua vita, manifestavi una vitalità ed un giocoso spirito assolutamente invidiabili. Quasi tutti individuano in un hospice un luogo nel quale morire con “dolcezza”, ed il segreto che scorgo nelle tue parole è che per te quella non era una permanenza verso la fine, ma semplicemente un luogo nel quale VIVERE una diversa fase della tua vita.
“Artista è un termine postumo”, anche io non sopporto tale termine; avevo preparato dei bozzetti per un’opera da esporre all’interno di Altroquando, speravo di poterti mostrare la mia idea e discuterne insieme. La collaborazione tra Altroquando e Abattoir ha come tema centrale quello dei supereroi, ovviamente cercando di vedere tale figura da una prospettiva diversa, e proprio tale tema sento che ti riguarda profondamente. La tua eccezionale normalità mi fa proprio pensare ad un supereroe privo di super poteri o gadget tecnologici, ma ricco di una vitalità e di un attivismo assolutamente non comuni. È per questo che giocando (come tu hai detto) ho pensato a te come al supereroe con le bretelle rosse.
In te sicuramente c’è qualcosa di speciale, e lo si evince dalle parole di tutti coloro che sono rimasti colpiti dalla tua scomparsa, dalle immense parole da te scritte, da quei piccoli frammenti che posso scorgere adesso di te; ma soprattutto mi colpisce il rammarico di quel mancato incontro che continua a non lasciarmi.
L’unica cosa che posso fare adesso è continuare a leggerti, traendo spunto per vivere con una prospettiva più giocosa e vitale; da quanto mi resta per poterti scorgere, comprendo che hai vissuto tutta una vita con la forza di un “normale” supereroe, il supereroe con le bretelle rosse.
Mi unisco anche io al rammarico per il mancato incontro… e per tutto il tempo in cui avrei potuto conoscerlo! Forse perché Altroquando era ed è un punto di riferimento che non avrei mai creduto potesse tramontare…è stato dallo choc dell’avviso di chiusura che ho iniziato a seguirne più fittamente le vicende e a conoscere meglio quello storico luogo che è, con il senso di colpa – anche io, ma diverso da quello di Marco – di non aver fatto sempre un “consumo critico” e aver sottovalutato il potere degli ideali, che invece possono fare davvero la differenza. Salvatore e Altroquando hanno avuto il potere di fare riflettere sulla deriva della nostra società consumistica, consumistica in senso materiale e spirituale. Avremmo tutti bisogno di esempi e modelli come Salvatore per salvare non solo Altroquando, ma anche il qui e ora.
Bell’articolo, in gran parte hai espresso anche i miei pensieri. Ciò che muore è il corpo, quello che rimane è quel che fai, dici e pensi, quello che lasci è un mondo diverso, seppure leggermente nella sua vastità.
Bravo Marco. Sento anch’io tutto questo, il rammarico, la voglia di recuperare il tempo subito e, come dice Chiara, la spinta per un qui ed ora migliore, più “critico”, fatto di e con coscienza.
Faremo questo evento. Per lui. E per tutti gli AltroQuandi.
“Giochiamo?”
(Memento.)