Il cortometraggio Majorité Opprimé (Maggioranza Oppressa) è stato realizzato e condiviso in rete già nel 2010, ma per uno strano ricorso storico mediatico, solo ultimamente sta facendo parlare di sè in tutto il mondo occidentale.
La regista, Eléonore Pourriat, effettua una tanto semplice quanto incisiva inversione di ruoli tra uomini e donne nella società. Il capovolgimento, proprio per il fatto di essere ortogonalmente opposto alla realtà, non enfatizza, non stravolge i fatti, cambia soltanto i soggetti attori.
Le donne fanno jogging per strada a torso nudo e l’uomo porta il figlio all’asilo mentre la moglie è al lavoro.
Il video racconta una giornata-tipo di un uomo sulla trentina, presumibilmente sposato con una donna della stessa età e con un figlio. I due fanno una vita piuttosto normale (nella realtà invertita). La moglie esce di casa presto per lavorare e il marito casalingo si occupa di portare il bimbino all’asilo, parla con gli altri papà e poi ritorna a casa dopo aver fatto un giro in bicicletta.
Nel tragitto dall’asilo a casa accadono vari sgradevoli eventi che turbano il normale corso della giornata ma non vorrei rovinare la sorpresa a nessuno, dunque non li descriverò.
-consiglio dell’autore: guardare il video (link: Majorité Opprimée) e poi continuare la lettura dell’articolo-
Per quanto il video metta in risalto gli innumerevoli svantaggi sociali del genere femminile, lascia perplessi sulla maniera di trattare i vari punti.
Infatti personaggi considerati negativi risultano essere principalemente due: la senzatetto che inizia a urlare contro il protagonista e il gruppo di ragazze violente.
Anche se i ruoli di genere sono invertiti, non si riesce ad andare oltre agli schemi sociali-razzisti e classisti predefiniti dei “buoni” e “cattivi”. I primi sono i bianchi di classe medio-alta e i secondi sono i barboni e gli arabi immigrati.
La regista pone un problema quotidiano che ogni donna sente sul proprio corpo ogni giorno della sua vita ma quando si tratta di analizzare la violenza di genere nei termini della celebre dominazione maschile, non riesce ad estendere la violenza dell’oppressione a tutti gli strati sociali.
Inoltre, il dialogo tra l’uomo e il bambinaio musulmano rientra nella corrente di pensiero tristemente in voga al momento anche tra le femministe, di considerare come retrogade le donne velate.
Insomma, per quanto il video faccia riflettere molto sulla violenza di genere, non riesce ad andare fino in fondo nella critica.
La religione è intrinsecamente maschilista. Qualsiasi religione.
Non sono affatto d’accordo con questa analisi. Il film non pretende (e ci mancherebbe!) di abbracciare e criticare tutti i problemi sociali che ci troviamo a vivere, ma uno solo, quello della disparità di genere. E trovo che lo faccia benissimo, e chiarissimamente.
E lo fa benissimo proprio perché resta sull’ovvio, sul quotidiano, su ciò che è tristemente vero ogni giorno: qualunque donna può dirti di aver sperimentato spesso giornate simili a quelle racontate, magari senza necessariamente finire in una grave violenza fisica, ma tutto il resto è pane quotidiano per noi donne, mi spiace che tu, Riccardo, lo trovi banale. Ad essere banale è forse la società in cui viviamo.