Treno

di Fabio Campoccia

La situazione era semplice: avevo il serbatoio della mia Alfa pieno di benzina, i miei occhiali da sole, ore di musica rock nel mio iPad, un frigobar pieno di birre e panini, e 24 ore per arrivare a tutti i costi da Palermo alla Val di Susa.
Una volta arrivato, subito prima del corteo, mi sarei fatto fotografare assieme a quelli delle forze ribelli NO-TAV. Avrei postato la foto su Facebook. Valentina l’avrebbe vista. E avrebbe capito che io alla causa ci tengo davvero. Che, insomma, non sono solo uno che cerca di scoparsela. Che il mio impegno civile non è uno scherzo. Che sono un combattente!
Allora mi avrebbe aspettato e, insomma, avrebbe scopato con me.
Non avevo contanti, ed il mio conto in banca era in rosso. Ma con la carta di credito potevo spendere, poi il prossimo mese mi sarei posto il problema.
In 24 ore potevo farcela, dovevo attraversare il paese, sarebbe stato sfiancante, ma dopo aver fatto la foto, vaffanculo al corteo: sarei andato a dormire! Col cavolo che mi facevo kilometri a piedi con quei freakettoni del corteo!
Ma adesso… on the road again! Ero ottimista.
Misi in moto la mia Alfa, inforcai i miei occhiali da sole, ingranai la prima e sgommai rumorosamente squarciando l’aria silenziosa della città addormentata.
Alle 6 del mattino entrai in autostrada.

Capitolo uno – la strada
Non sono neanche le 8 del mattino e sono già fermo. In panne.
Ditemi, cosa c’era di strano a cercare di tenere la media dei 140 su un’autostrada?
Ma me la chiamate autostrada questa? Asfalto dissestato, decine di cantieri, interruzioni, deviazioni e… buche!
Il signore dell’autofficina di Sant’Agata di Militello armeggia con la mia macchina e ride. Dice che ogni anno decine di viaggiatori si sfondano il carburatore su quel fosso nel bel mezzo della linea di mezzeria.
Io dico… CAZZO È UN’AUTOSTRADA. Lui continua a ridere. Hanno finanziato decine di progetti per farla riparare. Ma poi nessuno fa mai nulla. Problemi di appalti, collusioni varie, disorganizzazione. I turisti e i viaggiatori che vengono in Sicilia e nelle Eolie per le vacanze estive passano sempre da lì. E spesso finiscono nella sua officina. Continua a ridere. E certo, lui ci si guadagna da vivere con quel fosso.
Venite in Sicilia! Sole, mare, buon cibo e strade sgarruppate. Ride ancora mentre mi chiede 300 euro per farmi tornare in strada. Non li ho. E non accetta la mia carta di credito.
Mi indica la strada per la stazione del treno e quando gli chiedo quando parte il prossimo treno per Messina, ricomincia a ridere, mi fa un cenno di saluto con la mano e rientra nell’officina.
Riparto un po’ meno ottimista.

Capitolo due – la ferrovia
Il treno da Sant’Agata a Messina ci mette un’ora e mezza per fare 100 Km.
La signora che aspetta con me mi dice che in tutta la costa siciliana c’è un solo binario, quindi se un treno qualunque ritarda, il ritardo si propaga da est a ovest per tutta l’isola. Lei comunque è molto serena, deve andare a trovare suo figlio a Reggio Calabria, è un po’ che non lo vede, ma anche se ci arriva in ritardo per lei cambia poco.
Io invece sono già in ritardo sulla mia tabella di marcia. Devo arrivare in tempo al corteo. Dopo il litigio di ieri con Valentina devo farle capire che per la “causa” sono disposto a fare follie. E onestamente questo viaggio comincia a sembrarmi proprio una follia. Ma non demordo, spero di recuperare un pò di tempo nel “continente”. Durante un’infinita attesa del treno sotto il sole, mi azzardo a dire irritato: “Almeno appena faranno il ponte di Messina la Sicilia sarà finalmente unita all’Italia!”.
Lei ride. Cazzo ci avranno da ridere tutti in questo paese?
Dice che per andare in treno da Palermo a Messina ci vogliono 4 ore. E che in autostrada si rischia la vita… e l’automobile.
Credo davvero che risparmiare mezz’ora di traghetto sia il vero problema dei trasporti in Sicilia?
Smette di parlare e si mette ad armeggiare sul telefonino.
Attorno, un’accecante calura silenziosa mi fa venire uno strano senso di avvilimento, ma finalmente arriva il treno.
Porta solo 20 minuti di ritardo.

Capitolo tre – volere volare
Per passare lo stretto ci ho messo un’ora e cinquanta minuti. Altro che mezz’ora di traghettata. Il ponte servirebbe davvero!
Poi però scopro che andando a piedi e imbarcandomi con la compagnia privata ci mettevo veramente solo mezz’ora. Cazzo!
Non lo sapevo.
Sono già le 13. Sono in viaggio da 7 ore e ho fatto solo 220 Km. È tardissimo! Rifletto, seduto sui miei bagagli alla stazione di Villa S.Giovanni. E mi viene un’idea. Sta partendo un treno per Lamezia Terme. Lì c’è l’aeroporto. Potrei arrivarci e prendere un volo per Roma o per Milano. Risparmierei ore ed ore di treno (ritardi esclusi) e in fondo non potrà costare tanto.
Ho sempre la mia fidata carta di credito. Posso comprare un biglietto online. Mi collego euforico a Internet, vaffanculo treni, controllori e traffico. Mi prendo un aereo. Comincio a cercare le compagnie low cost che volano da Lamezia. Ho deciso che il viaggio continua con classe.
Un momento, non capisco.
C’è qualcosa di strano.
Non esistono compagnie low cost sullo scalo di Lamezia Terme? Com’è possibile? Lì vola solo Alitalia?
Il prezzo del volo per Roma è esorbitante: 300€. Ma com’è possibile? Quanti calabresi lavorano a Roma o a Milano? Non possono mai tornare a casa per via del monopolio di Alitalia, e dei prezzi che impone? Ma lo stato permette questa cosa?
Il concetto di unità nazionale comincia ad avere un significato diverso. Tornare a casa è possibile solo se vivi nelle zone giuste.
E stavolta non è neanche colpa dei terroni. Le autostrade, le ferrovie, gli aeroporti, sono enti nazionali, non locali.
Ma cosa succede da queste parti? Tra Roma e Milano volano almeno 4 compagnie low cost e c’è pure un treno che collega le due città in 3 ore.
E qui?
Un signore sta andando in macchina a Salerno, mi offre un passaggio. Forse la mia faccia sconsolata gli ha fatto pena. Lo ringrazio calorosamente, in macchina guadagnerò un po’ di tempo.

Capitolo quattro – l’autostrada infinita
Entriamo nella Salerno-Reggio Calabria. Curioso, non l’ho mai percorsa. Ma bisogna provare tutto nella vita. Me lo dico sorridendo, poco convinto.
Ecco, onestamente questa “autostrada” assomiglia più che altro ad una grande statale. Ci sono solo due corsie per senso di marcia ed è priva di corsie d’emergenza. È lunga 440 Km (mi dice il signore che mi sta dando il passaggio), ma di questi 120 Km sono cantieri di lavori in corso.
Ma veramente?
Quindi, riassumendo (gli dico), per raggiungere la Campania dalla Calabria è possibile: prendere un treno antidiluviano che viaggia su una ferrovia con una sola rotaia, oppure in alternativa percorrere un’autostrada che per un quarto della sua lunghezza è in fase di ristrutturazione (e lo è dal 1997) o, nel migliore dei casi, volare con una compagnia aerea nazionale che applica prezzi da monopolio?
Lui resta indifferente. Non sembra preoccupato dalle condizioni dell’autostrada. C’è abituato. Da queste parti sono tutti distaccati. Ridono e se ne fottono. Beati loro. Quando mi arrabbio per l’ennesimo cantiere che genera una coda infinita, mi dice conciliante che almeno la Salerno-Reggio Calabria non è ancora a pagamento.
Ma presto lo sarà.
Ci vogliono 6 ore per percorrere quei terribili 440 km. Alle 8 di sera mi ritrovo a Salerno. Senza un soldo per dormire, né mangiare, stremato da 14 ore di viaggio terrificante.

Capitolo quinto – comincia l’Italia
Il signore che mi ha dato il passaggio salutandomi mi urla che da adesso il viaggio sarà confortevole. Sono a Salerno!
Finalmente sono arrivato in Italia!
Che vuol dire? Ma il concetto mi si chiarisce subito: salgo di nascosto su un treno per Roma. E ci arrivo in sole 3 ore.
Metà viaggio è andato! Sono nella caput mundi, ma non ho tempo per fare il turista: è mezzanotte e sto morendo di fame. Coi pochi spiccioli che ho in tasca mangio un panino e cerco di capire quale treno devo prendere. Per abbreviare potrei arrivare a Milano e poi muovermi verso il Piemonte. Devo comprare il biglietto, su questo treno non si può proprio salire senza.
Sorrido al bigliettaio e uso la mia carta di credito.
Solo tre ore dopo, alle 3.15 sono a Milano.

Capitolo sesto – l’ultimo tratto
È notte, non girano controllori a quest’ora. Salgo di nascosto su un treno locale e alle 5.45 in punto raggiungo Ivrea.
Ce l’ho fatta!! In poco meno di 24 ore. Sono alle porte della Val di Susa.
Ricapitolando, ho percorso i primi 650 Km in oltre 14 ore ed i restanti 950 Km in poco meno di 10 ore.
Comincio a capire: l’alta velocità, il ponte sullo stretto, la TAV, le grandi opere vivono coprendo, schiacciando il rumore di fondo di migliaia di persone rassegnate, incolonnate all’infinito, oppure sedute in stazioni fatiscenti ad aspettare.
Perché?
Trovo un passaggio per la Val di Susa, e arrivo in orario per l’inizio del corteo.

Capitolo settimo – l’intervista
Non posso crederci.
Ma questo è davvero un gigantesco colpo di culo! C’è la RAI che intervista i manifestanti. Se riesco a farmi intervistare Valentina mi vedrà e ci farò una figura splendida, altro che impegno civile, sarò un eroe!
Mi avvicino alla telecamera. La cronista mi vede, mi indica. Il cameraman mi inquadra e mi ritrovo con un microfono davanti la faccia.

– Ci dica, anche lei qui al corteo? Quali sono le sue motivazioni?

Mi preparo a recitare il mio discorso impegnato quando, un altro passante mi appella irritato:

– Sì, dimmele le tue motivazioni!!! Ma lo sai che senza la Torino-Lione il Piemonte sarebbe isolato dall’Europa? Che le linee ferroviarie esistenti sono del tutto sature? Che la TAV è indispensabile al rilancio economico del Piemonte? Che la TAV toglierà i TIR dalla valle? I Valsusini sono egoisti, non pensano agli interessi dell’Italia. Lo sai che la Torino-Lione porta lavoro ai piemontesi? La linea è quasi tutta in galleria! Ma che male vi fa? Quest’opera fa bene all’economia e mette in moto capitali privati. Chi è contro la Torino-Lione è contro il progresso. La lotta contro la TAV è pilotata da frange estremiste che “usano” i valsusini. Ecco… è la gente come lei che rovina l’Italia!

L’intervistatrice mi lascia spazio per rispondere. Ma, devo essere sincero, non so nulla sulla TAV e onestamente dopo 24 ore da incubo sono davvero stanco e non trovo nulla da dire. Resto zitto e la cronista passa il microfono al mio vicino.

Epilogo – SMS da Valentina
Ciao. Ho visto al telegiornale quell’intervista penosa in cui ti sei reso protagonista. Finalmente ho capito di che pasta sei fatto. Sei un qualunquista. Non sei capace di sostenere nessuna opinione, non hai il minimo impegno civile. Non basta prendere un aereo e farsi una scampagnata in Val di Susa per essere un combattente… mi spiace, sono molto delusa. Non voglio vederti mai più. Addio.

8 thoughts on “Treno

  1. Ho capito che questo racconto era geniale quando ho letto che per andare a manifestare NOTAV il protagonista era costretto ad andare in treno… scontrandosi con la realtà dei collegamenti interni carenti (linee ferroviarie e treni maltenuti, monopoli aerei, autostrade indegne, ponti mancanti…)

  2. Sì, Andrea, a parte la stupidità del protagonista, l’idea era proprio questa. I treni in sud Italia fanno schifo! Pensare alla Tav quando ci metti 24 ore per arrivare a Milano da Palermo è più che assurdo!!

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