– Come nel set di un film –
Questo potrebbe sembrare, a una lettura superficiale, un articolo anti-semita. Beh non lo è, non perché mi piaccia essere politically correct, ma solo perché ci sono cose, eventi e situazioni che meritano assoluto rispetto. Tuttavia, devo esternare l’enorme disappunto che da due settimane a questa parte domina la mia mente: ma come cazzo vanno in giro gli ebrei ortodossi?
Torniamo indietro di qualche settimana. Mi trovo di nuovo a Londra, dopo una piacevole parentesi palermitana che mi ha ricaricato le pile decisamente scariche, per inseguire un sogno, quello di diventare una make up artist. Pare che ci sia riuscita, ma non voglio parlare di questo.
Mi trovavo nella complicata situazione di dover cercare nuovamente casa dopo settimane di vagabondaggio immobiliare che mi ha sfinito fisicamente e mentalmente.
Rispondo quindi ad un annuncio sul famigerato sito gumtree, vado a vedere la casa che fortunatamente distava pochi chilometri da quella topaia in cui avevo vissuto fino a quel momento.
Salgo sul bus, mi siedo lato finestrino e osservo il passìo.
Ne vedo uno, poi un altro e un altro ancora. Strano, mi dico… Ci sarà una festa in maschera o qualcosa del genere. Scendo dal bus, ne incontro svariate decine, figure nere che camminano svelte, guardando per terra.
Noto strane donne che indossano curiosi capellini che sembrano usciti da un guardaroba degli anni Trenta, indossano lunghe gonne nere al ginocchio e calze color carne che neanche mia madre oserebbe indossare più.
La curiosità è tanta. Mi sorprendo a fissarli… Gli uomini indossano lunghi pastrani neri, panciotti neri, camicie candide e giganteschi cappelli a tesa larga, dai quali fuoriescono strani riccioli… ma certo! Mi dico, sono gli ebrei ortodossi! Confesso di non averne mai visto uno quando vivevo a Palermo, e neanche a Londra. Sono letteralmente rapita. Capitemi, non capita tutti i giorni di trovarsi faccia a faccia con una realtà così. Siamo abituati a vedere le donne col velo, con i sari, o gli africani con i loro sgargianti abiti tradizionali, ma niente paragonato all’enorme curiosità che questa comunità mi suscitava.
Per farla breve, prendo casa a Stamford Hill, che scopro essere la zona con più alta concentrazione di ebrei ortodossi e quando dico alta concentrazione, credetemi, non sto esagerando.
Il mattino dopo, esco di buon’ora per recarmi a scuola. Salgo sul bus e vengo letteralmente investita da centinaia di ragazzine e bambine e bambini della comunità. Anche loro, povere creature, “costrette” in abiti tradizionali; lo trovo curioso. Dove vanno? A scuola. E non una scuola qualsiasi, ma negli istituti ebraici chiamati yeshiva disseminati un po’ in tutta la zona, dove non si fa altro che studiare la Torah, che rappresenta il fulcro centrale della fede ebraica.
Mi documento e scopro che gli haredim (così vengono chiamati) costituiscono una vera e propria minoranza, rifiutano la politica del governo israeliano e la visione “sionistica” e rispettano solo le leggi della Torah.
Tuttavia si suddividono in svariate decine di differenti comunità. Perdonate l’ignoranza, ma non saprei proprio dire a quali delle differenti frange appartengono i miei bizzarri vicini.
La comunità partecipa attivamente alla vita commerciale ma non a quella sociale, a meno che non riguardi strettamente festività ebraiche. In pratica, se mi venisse in mente di chiedere a un ragazzo ebreo di uscire a berci una birra, il tipo in questione sarebbe autorizzato a maledirmi in saecula saeculorum. Amen. Dopotutto, non ci tenevo poi tanto.
Mi verrebbe voglia di fermarmi a chiacchierare con loro, ma non ti guardano neanche. Le donne camminano veloci circondate da nidiate di figli di tutte le età.
Sapete che le donne indossano parrucche? Il sospetto mi venne e mi fu confermato una sera da una ragazza ebrea (non ortodossa!) con i Pixies in sottofondo.
Da quel momento in poi cominciai a notare che avevano tutte la stessa pettinatura. O andavano tutte dallo stesso parrucchiere o la storia della parrucca era vera!
E quegli strani riccioli? Le chiedo.
Quelli si chiamano peot, perché secondo il Talmud, gli uomini non devono radersi e devono lasciarsi crescere i capelli ai lati della barba.
Il giorno che vidi un ragazzino completamente zuppo di pioggia tentare disperatamente di farsi i riccioli, irrimediabilmente pisciati, con le dita, gridai allo scandalo: non hai i riccioli, rassegnati e lasciali così!!!
Lo so che mi troverete esagerata, ma a me mettono un po’ tristezza. E poi mi sembra sempre di essere dentro il set di un film.
Pian pianino mi sto abituando, ma i primi tempi devo aver avuto l’aria di una maniaca sessuale… non facevo che osservarli, registrando ogni cosa. Ad esempio, il sabato gli uomini dismettono gli abiti usuali e si vestono “a festa” per lo shabbat. Lo shabbat è il giorno di riposo, giorno in cui ogni attività viene interrotta. Per l’occasione i maschi della comunità indossano enormi copricapo in pelliccia di volpe e indossano il talet, un lungo mantello che usano per la preghiera. E se piove? Sono attrezzati anche per quello! Non usano ombrelli, bensì strani cappellini impermeabili per le donne e copricappelli impermeabili per gli uomini!
I miei vicini, seppur strani nel modo di abbigliarsi, sono pacifici, non urlano (al contrario dei polacchi che vivono dietro la mia dannata finestra) e vivono la loro esistenza all’interno della comunità.
A me non rimane che sperare un giorno di riuscire a infiltrarmi in casa loro e scoprire come vivono, fino ad allora mi accontenterò di osservarli incuriosita.