La Maschera Scarlatta di Palermo – Filastrocca della nobiltà

Orsù mi presento, io son la città
che i greci chiamaron “tutto porto” in realtà.
La faccia che più mi ha onorato in beltà
altri non è che la mia nobiltà.

Di lei vi darò notizie sincere,
dei suoi quattro amanti vi farò sapere,
di come per loro essa cambi volere
mutando di abito tutte le sere.

Dapprima danzò su barocchi palazzi
sfiorando fontane, facciate ed arazzi,
giocò con i fili di loschi pupazzi,
che poco tardarono a dirsi dei pazzi.

Regnanti, potenti, dormiron tranquilli
tra le sue braccia piene di spilli,
di spada e di sangue, sì forti gli assilli
che infine finiron per esserne brilli.

Ricchezze e blasoni si resero grati
per fare la guerra furon creati
ma poi di saccheggi, stupri e reati
giunsero ad esser in fin condannati

Non vi è affermazione più giusta che sia,
non sei più la stessa, oh nobiltà mia,
quei quattro motivi di cui sei in balia,
ogni tua immagine si portano via.

Il primo è un signore, si chiama Moderno,
che insiste ogni giorno con fare fraterno,
vuol cambiar motivo facendone perno,
sul risultar vecchio di inverno in inverno.

Poi ecco la Moda, compagna di letto,
che per ogni affare ne vede il difetto,
che stringe la cinghia chiedendo rispetto
perché l’importante risulta l’aspetto.

In più v’è l’Orgoglio, compare d’annata,
che mostra il suo oro in manier ostentata,
fingendo abbondanza che sia smisurata
per quindi poter brillar di facciata.

Infine la Crisi, signora in mutande,
che snocciola scuse, dormendo su brande,
corrode la mente con certe bevande
portando reazioni ormai troppo blande.

Ma cosa volete, continuo a sognare
che questa mia storia possa cambiare
ma quello che accade non po’ controllare
per cui mi dovrò a ciò rassegnare:

di grande abbondanza, che ormai non c’è più
mi riempio la panza e la chiamo virtù
seppur sia arroganza, ne faccio tabù,
continuo ad oltranza e non ci penso più.

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