di Gregory Di Giovanni
Il periodo è molto fecondo per il mondo del bio e per tutte quelle persone che amano gli animali e il cruelty free.
In questo 2015 la scuola di pensiero bio ha invaso il mondo con diete specifiche, siti, apps culinarie, campagne martellanti sui social e nei programmi televisivi.
Si calcola che sempre più persone nel mondo abbiano oggi abbracciato una dieta priva di carni in favore di un’alimentazione più orientata ai prodotti forniti da madre terra, sia per un discorso di maggior attenzione al benessere personale che per volontà specifica di massimo rispetto per tutte le forme viventi. Un’autorevole statistica del Meat Atlas 2014 rileva che nel mondo ci sono circa 375 milioni di vegetariani e che sempre più aziende hanno deciso di investire in un settore sempre più corposo che fino a qualche anno fa veniva considerato di nicchia.
Così, ormai in ogni buon supermercato si trovano prodotti bio di media-buona qualità, dal classico tofu, passando al meno conosciuto seytan.
Onore al merito dunque a tutte quelle persone che cercano di migliorare il mondo con un “piccolo” gesto quotidiano e che cercano di far sì che con il loro contributo si possano salvare quanti più animali possibili dal macello e dalle torture che hanno come fine una succulenta portata di carne sulla tavola imbandita!
Per molte persone non è tuttavia assolutamente facile diventare vegetariani e chi prova a diventarlo spesso torna a malincuore alle proprie vecchie abitudini, mentre altri trasformano radicalmente la loro vita.
Ma cosa succede se a tavola ad una cena tra amici si incontrano vegetariani, carnivori e soggetti che “non sono né carne né pesce”? Sì, perché esiste anche questa nuova figura: l’ibrido tra il carnivoro e il vegetariano, nuova creatura che vorrebbe tanto diventare vegetariano ma non ce la fa o non è ancora pronto e per questo ha trovato una via di mezzo nel suo approccio col cibo. Il “né carne né pesce” mangia in realtà entrambe le cose anche se limitatamente e ha ridotto magari del 90% la sua razione mensile di carne, ma non per questo può considerarsi un vegetariano!
Ma appunto cosa succede a tavola se il commensale mangia solo alcune cose ma non tutto? Che succede se si professa vegetariano ma “assaggia” ancora carne? Probabilmente, per i vegetariani è un finto vegetariano e quindi è uno che sta nella sua fase “capriccio”. E per i carnivori? Uguale! Il povero “né carne né pesce” sicuramente percepirà lo scetticismo altrui e si sentirà in imbarazzo, non si sentirà capito e magari la sua frustrazione nel non riuscire ad evolversi non gli farà comunque gustare la cena.
Alla fine forse, l’unico che apprezza davvero il “né carne né pesce” è colui che ha organizzato la cena, perchè diciamocelo: organizzare una cena per molte persone è spesso un massacro, ma se tra gli invitati ci sono vegetariani, intolleranti, vegani o altro, sai cazzo che gran rottura di coglioni?
Certo non sempre le posizioni sono tutte bianche o tutte nere, e non è detto che i commenti o i pensieri siano sempre così superficiali, ma spesso e volentieri, senza falsa ipocrisia, possiamo dire che è cosi.
A me piace pensare che ciò che fa il nostro nuovo soggetto è un grande atto di fede verso gli animali e che, anche se non raggiungerà mai una posizione totalitaria e non diventerà mai un vegetariano né tornerà mai un completamente carnivoro, con le sue “grandissime” (per lui) rinunce avrà salvato nel suo piccolo almeno 2 animali all’anno dal macello.
Voi che ne pensate? Meglio un carnivoro oggi o un vegetariano domani? O meglio chi sta nella terra di mezzo?
Ciao Greg,
i né carne nè pesce adesso hanno un nome: reducetariani. Il nome fa schifo (da To Reduce, in inglese ridurre, la carne ovviamente), ma almeno in una parola si riassume lo status da te descrito.
Meglio un reducetariano subito che un carnivoro pentito fra 50 anni! Sicuramente chi riduce dal punto di vista salutistico conduce una dieta quasi perfetta, e le vite salvate (o non uccise punti di vista) sono numerose.
Io sono vegetariano da una vita (è proprio il caso di dirlo), e sono abituato a sapere che il mondo la pensa diversamente da me: un tempo ero l’unico vegetariano che conoscevo, da qualche anno è scoppiata la moda, o forse una maggiore consapevolezza e non mi sento più così tanto strano, ma in buona compagnia. I vegetariano a loro volta però sono visti malissimo da alcuni vegani: sono un gradino inferiore, coloro che non sono riusciti a fare il grande salto. Sebbene apprezzi i vegani che hanno le loro ragioni e si impegnano per portale avanti con sacrificio, non mi piacciono i modi totalitari di alcuni, che sicuramente ottengono un risultato contrario a quello voluto. Anche qui: meglio un vegetariano da 30 anni che un vegano da 2. Ma per molti è difficile capirlo.
Per quanto riguarda le cene dagli amici, i ristoranti e i matrimoni invece essere vegetariani (o vegani) rompiballe ti da la possibilità di mostrare che ci sono delle alternative, sollevare il problema e spiegare le ragioni (a chi te lo chiede). Inoltre può far capire sia a chi cucina che a chi mangia che le alternative vegetali cucinate con amore e attenzione sono buone e sane. Non ti nego che quando qualcuno porta 2 teglie di pasta una per “onnivori” e una per “vegetariani” mi commuovo quasi e apprezzo tantissimo. Il “diverso” (e mi riferisco a tutti i tipi di diversità) è sempre scomodo, bisogna pensare con logiche diverse e adattare la “normale” società a queste minoranze, ma grazie a questo si cresce.
Appoggio appieno quello che hai scritto.Il termine lo conoscevo ma a mio avviso è un obbriobrio di termine ahahah.E’ bello pensare che ad una cena tra amici ci possa essere attenzione per tutti e che il “diverso”possa essere un qualcosa in piu’.