E alla fine sono tornata. Sì, ho fatto il percorso inverso prendendo un aereo Londra-Palermo di sola andata, ho mollato tutto: stanza, amici e carriera per tornare a Stigghiolandia, in barba a tutte le statistiche di sto cavolo che dicono che noi giovani (oh, ancora per poco, ma sono ancora nella categoria “GIOVANE”), ce ne andiamo a frotte dall’Italia, il che è anche vero ma dopo tre anni di Londra e di, nell’ordine: bambini a cui badare, metro da prendere per attraversare la città, coinquilini che “la pulizia non è il mio mestiere”, cibo demmerda che t’ammazza le papille gustative (sono andata in overdose da kekab, ora non posso sentirne neanche l’odore senza star male!) e, soprattutto, rientrare in una casa vuota dove nessuno, ma proprio nessuno, ti aspetta, mi hanno convinto che la soluzione giusta fosse rientrare alla base.
Devo ammetterlo: Londra comincia a mancarmi, mi mancano le lunghe passeggiate al parco, la birretta coi buddies di sempre all’Old George di Bethnal Green, i pic nic improvvisati con le schifezze prese al Tesco, le foglie di Hyde Park in autunno, i vestiti comprati al Charity Shop, i Mocha, le caffetterie indie di Brike Lane, le bancarelle di Covent Garden, le luminarie di Natale, il mercato all’aperto di Waterloo, i caffè sui battelli di Paddington e tutte quelle cose che rendevano Londra, la metropoli più caotica del mondo, un luogo del cuore.
Sono stati tre anni intensissimi, che mai dimenticherò, perché niente più sarà mai come prima.
Neanche Palermo è come l’ho lasciata; non so ancora dire se per fortuna o purtroppo, ma passeggiare tra le sue vie non mi provoca più brividi lungo la schiena, talvolta ho paura, perché sembra sempre di più un far west e i luoghi che amavo frequentare adesso faccio fatica ad amarli nuovamente, come se non avessi più la voglia di ri-scoprirla e ri-amarla. Forse le ragioni del mio ritorno interessano solo la mia sfera personale, e hanno poco a che vedere con la nostalgia che, fortissima, un tempo ho provato. Mi sono arresa di fronte a un’evidenza: se potessi me ne andrei anche domani. Ma nel frattempo, cerco di vivere la mia nuova vita, nella mia nuova casa, con il mio nuovo lavoro, con l’uomo che amo, come se questo leggerissimo “male di vivere” non mi toccasse: che io abbia fatto passi indietro?
Me lo chiedo tutti i giorni a dire il vero. Avevo una carriera che stava prendendo il volo, ma l’ho mollata sul più bello perché non reggevo più lo stress di vivere senza regole, senza stabilità… Tornare mi è servito a capire che non ho bisogno di stabilità ma di caos, quel caos che solo io so dove trovare, quel caos che alberga dentro di me e che mi porto appresso ovunque vada, non importa se vivo a Londra, a Palermo o a Berlino. Io ci tengo al mio caos e non ho voglia di stabilirmi, di costruire una casa di mattoni, fare un mutuo e vivere per pagarlo, e grazie a Londra questo mi è più chiaro che mai.
Questo per ora è l’ultimo episodio di una “saga” cominciata tre anni fa, ma chi lo sa che io non possa riaprire il capitolo lasciato a metà.
Letto per prima… sperando tutto il tempo in un finale diverso!
Non credo sia l’ultimo episodio, anzi: credo che questa saga sul tuo modo di vivere i luoghi e te stessa nei luoghi potrebbe continuare all’infinito, proprio come il tuo caos personologico (: Anche perché non credo che lui ti lascerà mai “in pace”: mai smetterà di coniugarsi alla tua creatività e sempre ti consentirà di cambiare idea altre volte (molte?).
Credo poi una cosa che “ho visto”: innanzitutto, prima di Palermo, sei cambiata tu: più stabile, più presente con la testa, aperta a modi diversi di vivere e di divertirsi… più dentro le cose e le persone, se vogliamo? Più stabile anche come abitudini: una casa, un uomo importante (chiddici?!? (: ), dei progetti insieme, che non sono mattoni di cemento, ma sono mattoni e tu sei qui!
…Certo, questa mia impressione è mediata dall’evidenza che anche il nostro rapporto è cambiato…
Ma Palermo… Beh, Palermo è un far west, sì. Ma se da abitante dovessi dire se è peggiorata…. no, non lo direi. Direi che il suo caos migra, ma che è sempre lì… accanto però a delle cose buone. Il centro vivibile… non è poco. Sto meglio al solo pensiero che oggi sia così. Le vie dei tesori. Piccoli restauri più veloci del solito. Minirobe dentro il far west… Prima ce le sognavamo!
E che dire… certo, il mini non è mai il massimo e quando torno dai miei viaggi fuori sono triste e delusa e malinconica per ciò che mi aspetta qui. Poi penso anche che sì, siamo indietro, indietrissimo, ma da qualche parte bisogna cominciare. Non possiamo solo condannarci all’infinito restando fermi e inconsapevoli. Il prosciutto sugli occhi è anche quello di chi non vuole vedere le minuscole luci che iniziano a germogliare. Sono piccole e non è semplice vederle, questo è certo.
E niente, penso che ovunque tu sia, anche qui stesso, tornerai ad amarla; ma guarda: sono cambiati anche i tuoi modi e i tuoi tempi di stare con lei, oltre che lei.
Questo è un augurio (:
Sono indeciso se mi piace più il post o il commento. Entrambi.