AA.VV., a cura di Leonora Cupane
Riesci a non perderti?
Quel poco di alcool che ho bevuto è sufficiente a lanciarmi in un piano sequenza
ci rincorriamo
e poi ci rialziamo
non gettarmi nel baratro
dell’incompreso, nella trappola
dell’odio ottuso
non ritieni necessario arrivare
a tale punto di dolore
come falò sui tetti di case che non sono la mia
scalpitano cavalli silenziosi
sulle mura lattee della mia galassia
la sala è buia ma i roghi non
la illuminano
solitudini vigliacche,
onanistiche mortiferìe.
Devo provare a dimagrire fuori e dentro
e il fuoco, fuori da ogni controllo,
accarezza i cartelli stradali.
Freddo sconfinato
se c’è silenzio si sentirà solo
il cinguettio senza sosta di
usignoli cancerogeni.
Interferenze sul presente
del passato e del futuro.
A costo di ricominciare tardi, tutto daccapo
lasciati salvare dal tempo che è passato
cercano genti senza speranza
càlati in quel letto
io già non voglio che finisca
che ci faccio qua? Voglio casa e coperte a torri alte.
La sua carne è la mia burrata
nell’area intorno al cuore
adesso l’aria è rarefatta
ci rincorriamo
e poi
ci alziamo
usa i volti, le parole, le paure.
Ma poi, figurati, come fai
a salvarla?
La neve inaspettata su queste reti;
non gettarmi nel baratro dell’incompreso
nelle trappole dell’odio ottuso.
Meglio restare. Almeno qui
torna su canali di armonia e serenità
gli spari ci fermarono,
nuova angolazione.
Adesso interferisce la consapevolezza anche dolorosa
che esisti, che decidi, che scegli
perché non abbattere i muri
forse un giorno ci ricorderanno che non
esiste un unico flusso di pensiero,
in compagnia dell’udito mio vigliacco;
scalpitano tempi disarmonici e
arpeggi dispari,
forse pioverà anche dentro,
voglio casa e coperte a torri alte
ti staranno addosso
e così nascono le parole…
è albero?
Devo scrivere
ma sono bloccato.
Forse qualcuno ci spiegherà cosa è successo.
Non lasciare incendiare quel che ti resta, Serena,
frutto del passato e semi del futuro.
Stavolta
nessuno mi è venuto
addosso
ci metteremo a guardare
le carte geografiche.
Liquidi rossastri, emozionati – richiedenti – vogliosi di giustizia,
impauriti
schiaccianti.
Vorrei aprirti il cranio per
vedere se è rimasto niente
per me,
oggi i ricordi mi disturbano.
Le mie abat –jours non sembrano roghi…
trascinata attraversata da emozioni che agglomerano
proprio oggi, ancora una volta,
ho capito che non ho risposte.
Mani e voci mozzate
ma è il fuoco,
il rogo
ciò che mi interessa.
Io già non voglio che finisca perché
mi scioglie le gambe questo rock
interferenze
sui capelli, sul corpo, su di noi appesi
quel poco di alcool che
ho bevuto è sufficiente
a lanciarmi in un piano sequenza.
Non arrivammo mai al mare,
gli spari ci fermarono,
il dondolare delle acque incontra
venti sequenziali di grano e carità;
sono preoccupato
non so che domani sarà,
rimangono sinistramente
impiccati
si accendono idee, sorrisi, non so.
Non arrivammo mai al mare.
Adesso la consapevolezza che esisti,
che decidi, che scegli
domani, forse, pioverà anche dentro.
Ancora non eseguo ciò che dico,
il giorno che lo farò sarà una tragedia per tutti.
Camere gestazionali,
incolte.
Devo rifare tutto
daccapo.
* Questo testo nasce da una ventina di penne nell'ambito del reading-laboratoriale "Interferenze sul canale del presente" - titolo inspirato alla poesia "Abattoir" (che trovate qui) - svoltosi in collaborazione col Centro Studi Narrazione "Le città invisibili" il 15 novembre 2015. Un fortissimo ringraziamento a tutti gli Autori!
Ci tengo a ringraziare ancora pubblicamente Leonora, insegnante e mentore, per la pienezza di un’esperienza di scrittura simile (: Ad maiora!