Porti nel sacco il mio organo a pezzi asimmetrici, ben salati, pepati,
come decenni fa,
quando si conservava la carne in mezzo ai chicchi di sale grosso
per poi mangiarla a Natale,
fra i parenti larghi,
e spiegare che la vacca era grassa e succulenta
e le erbe con cui l’hai nutrita saporite.
Finché da lei non ne hai avuto troppo, di latte.
Ché era vecchia,
ed era giusto nutrirti del suo amore non ricambiato per te
e prenderne una nuova. Vacca.
Cieco agli occhi inconfondibili di Lei,
quella vacca marronemerda
aveva imparato a riconoscere il tuo odore,
le tue mani sulle sue mammelle da latte fresco,
molto prima che tu potessi riconoscere Lei
tra le altre
che credi di
“AVERE”.