L’educazione da parte dei genitori è solo una parte di ciò che forma un bambino: la scuola incide parecchio, i coetanei, le esperienze vissute da soli o in compagnia, la TV, i videogiochi, i libri, ciò che un bambino vede e ascolta… e non sempre i genitori sarebbero felici di scoprire quali tasselli contribuiscono a formare il puzzle educativo dei propri pargoli.
A volte i genitori non fanno caso a certe atrocità che vede, sente o canta il proprio bimbo. Altre volte sono proprio i genitori a cantarci le peggiori versioni delle più note filastrocche. Questa canzoncina per esempio ci infonde fin dall’infanzia quel senso di insicurezza che ci porteremo dietro tutta la vita: “Ma i miei genitori mi hanno concepito desiderandomi o sono nato per sbaglio? Sarebbe l’unica spiegazione possibile al fatto che neanche son nato e già vogliono disfarsi di me…”
“Ninna nanna, ninna oh,
questo bimbo a chi lo do?
Se lo do alla Befana,
se lo tiene una settimana.
Se lo do all’uomo nero,
se lo tiene un anno intero.
Se lo do al Bambin Gesù,
se lo tiene e non ce lo dà più.”
I genitori, dopo avervi insegnato a diffidare di loro, vi insegnano anche che gli uomini barbuti sono pessima gente. Se vostro padre ha la barba diffidate due volte! D’altronde siete ancora neonati piccini picciò.
“C’era una volta una donnina
piccina piccina piccina picciò
che abitava in una casina
piccina piccina piccina picciò
e aveva una gallina
piccina piccina piccina picciò[..]
Venne un omone
con un barbone
e una gran bocca spalancò
e la donna
tanto piccina
in un boccone tutta mangiò.”
Praticamente ci insegnano a discriminare i barboni sin da piccoli!
Alcune filastrocche hanno dei testi davvero scorretti, tristi o spaventosi, nonostante la musica che accompagna le parole sia allegra e strida un po’… vogliono confonderci, e dopo averci spaventato, cercano di indorare la pillola prospettandoci un futuro povero, ma allegro. Immaginatevi, per esempio, di essere poveri e pazzi. Si è appena liberata la casa della donnina piccina picciò. Non potete permettervi di vivere in un posto migliore di un piccolissimo monolocale. Niente bagno e niente cucina, anzi i vostri bisogni li dovete fare fuori, perché è proprio un rudere a tal punto che persino il pavimento è impraticabile, non c’è! La casa fa talmente schifo che qualcuno potrebbe dire che siete dei “senzatetto”, ma voi nel vostro ostinato ottimismo continuate a vantarvi di quanto sia davvero bella, nonostante tutto:
“C’era una casa molto carina,
senza soffitta senza cucina,
non si poteva entrare dentro
perché non c’era il pavimento
non si poteva fare pipì
perché non c’era il vasino lì
ma era bella, bella davvero,
in via dei matti numero zero.”
Ma questo è solo l’inizio di una serie di filastrocche che, da sole, potrebbero traumatizzare persino più della storia della piccola fiammiferaia e del soldatino di piombo messe insieme. La storiella che segue fa il verso alle peggiori tragedie shakespiriane, anche perché tra un larizumpararillallero e un larizumpararillallà si può leggere un certo spensierato sadismo… E poi ci stupiamo se i bimbi torturano insetti e piccoli animali!
“C’era un grillino in un campo di lino
la formicuzza gli chiese un filino
larizumpararillallero larizumpararillallà
Disse il grillino: che cosa ne vuoi fare?
Scarpe e camicie, mi voglio maritare.
larizumpararillallero larizumpararillallà
Il grillo disse: – lo sposo sono io! –
la formicuzza: – sono contenta anch’io –
larizumpararillallero larizumpararillallà
Andarono in chiesa, a scambiarsi l’anello
cadde il grillo e si ruppe il cervello.[…]
Eran le otto che di qua dal porto
Si sentì dire che il grillo è bell’è morto.
larizumpararillallero larizumpararillallà[…]
La formicuzza per il grande dolore
con le zampine si trafisse il cuore.”
Una sola domanda: perché canticchiare ai bambini una storia del genere?
La verità è che ai bimbi si può dire tutto, purché lo si faccia canticchiando in rima con la solita melodia di fondo che tutto autorizza. Se raccontassi ad un bambino una storia il cui protagonista è un barbone (quello di cui avete imparato a diffidare sin da piccoli) stitico, costretto a defecare sotto un ponte, al freddo, perché la casina piccina picciò in via dei matti dove ha mangiato la donnina piccina picciò è sprovvista di cesso, pensereste di certo che non è una storia adatta ai bambini. Ma se continuando a raccontare la storia aggiungessi che questo barbone, che chiameremo col nome di fantasia Mimì, o Pierin, viene notato da un medico molto curioso che ne misura le sue feci ancora calde? Pensereste che sono una persona orribile. Ma con la giusta musica tutto è giustificato e acquista un senso:
“Sotto il ponte di Baracca
c’è Pierin che fa la cacca.
La fa dura, dura, dura,
il dottore la misura.
La misura è trentatré
uno, due, tre.”
La misura è chiara a tutti, 33, ma non mi è mai stata chiara l’unità di misura… sarà la lunghezza in cm? O è talmente dura da volerne misurare la densità?
“Sotto il ponte di Baracca” non è di certo la peggiore delle filastrocche… vi racconto come prosegue la vicenda.
Lo stesso dottore coprofilo, distratto dalla sua passione per le feci, trascura l’educazione di sua figlia; un giorno, tornato a casa dal suo lavoro di misurazione, sorprende la sua bambina sdraiata su un comò intenta a fare un’orgia zoofila con Cocò, Cicì e Ambarabà, le sue tre civette. Pensereste che sono un pervertito… persino il dottore coprofilo è vittima di un’ischemia nel rendersi conto di quanta perversione regna in casa in sua assenza. Questa storia l’abbiamo sentita tutti:
“Ambarabà ciccì coccò
tre scimmiette/civette/galline sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore;
il dottore si ammalò:
ambarabà ciccì coccò!”
Io non so se “Passa Paperino / con la pipa in bocca / guai a chi la tocca” si riferisce ad una vera pipa, a questo punto della mia analisi non mi stupirei più di nulla, ma la filastrocca che segue sembra raccontare impunita la storia di incesti familiari ripetuti più e più volte:
“Tocca manina che viene papà
in groppa al cavallo ti porterà
ti porterà a cavallo alla vigna
tocca manina che viene papà.
Tocca manina che babbo è venuto
un uccellino lui ti ha portato
un uccellino pronto a volare
tocca manina che babbo è venuto.”
Io conoscevo la versione soft della storiella del papà che portava cosine, ma la versione hard a quanto pare è ancora più famosa. Non c’è bisogno nemmeno di commentare!
Quando cresciamo vogliamo trovare il senso delle cose, leggiamo la malizia dove non c’è (c’è… c’è!), ma il bello delle filastrocche è proprio che non hanno senso. Se casca mondo è fantastico, se fai la penitenza puoi guardare in su e in giù dopo aver lavato i fazzoletti e allora puoi baciare chi ti pare! Ma soprattutto da bambino sei così potente con la tua fantasia che, se Pinco Panco incendia la tua casetta in “Canadà”, non fa niente, tu puoi ricostruirla tutte le volte che lui te la incendia, i mutui non esistono e nemmeno la fatica, basta cantare!
È così che vogliamo i nostri bimbi, spensierati e ingenui! Bimbi per l’appunto!
Ahahah, bella idea, ma come ti é venuta?
Una ipotesi che potrebbe spiegare tali orribilità é che i genitori dovevano trovare mezzi per canalizzare noie, frustrazioni e aggressività :p e cosí le infila(va)no nelle canzoncine!
Possibile, ce la vedo una neomamma stressata dai continui pianti del poppante serrare i denti e cantare con finto amore
“Ninna nanna ninna oh…Questo bimbo a chi lo do?”… pensando davvero se scaricarlo ai nonni o al papà…
stress o depressione post parto? :P
Ahahaha Grande Andrea! Comunque avendo studiato una materia chiamata “letteratura per l’infanzia” non sai quante atrocità ho riscontrato in tutte quelle belle favolette!
immagino :D