Tutta colpa di Charlie Brown

È colpa sua. Tutta colpa sua se non riesco ad accettare una società superficiale che sorride sempre.
Colpa di quel testone di Charlie Brown e dei suoi amici malinconici sempre a zonzo fra i campi sempreverdi dell’infanzia. Colpa di quel bracchetto bianco e nero fissato con la prima guerra mondiale, i romanzi mai finiti e l’ozio sulle cucce vista cielo.
Colpa mia, che ho scelto l’introspezione, la poetica visione della vita, la voglia di far volare aquiloni, le notti buie e tempestose per conoscermi e conoscere il mondo.

Quand’ero piccolo passavano qualche speciale dei Peanuts in tv e ne restavo affascinato.
Vedevo questo bambino che non vinceva mai, che finiva per inseguire a vita i suoi sogni, sconfitta dopo sconfitta, abbattendosi senza mai però mollare. Avevano la squadra di baseball più penosa del campionato eppure non veniva esonerato da un Zamparini qualunque: perché è andata così Charlie, e non si sa mai domani cosa può accadere su quella dannata collina. La dannata ricerca di sé stessi e della felicità. La felicità per Charlie Brown è iniziare un nuovo campionato, provarci di nuovo: costanza, allenamento, speranza, amicizia, valori che oggi non s’insegnano più, o che forse nessuno potrà mai spiegare ad un bambino. Certe cose le impari, le scrivi sulla pelle solo con le ginocchia sbucciate, le spalle sudate, gli schiaffi, le privazioni, l’impegno e – perché no? – il culo: l’infinita variabile che può cambiarti tutto anche senza troppa filosofia. Molti sono i figli del culo dei propri genitori, ma non è una colpa, diventa aggravante però se, pur avendo tutto, non riesci ad essere felice. Lì allora non lo so chi è più depresso: chi effettivamente ha avuto tutte le coppe e le ragazzine dai capelli rossi e non è riuscito a dare un senso alla sua vita, o uno che impara giorno per giorno gioendo delle piccole cose.

I figli di Schulz non sono per tutti: ci vuole pure una certa predisposizione per apprezzare la malinconia, la solitudine, lo struggimento-la dolcezza-la poeticaechepalle; molti trovano ciò molto agghiacciante, mentre io ed altri fortunati, forse, preferiamo scriverle, raccontarle, metterle su un pentagramma per tutti gli altri. Perché la vita è questa:
È fatta di giorni di pioggia che ti fanno apprezzare il sole. È fatta di nuove storie da raccontare, introspezioni, riflessioni, nuovi e vecchi amori da inseguire, “baci che non si è osato dare, delle occasioni lasciate ad aspettare, degli occhi mai più rivisti” delle Passanti di De Andrè; delle pezze sui rimpianti e di anni che passano, mani che costruiscono, innalzano, perdono, dimenticano. Mani con cui piegare la malinconia in cassetti che riapri a quarant’anni, tra i sorrisi, davanti un bimbo che cerca di far volare, inutilmente, il suo aquilone.

È colpa tua Charlie, se sono uguale a te.
Grazie di tutto.

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