Ho sognato di avere quattro anni e di salire su quelle giostre senza nome che girano nei parchi per bambini.
Mentre la giostra girava, puntavo gli occhi al cielo facendo mie tutte le sfumature del blu.
Ho quattro anni mi dicevo, ho ancora due anni di asilo, due interi anni di whisky il ragnetto, corse sui prati, e, se mi mantengo leggero, pure di “vola-vola” tra le braccia dei miei genitori.
Me la posso spassare, non ci sono cazzi, e scusate la parolaccia.
Il mio problema più grande è la pipì a letto, ma supererò pure questo, ci devo riuscire, cavolo!
La giostra gira veloce circondata da alberi ed il blu si mescola al verde: probabilmente a quarant’anni vomiterei pure l’anima, ma non qui, non a quattro anni, non adesso.
Vorrei continuare a dormire, forse è questa la verità, dormire per continuare a girare su quella giostra senza nome a cui ognuno dà un nome diverso; continuare a guardare in alto, e ridere di nuvole a forma di draghi, piselli, gatti, pecore e talpe dal muso stellato… che poi esistono veramente.
Vivere il brivido dell’inconsapevolezza, ancora ignoranti di come giri il mondo senza la fretta di crescere mentendo sul numero delle scarpe, sull’altezza, sul numero di scalini saltati con un solo salto; ignorare il ciclo vitale di ogni essere vivente imparato in prima elementare: nascita, crescita, riproduzione, morte, continuando a pensare di essere immortale, indistruttibile, saltando da un’altalena in corsa; in bici, a tutta velocità sul sentiero più ripido di Monte Pellegrino, terminato con l’abbandono della stessa prima dello schianto contro un albero… vabbè.
Avere coraggio e rischiare senza essere costretto ad accettare ricatti sulle briciole della dignità a tempo indeterminato, part-time.
Siamo la generazione del compromesso che decide di emigrare, sacrificare i propri studi, tagliarsi lo stipendio pur di salvaguardare i propri figli, il loro futuro, lo spelacchiato orticello.
Siamo genitori-bruchi travestiti da farfalle che sperano di far volare le loro crisalidi il più lontano possibile, nel miglior modo possibile, tagliando ovunque, su tutto, pure sulla dignità.
Nel frattempo, il mondo si fa saltare in aria, si rifugia dietro le droghe elettroniche, i sensi, i sogni ammuffiti; la falsa rassicurante provincia, la religione diventata consolazione, rifugio, ghetto, per molti, ma non per tutti, salvezza.
Tutto troppo complicato per un bambino di quattro anni, figuriamoci per un bruco di quaranta con la cervicale.
La giostra gira, ho tutta la vita davanti, altri due anni di asilo, il vola-vola, i nonni, gli amici, le magliette sudate, le bici a tutta velocità, la crisi di mezza età… spicco il volo e scopro terre bagnate dal mare, piante di mirti e ginepri a picco sul mediterraneo, profumo di salsedine, silenzio consolatorio, il suono bianco del mare in lontananza.
Mi sveglia Giulia con un bacio, quattro anni, vuole andare al parco, ci sorridiamo, apre le tende: tra i palazzi vedo un pezzo di blu, qualche albero, un giorno nuovo.
C’è chi non sarà mai genitore perché non se lo può permettere…
Esatto,è trovo questa cosa veramente triste.
e :\
“Siamo la generazione del compromesso”… e quanto fa male, a volte, sto compro-messo?
male male…