di Lucia Immordino
Nella riserva naturale di Biharamulo, nel nordovest della Tanzania, un sentiero sterrato coi ciottoli bianchi porta a un grande banano che rinfresca con la sua ombra delle capanne. Tutt’intorno ispira quel tipico silenzio che precede le grandi occasioni. Alcune donne ornate con paramenti solenni, di celebrazione, bisbigliano tra loro.
Dall’interno di una delle casupole, dopo tanta attesa, al calar del sole finalmente giunge il vagito di un bimbo: è il segnale per cui le donne inghirlandate cominciano un canto ammaliatore, una specie di preghiera di benvenuto per il nuovo nato.
Mentre si lamentano e si muovono come giunchi al fluire della corrente, lo sciamano del villaggio esce dal casotto portando in braccio una neonata con ancora i brandelli di placenta tra le gambine e si allontana dalla comunità.
È una Zeruzeru: il canto ipnotico si pietrifica, il ritmo si frantuma.
Jelani, che vuol dire potente, ha mani e piedi legati, un pezzo di scotch adesivo sulla bocca e un occhio tumefatto.
Da un buco della baracca, dove si trova immersa nelle sue feci e nel suo stesso sangue, vede che fuori è buio. L’ultima volta che ha ripreso conoscenza era in viaggio dentro un tir e le sembrava giorno.
Ha il basso ventre che le brucia: in quanti saranno stati questa volta? Non riesce a muoversi perciò rimane piegata in due.
Da fuori sente parlare, ridere sguaiatamente: voci e lingue straniere. A chi l’hanno venduta? Quando la uccideranno? Perché non l’ammazzano subito?
Lei lo sa il perché: ogni sua parte è preziosa, nel senso che costa molto.
È intontita dal dolore eppure non sta sognando gli spari né le grida che sono esplose così, di botto. Le sembra di sentire pure gente che scappa.
Prova a muoversi ma ha male in ogni muscolo e in ogni osso: a stento riesce ad alzare la testa. Fissa il buco della catapecchia. Un lungo silenzio. Poi qualcuno apre la porta con un calcio. Jelani fa finta di essere svenuta.
Ascolta una donna che grida ordini e subito dopo avverte che delle braccia forti la sollevano dal lordume in cui giace e la stendono su qualcosa di morbido. La donna le lava e le disinfetta il viso (sa che è lei perché lo fa gentilmente). Prova anche a svegliarla sussurrandole con dolcezza.
Forse ce l’ho fatta, pensa, e schiude impercettibilmente l’occhio buono.
Martedì 24 febbraio 2015
IL DESTINO DEGLI ALBINI AFRICANI
Secondo la magia nera africana, gli albini sono esseri dotati di poteri magici. Per questo sono oggetto di violenze e omicidi
di Caterina Gaeta
Una lunga serie di violenze ha come oggetto la popolazione albina in Africa.
A causare i crimini spesso è la convinzione che gli albini siano esseri dotati di poteri magici e che le loro parti del corpo siano di grande efficacia nei rituali magici.
Vengono considerati figli del diavolo – zeruzeru – e secondo le tradizioni locali le loro ossa sarebbero in grado di dissolvere il malocchio.
Secondo alcune testimonianze, con i loro arti si può localizzare l’oro in una miniera, e i seni e genitali degli zeruzeru sarebbero in grado di curare l’infecondità.
In alcuni Paesi dell’Africa il prezzo di mercato di un albino arriva a toccare fino a 188 mila euro. È successo in Kenya nell’agosto del 2011. Ma la pratica è diffusa anche in Tanzania, Zimbabwe e Burundi.
Orecchie, lingua, naso, genitali e arti possono arrivare a valere 75 mila euro. La pelle viene commercializzata sul mercato nero a un prezzo che varia dai 1500 ai 7 mila euro, a seconda dell’età.
Le enormi occasioni di guadagno aumentano l’incidenza di episodi di violenza contro gli albini.
Secondo la magia nera africana, maggiore è il dolore provato dallo zeruzeru, più forti sono le urla, maggiore è il potere presente nell’arto amputato. Addirittura, secondo alcuni credi tribali a violenza sessuale sulle donne albine farebbe guarire dall’Aids.
Nella sola Tanzania, secondo le Nazioni Unite sono stati uccisi oltre 70 albini a partire dal 2000. Ma secondo numerosi attivisti locali, questa cifra sarebbe irrisoria: moltissimi casi non vengono segnalati alle autorità.
Anche gli eventi politici di un Paese, come le elezioni, possono avere un impatto sul numero di crimini violenti commessi contro gli albini. Sono in molti a credere che siano gli stessi politici a fare ricorso a rituali di magia nera.
“Sappiamo che gli informatori vengono pagati fino a 100 dollari se riescono a identificare un albino vulnerabile. Sappiamo anche che gli assassini vengono pagati migliaia di dollari, ma ciò che non siamo ancora in grado di affermare con certezza è chi siano i clienti veri e propri”, ha dichiarato un attivista africano all’agenzia Afp nel 2009.
Dietro forti pressioni da parte delle Nazioni Unite, il governo della Tanzania ha ufficialmente bandito la stregoneria nel tentativo di limitare gli omicidi.
Ho dovuto leggerlo 3 volte per riuscire a seguire le vicende che racconti razionalmente, senza farmi travolgere dal senso di “atroce”. E ancora ricordo più quello che altro…
:(