Ho imparato l’importanza di un sorriso una sera di tanti anni fa.
Ero seduta su una panchina del lungofiume di Siviglia, e ascoltavo in sottofondo lo sciabordare dell’acqua contro la banchina. Un libro alla mano, mi godevo il tramonto dietro Triana. Quelle nuvole enormi che toccavano i tetti delle case colorate e che lasciavano filtrare i raggi ormai quasi ciechi del sole che, giunta la sua ora, si ritirava in solitaria.
Nella panchina di fianco alla mia, un barbone seduto immobile con una borsa, una bottiglia di vino e una radio che gracchiava la diretta di una partita di calcio, mi guardava fissamente. Io sentivo il suo sguardo su di me e lo vedevo con la coda dell’occhio. All’inizio ne ero infastidita poi, a poco a poco, mi incuriosì. Ero curiosa di sapere come facesse umanamente una persona a fissare sempre lo steso soggetto, senza muoversi, senza distogliere lo sguardo, senza lasciarsi distrarre dagli altri o anche solo dal meraviglioso tramonto che stava avvenendo.
Allora cominciai a guardarlo di tanto in tanto, immaginando che abbassasse lo sguardo. Niente: continuava a guardarmi. Passai così un’ora. Poi, a tramonto finito, mi alzai e feci per andarmene, lanciandogli un ultimo sguardo. Il barbone a quel punto iniziò a salutarmi con la mano, mostrando le dita e oscillando l’arto come fanno i bambini. Mi fece tenerezza e ricambiai il saluto con un grande sorriso.
Vidi i suoi occhi illuminarsi e lui sorridermi di conseguenza.
Non sai mai chi incontri per strada ma, tutte le volte, un sorriso è la cosa migliore da donare.
Molto bello…! Con un pizzico di nostalgia per aver visto-vissuto pochissimo Triana; mi ricordo le tapparelle arrotolate però!
:) Grazie Emi!