Sossoldi!

Il denaro non è uno dei miei valori. Da quando ho memoria, combatto con la tirchieria di mio padre, che non dava i soldi della spesa a mia madre accusandola di sperperare; a me i vestitini li comprava la nonna e non mi era concesso di dormire con la luccioletta perché sprecava luce e “la luce si paga!”; poi venne la fase in cui anche i libri li comprava la nonna, come l’università, la psicoterapia, le cure… Infine venne la fase in cui tutto pagavo io perché nella vecchiaia anche la nonna, come mio padre, si era convinta di essere povera e mi dava 5 euro a settimana con cui facevo solo benzina. Ma tant’è: io oramai ero maggiorenne, avrei potuto mollare tutto e fare la cameriera e poi ero andata via di casa, dunque papà non si sentiva in dovere di comprarmi gli assorbenti e la nonna alla fine non era la mamma, quindi ok. Muta. 
A volte mi chiedo come sono sopravvissuta “senza intaccare la mia morale” a questo periodo buio. Sicuramente, abolivo sistematicamente la merenda a scuola per conservarmi i 2 euro che nonna o mamma mi davano ogni mattina, e così arrivavo a 12 euro ogni 6 giorni + i 5 della settimana. In realtà, il punto è che non avevo grandi desideri spendaccioni: mi bastava soddisfare i miei bisogni vitali e studierecci (per cui mia nonna mi ha sempre aiutato fino ai 25 anni), poter andare dove volevo con la mia Cinquecentina verde acqua comprata da mia mamma a 600 euro, e fine. Se poi uscivo e non potevo prendermi da bere, di solito non me ne facevo un problema. Cinema niente. Discoteche e matinée giammai, al massimo pub con discomusic ad ingresso gratuito. I vestiti da Prima Visione o anche al mercatino, ma scelti sempre con il gusto dell’anti-sbrilluccico e dell’anti-ciore. I capelli me li tagliavo (o azzannavo) e tingevo da sola e dal parrucchiere solo per Capodanno. A mare o a scalare le collinette dietro Palermo ci andavamo, con pranzi a sacco e bottigliette d’acqua nello zaino. Mangiare fuori era davvero rarissimo e in ogni caso si sceglievano con cura i luoghi in cui andare una tantum, essendo un intero gruppo di spicciolati! L’oratorio, frequentato almeno fino ai 22 anni, ci aveva insegnato come essere felici con poco: porta party, arancine day, cene casalinghe, cantate in spiaggia, Dawson’s Creek in compagnia, pigiama party nelle case disabitate degli amici con alcool modesto e a poco prezzo, seratine a chiacchierare a casa dei miei… Raccoglievo gli euro e, dopo un anno, riuscivo addirittura a fare un viaggetto in economy class. Mi andava benissimo così: bastava.
Sono sempre stata fiera di ciò che andavo facendo con poco, anche quando le cose si fecero più difficili, dopo i 22: nuovo fidanzato, nuove compagnie, nuove vite. Il mio budget salì di 10 euro a settimana e iniziarono ad esserci i lavoretti: call center, ristorante di famiglia, badare alla pro-zia per 5 o 10 euro di paghetta in più, richieste di elemosina a mio padre in cambio di favori. Ce la facevo, anche se a volte mi ritrovavo a sperare di arrivare a casa con la benzina della macchina in rosso fisso ed a piangere per il senso di impotenza e di ingiustizia, per la rabbia verso mio padre. Ma mi asciugavo e andavo avanti.
Oggi che il denaro non è uno dei miei valori in un certo senso ringrazio questo periodo che mi ha insegnato ad essere fiera di me e a vivere con poco senza disperazioni perenni. Nel tempo, mi sono concessa la laurea specialistica, il parrucchiere più spesso e la scuola di psicoterapia grazie a ciò che mi ha lasciato mia madre andandosene. Avrei potuto infollire e rifarmi di tante privazioni sperperando tutto in 1-2 anni con le migliori scialacquerie, ma per fortuna non ho mai perso di vista l’origine di quel “dono” ed i miei valori non sono troppo cambiati: visto che pranzo fuori ogni giorno, la sera prima mi preparo il cibo e l’acqua da portare con me; ho continuato a comprare vestiti dove mi piacevano, senza bisogno di entrare nelle boutiques; se capita, accetto senza vergogna anche robe usate che mi donano: non vedo perché gettare qualcosa in buono stato solo perché si cambiano i gusti! Anch’io spesso dono cose che non uso più… Lo spreco cieco e indifferenziato che senso ha? Quando a 33 anni iniziai ad organizzarmi per andare a vivere da sola, lo stesso feci per i mobili: presi cose dismesse ma utilizzabili dai preziosi gruppi solidali di fb e mobili inutilizzati di amici e parenti che mi piacevano e che risistemavo, dipingevo, posizionavo con cura e amore vedendone il valore proprio poiché non scontati, non intercambiabili. Ancora la mia casa è così: vi scrivo da una sedia e da un tavolo di vetro che mia nonna acquistò 25 anni fa quando, ancora biricchina, ristrutturò casa in stile moderno, salvo poi ripudiare questa scelta nella vecchiaia, espellere questo modernariato dalla sua casa e riempirla di vecchie robe anni tipo ’30. Amo questo tavolo e, alla mia destra, il credenzone anni ’50 sopravvissuto alle riesumazioni della nonna e a me donato. Ci ho appeso sopra delle cornici che ho dipinto di nero opaco, con accanto una tenda nero-trasparente del mercatino. A dirsi, pare un papocchio poiché non sono una desiner, né una influencer, ma solo un’umile psicologa-quasi-psicoterapeuta che non sa “vendere” le sue mercanzie, ma lo giuro: con poco la mia casa ha un gusto ed è accogliente!

E così arriviamo agli ultimi mesi. Oggi che il denaro non è uno dei miei valori, sto traslocando. Ho affittato con Anto una casetta in campagna dove speriamo di trovare pace dai nostri tanti stress lavorativi. Pagheremo di più, pensiamo di farcela, ma il trasloco… il trasloco! Ho perso il conto di quanto si spende per un trasloco, di quanto stressa fare con poco denaro queste cose che non puoi o sai fare da te. Non ho mai sentito il peso della penuria come ora, che mi ritrovo a non avere ferie, poiché le mie “ferie”, già di per sé non pagate, pur di far quadrare i conti sono fatte di: dipingi, trasporta, pulisci, inscatola, pota, cercaloffertamiglioreperognicosachetiservepurdirisparmiarequalcheeuro, colloquia circa 9 traslocatori perché anche se hai un bivani con dentro poca roba e ti sposti da un 1° piano a un pianterreno ti chiedono 700 euro (!!!), trova una cucina in buono stato ma di seconda mano perché mi piace il bello e le robe Ikea o Centro Convenienza a poco prezzo sono raccapriccianti, dunque meglio l’usato (tanto non mi vergogno!), ora però trova anche il frigorifero e la lavatrice, pensa a tappare le vie di fuga ai gatti prima che li scafazzino dopo 3 minuti di conto dal trasferimento, tutto ciò mentre vai all’Agenzia delle entrate e all’Amap a sbrigare tutto ciò che occorre …e cerca anche di goderti 3 giorni di ferie alla fine per non ricominciare con le scimmie urlatrici nel cervello.

Ecco. Per la prima volta ho pensato che i soldi “sossoldi! Ho invidiato visceralmente gente che paga lo spicciafaccende per andare a pagare le bollette e ho sputato molto veleno simbolico su chi complica vite già complicate con una gratuita e costante cattiveria. Sì, sono fiera di me, lo ribadisco. Sono fiera di non vendermi, di non sentirmi del tutto schiava di vincoli capitalistici e di scegliere sempre e comunque una graduale, paziente, sudata e realistica realizzazione dei miei desideri. Così facendo, adesso avrò il giardino, il portico, il barbecue. Ma quando sono così stanca mi chiedo: a che prezzo? Eh. Perché sono un pochino massacrata e addisìo una vacanza in ovunquelandia come fosse acqua nel deserto. Dunque a 35 anni un pochino la rimodulo: non punto a essere ricca, questo no; ma a trovare un modo migliore per farcela sì. Perché il costo della vita oggi è altissimo, ti vendono davvero la qualunque e a prezzi incredibili, e più ti vedono rispettosa e gentile più lo fanno; ed io con 12 ore al giorno fuori casa non riesco ad esempio a non usare i piatti di plastica. Così mi rendo conto che oggi devo scrivere che il denaro non è uno dei miei valori, ma che semplifica la vita: molto. Moltissimo. Però non vorrei mai perdere la bussola. Ne ho paura, ecco, lo confesso. Tutto qui. (…Passiamo al prossimo scatolone?)

4 thoughts on “Sossoldi!

  1. mi sembra di rivivere tutte le nostre conversazioni degli ultimi tempi. Che dire, amica? condivido in pieno la tua lucida analisi di cosa costi (in tutti i sensi) vivere da precari ma con aspirazioni di tranquillità abitative e con desideri di vacanze low cost. Sembra sempre più complicato farlo,ma basta sapersi organizzare (forse)

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