di Maria Lo Bianco
Etere geishe cortigiane e prostitute
e frine e aspasia e la bella otero
e veronica meretrice e scrittora
e maria e marina e cristine morta
di lavoro con quanto zelo simulato
e ardore imposto
e quanta gentilezza mascherata
e quanta fantasia nel salutare
e quanta tristezza celata nel dare e dare
e a dare le ha insegnate la madre
e a vivere le insegnate il padre che a
13 anni gli ha dipinto la bocca di rosso
gli ha stirato i lunghi capelli ricci
prima di volare dall’ultimo piano
di un desiderio e chiusa in un boudoir
per lei hanno scritto memorie
da una casa a luci rosse
da un bordello affollato di grassi
predoni con l’anello d’argento massiccio
al dito mignolo
e una camera con la coperta
in un albergo di prima categoria
per coprire il reato di stupro a pagamento
da quando geisha tenevi compagnia
sessuata al ladrone di turno con la tuba
e il sigaro sempre acceso a mezze labbra
in segno di comando
la ragazza di via malaspina
la compagna del dottor tal dei tali
francisca pedra vijolka
e al mondo dall’america latina all’albania
alla nigeria al giappone ti chiamano qui
fra lenzuola di fortuna in camper disagiati
o fra stanze anonime con muri gelidi
per farti aprire le gambe e tra le cosce
in quel punto preciso
segnare il dominio
tanto che sei diventata un’icona
di me che a due anni ho conosciuto
la fine e a cinquanta l’ho denunciato
al solito maschio corrotto.