Esistono tanti avvenimenti nella storia dell’umanità di cui si può dire “se non l’hai vissuto, non puoi capirlo”. La Grande Guerra, ad esempio, o l’Olocausto. Ma anche, che ne so, una sessione trucco e parrucco di Moira Orfei o, come leggerete in questo post, la Feria di Siviglia.
Se non siete mai venuti alla Feria de Sevilla non avete idea di cosa si sono inventati ‘sti sivigliani! Non vi romperò le palle raccontandovi la storia della Feria, perché nasce e tutto ciò che la riguarda, per quello c’è Wikipedia. Proverò piuttosto a spiegarvi perché molta gente – me compresa – impazzisce per questo evento.
Nella culonia di un quartiere al di là del fiume hanno adibito un enorme spazio (chiamato Recinto Ferial) che serve solo a questo: a montare la Feria. Non ci fanno alto, durante tutto l’anno rimane vuoto ed abbandonato, fino all’anno seguente quando cominciano a montare le casetas. Le casetas sono delle casette in legno che contengono sala da ballo con tavolini, bar con cucina e dei bagni, e vengono messe in affitto dal comune. Avete presente i lidi privati? Più o meno così. Ci sono casetas piccole, medie, grandi ed enooormi. Nelle altre città e paesini che organizzano la Feria, in genere le casetas sono di accesso pubblico. A Siviglia no: la maggior parte delle casetas sono private. Oh, intendiamoci ci sono pure quelle pubbliche ma sono piene di stranieri, erasmus, sfigati e tasci. In pratica, se alla Feria di Siviglia non conosci gente che abbia una caseta di famiglia e ti inviti, non sei nessuno. Questo è veramente classista, ma riflette in generale l’indole sivigliana di sentirsi privilegiati ma comunque accoglienti e generosi.
Cosa si fa alla Feria?
Ci si incontra – oddio, se hai culo riesci ad incontrarti con gli amici, perché non è così facile in realtà. Comunque, in un modo o nell’altro, ci si incontra, si beve, si mangia, si fuma e si balla. Si ballano sevillanas1 principalmente ma ci sono anche casetas con djs – casetas discoteca, le chiamo io – con un po’ di reggaetone (e te pareva!). Si beve di tutto ma soprattutto “Rebujito”: vino manzanilla, mescolato con 7Up – sì, qui ancora esiste. Potrebbe sembrarvi una cafonata ma in realtà è buonissimo, bello fresco, cala che è un piacere. E per questo non te ne accorgi e bevi e bevi e bevi. Fino a quando – PEEEEEM – ti sale la botta alcolica tutta d’un colpo! E ti ubriachi che è una bellezza, ti ubriachi che manco te ne sei accorto!
La gente è molto cordiale alla Feria, e molto allegra anche, ovviamente grazie all’alcol. Ti può capitare di parlare con sconosciuti – e non per litigare per la sedia ché l’avevi vista prima tu! – ma giusto per scambiare due chiacchiere. Si può parlare di quant’è bello questo o quell’altro vestito, ma soprattutto di quanto sia brutto quello o quell’altro vestito, su quanto sia cara una jarra2 de rebujito in quella caseta, sulla puttanadellamiseria di quanto sia lunga la fila per il cesso…e cose così. Ovviamente tutti ci provano con tutti perché se non rimorchi alla feria sei un looser totale. Io credo che mi farò tatuare una L in fronte! Mi hanno chiesto “Cri, ma tu non vuoi rimorchiare?”, ho risposto “no, voglio solo essere brilla e contenta”. Save the energies for sevillanas.
Alla Feria ci si va ben vestiti. Le ragazze in traje3 o comunque tutte aggogghindate (cit. d’autore) e i ragazzi in camicia, giacca e cravatta – senza battere ciglio – ovviamente truccatissime e impomatati (ché le fabbriche di gel per capelli esistono solo in Andalusia ormai, visto l’uso smodato che se ne fa). Purtroppo il suolo della Feria è un miscuglio di terra battuta e cacca di cavallo, quindi le scarpe buone poi le metti in quarantena fino a quando non le hai disinfettate per bene. Lo stesso coi vestiti: dopo un giorno di Feria puzzi di fumo, alcol e cavallo. Cavalli ovunque! Belle carrozze con pariglie e ornamenti, sfilano durante tutto il giorno lasciando una scia di allegria e merda ma la gente non ci fa caso, la calpesta come se fosse parte del grande piano divino feriale!
Alla feria ci si va a tutte le ore, ed è bella a tutte le ore. Sevilla tiene un color especial4, e la feria cambia i suoi colori durante il giorno. Tutto il recinto feriale è adornato con bombillas e farolillos5 colorati. Le casetas dai colori variopinti sfilano le une accanto alle altre adornate con pizzi e merletti – alcune veramente baggiane – e ogni tanto immagini di santi e madonne (ma vabbè, mi sarei preoccupata del contrario). C’è un momento poco prima di cena, quando sta tramontando, che la Feria ha dei colori stupendi: il cielo è di un blu intenso che fa contrasto con le lampadine appena accese e i farolillos colorati. La pace dei sensi.
Ci sarebbe così tanto altro da dire ma non ne abbiamo lo spazio e comunque il racconto non renderebbe giustizia a ciò che veramente è la Feria, se non ci siete mai stati non potete davvero capire. Non capireste perché la gente vive in funzione di un evento che si tiene una volta l’anno (tipo i trapanesi stretti coi Misteri, o i sanvitesi col Cous Cous Fest, in piccolo), non capireste l’importanza del pescaito6 o l’emozione dell’alumbrao7, non capireste la sensazione di leggerezza e felicità che si prova passeggiando brilli sotto il cielo di farolillos, non capireste il perché nonostante il potentissimo hanghover del giorno dopo tutti non vedano l’ora di ritornare. Personalmente avrò bisogno di una settimana di recupero.
1Un tipo di flamenco.
2Una caraffa.
3Vestito tipico flamenco.
4Verso e titolo della Canzone dei Los del Rìo.
5Lampadine e sfere di carta velina colorata.
6Cena tipica del primo giorno di Feria, a base di pesce fritto.
7Illuminazione che segna l’inizio della Feria.