Settembre. Lo sferragliamento del treno che corre, dopo i primissimi accordi del play, mi fa pensare a me, ma non solo. Siamo a settembre, per certi versi sono fiera di questo mese di finte ferie passato a sbrigare l’universo creato di cose arretrate e manco tutte. Sì, per certi versi sono fiera di me. …Eppure ho molti dubbi. Agosto, di solito lento e a tratti noioso, pare volato, e guardandomi intorno non solo per me è così. E quando penso che è volato, mi chiedo come è stato possibile e allora guardo indietro a tutte le cose fatte: lettura bibliografia e scrittura tesi, inizio ristrutturazione casa, scelta mattoni, scelta zoccoletti, scelta angolature, acquisto bagno, acquisto cucina, cura dell’attuale casa, lavoro (seppur più blando), allestire il nuovo studio, fare le visite mediche arretrate (non tutte, impossibol), 5 o 6 volte a mare, cercare di recuperare sonno, andare in banca, dare retta ai muratori, dare retta alla famiglia (peggio!), andare a trovare i nonni, … Embé, sì. C’è da essere fieri. Soprattutto se il 79% di queste cose le ho fatte con me & me.
Alla fine tra 4 giorni parto per una toccata in Grecia mordi e fuggi: Deo Gratias! E però, caro agosto, mi sarei voluta concedere il lusso di lasciare più spesso l’agenda a casa e di scordare il cellulare non per 2 uniche volte… e di scordarlo magari senza conseguenze. “Mai Maria!”, diceva mia madre: non se puede.
“Fare la cosa giusta
Essere razionali
Mentre ti gira la testa”.
Proprio come continua la canzone: non si stacca quasi mai, come la razionalità2019 vuole, e se ciò accade i c**** poi sono amarognoli. Ma non è un processo piano… c’è della nostalgia in questo. Mi guardo attorno, non so bene come, ho oltre 36 anni; poi me lo ricordo come, per carità… ciò non toglie che a volte lo stress annulla la cognizione del tempo e dei desideri. Mi sento già divorare dalle corse e sì, cari Afterhours, mi gira la testa al pensiero che domani ricomincia tutto. C’è anche una leggera nausea: ancora devo andare a scegliere la stufa a pellet. Allora per deformazione professionale, devo farmi qualche domanda, ma oggi ci vado leggera: che stile di vita è questo? Che senso ha rendere la leggerezza e il tempo dei lussi?
“Non sarebbe eroico
Non essere degli eroi
Non sarebbe strano
Essere più leggeri”?
Non sei un eroe, non sono un eroe. Desidero sempre più essere imperfetta, godermi l’imperfezione e la sua lentezza, sentire immobile i campanacci delle vacche, non lavarmi i piedi… ma non avete idea di cosa accade quando te lo concedi e quello lo scoglio enorme che sei tu stessa è dunque superato: in quel preciso istante arrivano come falchi gli altri… a non permetterti di concedertelo! Male abituati, certo. E come mai? Ma intanto questo è il carico a mazze e ti sei interiormente sentita costretta a rinunciare, probabilmente come Bolsonaro si sente costretto a mandare in fumo l’Amazzonia. Anche la Siberia brucia, “ma non era di ghiaccio?”, mi chiedo… Guardo dentro e fuori, ancora dentro un’estate che ci ha concesso di vedere Salvini (e noi tramite lui) toccare il fondo per poi finalmente essere cacciato a calci in culo. Ma prima si deve necessariamente toccare il fondo. Prima si muore e in tanti.
“Era tutto scontato
Finché non sei caduto”.
Guardo in una foto mentale il dentro e il fuori; c’è un certo isomorfismo: inversioni dei ruoli, dei valori, inversioni di tutto. Prima il dovere, la corsa, poi il trovare/ri-trovare se stessi. Prima i soldi, poi la cura. Prima il rischio, il gioco col fuoco, poi la salute. Prima gli Italiani, poi gli uomini. Prima le lobby, poi gli alberi, e solo poi pure l’ossigeno. Siamo invertiti: il ghiaccio brucia e noi viviamo una vita priva di senso per poi, prima o poi, pentircene. Investiamo su di noi prendendo a calci la comunitarietà per poi sentirci soli e depressi. …Come è stato possibile? Come si arriva a settembre così, e senza avere la retromarcia? Come si arriva ad agosto così, con questo delirio sulle spalle? Come si arriva a Greta Thunberg e allo “Skolstrejk för klimatet” o al “Vieni avanti Gretina”? Com’è possibile? “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”, dipingeva Gauguin… e in effetti sono tra le domande più difficili cui rispondere dentro le mie stanze di analisi.
[…]“ “Riprendere Berlino” parla del riconquistare una cosa che si è perduta e che ha o ha avuto un significato fondamentale per chi l’ha persa. E’ un luogo fisico o della memoria come una città o un amore o una persona, ma anche una sensazione, un atteggiamento, come avere il coraggio di essere se stessi fino in fondo e di recuperare quella sincerità, quella leggerezza e quell’orgoglio di sé che ci permetta di non farci più del male.”
“Se capitasse a noi
Se capitasse a noi
Se capitasse a noi.”