London calling – Parte seconda (e finale)

Dove eravamo rimasti? Ah, sì, il raffreddore e la bistecca da 30£.
La prima notte nel nuovo alloggio è andata benissimo, ho dormito stupendamente, nonostante la mia finestra affacciasse su una strada principale di China Town. Quarto giorno della mia vacanza a Londra: sabato. Oggi ci vestiamo bene, lasciamo a casa i jeans e gli scarponcini, e siccome c’è il sole lasciamo a casa pure l’ombrello e ci incamminiamo verso Portobello!

Portobello è “un mercato pazzerello dove trovi questo e quello”. Ok, momento Enzo Tortora a parte, davvero al mercato di Portobello c’è di tutto! La prima impressione è stata un mix tra Ballarò, il mercato delle accozzaglie di Calle Feria a Siviglia e Porta Palazzo. Però in realtà non si può dire a cosa somigli, perché effettivamente unico. Vi erano un’infinità di bancarelle con cibo di tutti i tipi: ovviamente ho comprato un sacco di roba da magiare.

Dopo aver svuotato il mio portafogli al mercato mi sono fatta un giretto a Notting Hill ma sono subito tornata indietro schifata: decine e decine di turisti intenti a farsi foto davanti le porte delle case. Belle, per carità, tutte colorate e pittoresche, ma con gente ferma 20 minuti davanti la porta di case private per fare mille foto cercandone una che andasse bene o “fammi un boomerang mentre passo davanti la porta”. Tutto ciò mi ha fatto inorridire! Anche a me piace fare foto e robe da social ma cerco di mantenere la decenza. Per cui mi sono spostata verso il meraviglioso Hyde Park. Più meraviglioso ancora se non si fosse messo a piovere. Non una pioggia tipica di Londra, quella interminabile e fine ma una pioggia scrosciante e stronza. Mi sono riparata sotto gli alberi del parco, come sconsiglia un qualsiasi manuale sui temporali, ma non è bastato a non farmi inzuppare. Incazzata, decido di tornare a casa a scaldarmi con un tè. Ho passato il sabato pomeriggio a gironzolare per Covent Garden, ma niente di ché – dopo che hai amato Camden, tutto il resto è fancy. La sorpresa della vacanza è stata quando il mio amico musicista Rosario che non vedevo da quasi 10 anni, mi invita ad una serata musicale al Parrot, un bar fighetto della catena Hilton. Rosà, ma com’è che ora suoni in questi posti da figli di papà se quando ti conobbi io suonavi per strada?

Ho odiato Londra il sabato: troppa gente in giro, troppi turisti, la maggior parte italiani – quanti cazzo di italiani ci sono a Londra? Se vivessi a Londra, il mio odio per la massa crescerebbe! Figuratevi che mi sono perfino messa a correre in metro! Ora li capisco, poveri Londoners! Comunque, sperando la domenica fosse un po’ più rilassata, mi preparo per il mio quinto giorno di vacanza: la domenica dei mercati! Ho visitato tre mercati: Petticoat Lane Mkt, Brick LaneMkt e un altro che ho trovato per caso e di cui non ricordo il nome. Non so dire quante giacche ho comprato, davvero, tipo collezionista ad una fiera al ribasso. In questo giro matto ci ho anche fatto entrare una colazione tipica inglese con uova, salsiccia e fagioli, ché se ancora ci penso mi viene la nausea, ma intanto me la sono spazzolata senza fiatare: ah, la fame! Dopo il brunch mi aspettava un incontro con una guida walking tour a Shoreditch per ammirare la street art del quartiere. Bellissima! Fantastica! Se vi capita di andare a Londra, fatevi assolutamente un giro da quelle parti: pezzi di opere d’arte da strada (Banksi compreso). La domenica si conclude con cena e birra all’Hard Rock Café, il primo HRC in assoluto.

Sapete quando vi svegliate di lunedì e piove? Ecco, in vacanza è peggio. Dovevo andare a visitare lo Sky Garden, ma avrei visto solo nebbia. Pazienza! Sesto giorno di vacanza, mi vesto e mi copro per benino e vado a visitare la Cattedrale di St. Paul e il Millennium Bridge. Mi aspettavo un ponte più maestoso e bello ma mi è sembrato lungo tipo 20 centimetri: le lunghezze contano! Poi mi sono detta “ci sarà un ponte bello da vedere” e mi sono fatta tutto il lungo fiume fino al Tower Bridge, quest’ultimo molto bello e imponente. Sfinita dalla passeggiata sotto la pioggia e al freddo, decido di provare una delle specialità culinarie dell’alta cucina inglese: fish and chips. Stiamo qui a sfottere la cucina britannica ma cazzo se era buono! Comunque devo dire che mi sono trovata male per quanto riguarda gli orari dei pasti, abituata a pranzare alle 15:00 e cenare alle 22:00 (orari andalusi) la maggior parte delle volte ordinavo da asporto e mangiavo a casa o in qualche parco. Alle 19:00 di questo lunedì piovoso ero in un baretto carino a Soho a mangiare uno scone e bere caffé. Ho passato il lunedì pomeriggio chiusa dentro Primark (un po’ per ripararmi dalla pioggia, un po’ per comprare una valigia atta a trasportare tutta la roba che avevo comprato). Ho passato la serata in questo pub carino a Soho “The Spice of Life” con musica dal vivo e una birretta. Cena da asporto e a nanna.

Un’indigestione notturna non mi ha fatto dormire: martedì mattina rincoglionita e confusa sul da farsi. Per risollevare le sorti del mio settimo giorno di vacanza prendo la metro e torno a Camden Town! Questa volta col sole, con la consapevolezza che non potevo andarmene se prima non fossi tornata da quelle parti e soprattutto, oh, se non avessi comprato quella maglietta stupenda che avevo visto il primo giorno e che non avevo preso! Pranzo al mercato con un hamburger che avrebbe vinto il premio Nobel per la squisitezza, se fosse esistito. Siccome era una bella giornata di sole decido di passeggiare fino a Little Venice, la parte dove il canale è piena di barche colorate con gente che ci vive dentro. Ho fatto merenda in un bar su una barca e curiosato un po’ tra quelle case galleggianti, chissà come dev’essere vivere su una chiatta. Il pomeriggio l’ho dedicato allo Shopping a Oxford Street. Fare shopping a Londra è bellissimo, trovi di tutto, a tutti i prezzi, roba di tutti i tipi e, naturalmente, giacche: un complotto! Davvero ragazzi, non è colpa mia se ho comprato un’infinità di giacche, è colpa di Londra!

Ottavo e ultimo giorno in questa città unica: vado a salutare i regnanti. Faccio un giretto a Buckingham Palace e becco il famoso rito del “cambio della guardia“. Un’attesa interminabile, migliaia di turisti ammassati ai lati del palazzo, selfie stick ovunque e cartelli enormi che suggerivano ai turisti di tenersi stretti i portafogli causa borseggiatori. Dopo questa full immersion in ciò che di più “turistico” c’è da fare a Londra, ritorno a Soho e mi preparo psicologicamente a passare il pomeriggio in uno dei posti più famosi del mondo: il British Museum. All’ingresso della zona ovest ci troviamo di fronte ad una delle scoperte più importanti della storia umana, senza la quale non conosceremmo nulla sulle grandi dinastie del passato: la Stele di Rosetta. Una grande emozione per una linguista trovarsi di fronte ad un pezzo di pietra che ha fatto la storia! Grazie signor Napoleone. Poi ho visto un po’ di mummie, ma dopo essere stata più volte al museo egizio a Torino, non mi hanno fatto grande impressione. O meglio, non come me ne ha fatto vedere sculture del Partenone o del Mausoleo di Alicarnasso (una delle 7 meraviglie del mondo). Uno dei pomeriggi più belli degli ultimi tempi. L’ultima cena a Londra l’ho fatta in un ristorantino turco a Soho, sbafandomi uno spezzatino delizioso e poi ho passato la serata a Piccadilly Circus ipnotizzata dagli artisti di strada che ballavano o facevano free-style.

Non me ne volevo andare. Sarei rimasta in quella città un’altra settimana. Del resto, è stata una vacanza agognata, voluta fortemente e pianificata. Da luglio passavo i miei pomeriggi post lavoro e le mie serate, estraniandomi dalla mia vita da lavoratrice stagionale, leggendo pianificando e immaginando Londra. Durante la vacanza, una notte di insonnia per un’indigestione, ho visto un film sul mio smartphone, non ne ricordo il titolo ma era la storia di una scrittrice americana che negli anni ’60 sogna di andare a Londra ma non riesce per ristrettezze economiche. Quando poi, vent’anni dopo, riesce a realizzare il suo sogno e sale sull’aereo che la porterà alla città agognata, incontra un uomo di Londra di ritorno da un viaggio col quale intraprende una bella chiacchierata. Lei gli racconta delle sue aspettative e dei suoi timori di rimanere delusa da tutto ciò che si aspettava da una città e lui le risponde che qualsiasi cosa si aspettasse di Londra, non sarebbe rimasta delusa:
– “Io cerco la Londra della mia letteratura preferita”
– “E la troverà li”.

Ed è vero. Io ho trovato la Londra che cercavo, quella della mia musica, dei miei romanzi preferiti, del cibo di strada, dei film che ho visto e rivisto, la Londra della moda e dello shopping (e delle giacche, ovviamente), la Londra delle mie serie tv favorite. Tutta la Londra che mi aspettavo era li per me, e io ne ho goduto ogni minuto e ogni millimetro.

2 thoughts on “London calling – Parte seconda (e finale)

  1. La parte peggiore di Londra sono gli italiani a Londra, lo dico sempre. E anche i quartieracci dove noi poveracci dovevamo vivere, ma questo a chi viene in vacanza viene risparmiato.

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