di Lucia Immordino
Ricorda che in quell’anno bisesto gli astrologi perdettero di credibilità, tranne Paolo Fox e Branco, le persone morirono a migliaia e si applicò il lockdown su tutto, perfino sugli abbracci che, però, si ritrovarono in una nuova emoticon. I parrucchieri notarono nei loro clienti capigliature più folte e capelli meno bianchi, la natura si riprese i suoi spazi con erba sui marciapiedi e papere in giro per i centri disabitati, il buco dell’ozono si richiuse, almeno così dalle foto satellitari inviate da Luca Parmitano, e il governatore della Sicilia, che non aveva la più pallida idea di cosa fosse l’Identità Siciliana, svendette l’assessorato ai Beni Culturali a dei cialtroni per mero scambio politico.
Poi sopraggiunse ad una riflessione: ogni mattina, tutte le mattine, ridestarsi fino alla più longeva e stravagante senilità! Era questo il vero miracolo: chiudere le palpebre la sera prima e riaprirle la mattina successiva dentro le stesse cifre, perché se si saltava anche solo un’aurora voleva dire che si era fuori, si era attraversato l’oltre. Tonio, si chiama così come quel tale della Melevisione, una trasmissione per ragazzi tra gli anni novanta e duemila, si alza dal letto, gli scrocchiano le ossa, i tatuaggi gli pendono dalle braccia, dal petto e dalle cosce come tante tende sbiadite e più lunghe della loro misura ché oramai non si capisce più cosa abbia tatuato e dove o se alcuni tatoo, che pensa di avere, siano rimasti soltanto nelle sue fantasie. Va alla toilette (ha di queste finezze mentali), tira fuori l’uccello e piscia (proprio così: in un unico pensiero ha messo insieme toilette e piscia) stando attento a ché la prostata ultracentenaria non gli faccia scherzi e, pertanto, schizzi. Si lava le mani, retaggio da covid-19 del lontano 2020.
Ora che ci pensa, fu quello l’anno bisesto del lockdown e di tutta una serie di fasi per la ripresa economica che già aveva visto sprechi e ruberie di ogni tipo e in ogni dove. Fu pure l’epoca delle mascherine salvavita, dei guanti delle contraddizioni e del cosiddetto distanziamento sociale ma che sarebbe dovuto essere altro. Va in cucina a prepararsi un caffè, usa ancora la moka e un macinato simil-brasiliano, aroma che gli piaceva durante il terzo millennio, che tuttora beve e che riesce ancora a trovare in spacci di quart’ordine. Tonio vive in un appartamentino di venticinque metri quadri, al trentesimo piano, in uno di quei palazzoni formicaio di matrice giapponese.
Con la tazza in mano si porta davanti alla finestra e un immenso vuoto gli si svela alla vista annacquata: fuori è tutto deserto! A casa sua, invece, ancora resistono qualche vegetale e due o tre animali. La flora è costituita, perlopiù, da piante carnivore e piante grasse: alcune hanno i fiori altre solo spine e come fauna ha una tartaruga di terra, dei pesci rossi, un ragno che sembra uno scalatore tibetano appeso al filo della sua ragnatela in direzione lampadina e un lepisma che chiama col nome dell’autore del libro presso cui dimora: Benny. Fa un sospiro profondo, dà qualche colpo di glottide per grattare la gola e sentire se le corde vocali sono a posto e mentre sorseggia la sua bevanda ancora calda guarda l’alba: è la sua quarantacinquemilacentocinquesima (45.150) e pensa che ha trascorso lo stesso numero di notti e che è in pari.
Ci fu un tempo in cui condivise i crepuscoli e le aurore con il suo amato compagno ma oramai erano molti anni che stava da solo, anzi, in comitiva di quella brigata composta da piante e da animali così particolari. Il marito gli morì durante la seconda ondata del virus che fu senz’altro incosciente, più recrudescente e maggiormente letale e poi, dopo poco tempo, finalmente si trovò la cura ma non alla cattiveria degli uomini che non appena ripresero a vivere, lo fecero in un modo così aggressivo e così nefasto per la natura da lasciare dietro di loro terra bruciata, letteralmente. Fu in quel periodo che cominciò ad appassionarsi di studi di biologia, di chimica, di matematica e di fisica, lui che era stato un filosofo e un suonatore di oboe, e fu in quel particolare momento della sua esistenza che decise anche per quella sorta di solitudine.
Sì, fu proprio quando salì al potere una specie di destra formata da analfabeti funzionali, così venivano chiamati quelli che la pseudo destra definiva, a sua volta, i radical chic. Gente assurda, impazzita che parlava di terra piatta, di no ai vaccini, di diritti (conquistati negli anni a suon di lotte civili) elusi, ci si affidava ancora a madonne e a rosari, si stava, insomma, provando a riportare l’umanità indietro nel tempo, esattamente nel Medioevo a beneficio e ad arricchimento di pochi. Per questo Tonio, ormai anziano e privo di forze, optò per quella vita appartata ma ricca e libera a modo suo, fatta di letture, di ricerche, di musica e della migliore compagnia possibile.
Oggi, guardando l’immenso vuoto davanti a sé, dalla finestra del suo appartamentino, ricorda perfettamente quando ebbe inizio quella desertificazione (nonostante la sua scelta ecologica, insieme a molti altri, di essere concime e di avere un olmo come sepolcro): iniziò con l’aridità del pensiero libero, con l’impoverimento delle idee, con l’abuso della parola, con la verità pilotata e ricorda che definì quell’epoca come gli anni “della stupidità consapevole”.
Continua ad essere amaro questo tema :(
Bel racconto :)