Chiedo scusa a Giuni Russo per aver preso in prestito i due versi più conosciuti dagli italiani. Chiedo scusa a Dante Alighieri per aver detto quanto precede. Chiedo scusa a Battiato perché in realtà il testo della canzone è suo. Però se continuo così sarebbe un post di scuse, quindi torniamo a noi.
Erano gli inizi degli anni ’80, periodo di boom economico nelle grandi città industrializzate del nord che, tra fabbriche e grattacieli, trovavano refrigerio nelle feriae augusti, catafottendosi sulla spiaggia più vicina. Cossiga era al capo della Repubblica, la nazionale di calcio era più importante del Papa e una certa Giuni Russo da Palermo scalava le vette delle classifiche radiofoniche mantenendole fino ad autunno inoltrato. Erano gli inizi degli anni ’80, quando anche una canzone che parlava del desiderio di una prostituta di farsi le vacanze diventava tormentone dell’estate.
In quegli anni lo stipendio medio di un padre era sufficiente a far crescere una famiglia di 4 persone, vivendo senza pretese, con meno consumismo yankee e potendosi permettere anche delle decenti vacanze estive. Vi ricordate le vacanze anni ’80? Il periodo degli yuppies, dei paninari e della Milano da bere? Si staccava la spina per quei mesi estivi e ci si godeva la vita. Nelle zone di mare, il Lido era agorà di incontri dove nascevano amori, sede di jukebox e gazzosa, di Vespe, cabine e bikini colorati.
Naturalmente col tempo tutto ciò si è un po’ perso, in seguito all’evoluzione tecnologica, al cambiamento del tessuto sociale e soprattutto ai nuovi modi di spostarsi e viaggiare. La vita frenetica moderna si riflette pure sul nostro modo di fare le vacanze: l’ozio e il dolce far niente non sono accettati in vacanza, ci si deve muovere, fare qualcosa, vedere qualcosa, fotografare qualcosa e postarla su facebook! Quello del turismo è col tempo diventato uno dei settori fondamentali dell’economia italiana (e per il sud forse unico settore), quindi si è adeguato alle leggi economiche della macchina industriale, sfornando nuovi servizi, località ed “esperienze”*.
Quest’estate però, a distanza di 40 anni, abbiamo vissuto una sorta di ritorno alle origini. Causa pandemia globale gli spostamenti nel mondo sono diminuiti, la gente ha smesso di pensare a località esotiche e ha abbassato lo sguardo alla località di vacanza più vicina a casa sua. I diversi studi fatti quest’anno sul settore turistico rivelano che gli italiani post covid-19 si spostano in auto e la maggior parte delle volte verso il mare. La preferenza va a mete vicino casa per ridurre le spese e per quanto riguarda i luoghi dove soggiornare si preferiscono pensioni o case vacanza – gli hotel tornano ad essere un lusso.
Una sorta di rivincita “vacanza vecchio stile”, con l’ozio all’ordine del giorno e soggiorni lunghi e dietro casa. In pratica l’italiano non rinuncia alla vacanza, forse perché si trascina dietro quella nostalgia di vacanze trascorse ai lidi dell’infanzia, quando passava ore sotto l’ombrellone a rilassarsi, col ghiacciolo all’anice e la frittata di pasta come merenda rigorosamente portata da casa. Meno escursioni, gite ed esperienze e più passeggiatine sul lungomare, partite al biliardino e camioncino dei panini.
Noi italiani, del resto, ci sappiamo adeguare bene, ce l’abbiamo nel dna, siamo abituati alle 500 senza aria condizionata e coi finestrini che si aprivano a metà, ai palloni di gomma gonfi che con un soffio di vento arrivavano in Croazia, al venditore di ghiaccioli in spiaggia che si scioglievano prima ancora di tornare sotto l’ombrellone, ad aspettare tre ore prima di farsi il bagno, a portarsi la merenda da casa, alle amicizie ritrovate anno dopo anno dopo anno allo stesso lido… Per noi era questa la vera estate italiana: un’estate al mare stile balneare.
Una delle canzoni – delle cantanti – che preferisco. C’è molto da riflettere (e su cui far riflettere) leggendo questo pezzo.
Verissimo Dora, molti spunti di riflessione che per motivi di spazio ho lasciato così disseminati ma non ho potuto approfondire. L’importante è fomentare dialogo e pensiero critico!