Cap.1 Malessere
Mi alzo, fuori il cielo è grigio. Non so se chiudere la finestra, sono meteopatica – si dice così, no? Ma mi ricordo che odio la luce artificiale al mattino, così la lascio aperta. Che entri questa non luce! Ché poi non è nemmeno mattino, saranno – che? – le due del pomeriggio? Non importa, lo considero mattino quando mi alzo. Mi preparo il mio bel caffellatte bollente, il pane tostato e qualcosa da mangiare, così non mi sale la bile. Ma la bile sale sempre. Passo il giorno guardando fuori dalla finestra. Si vedono nubi, anzi no, non si vedono. Cioè non sono nuvole ben definite, è come se ci fosse una sola, infinita e gigantesca nube che copre il cielo – o almeno il pezzo di cielo che vedo dalla mia finestra. Un tappeto. Meglio: una moquette. Perché certi tappeti sono belli, ricamati, colorati…le moquette sono interi strati di pelo per lo più sporche e polverose. Ecco, una moquette grigia e polverosa. A chi piacerebbe guardare una moquette grigia e polverosa? A quanto pare è così che mi vedevi, come una triste moquette grigia e polverosa. Capisco perché non avevi voglia di affondarci i piedi! Neanch’io ci vorrei camminare. Calpestare. Calpestare sì. Potrebbe dare soddisfazione calpestare una logora moquette grigia e polverosa. Un po’ come quando i bambini indossano i loro stivali colorati di gomma e saltano dentro le pozzanghere. Magari ti ha dato la stessa soddisfazione.
Cap. 2 Frustrazione, rabbia e impotenza
Mi alzo, fuori il cielo è di nuovo grigio. Quando cazzo andrà via questa stupida moquette? Non ne posso più! Apro la finestra ed è sempre lì, come uno specchio che mi sbatte in faccia il mio riflesso! Dannata moquette grigia, triste, logora e polverosa! Non ce la faccio più! Una cazzo di costante di merda! Apro la finestra e lei è lì. Non si capisce neanche più che cazzo di ora è! Nemmeno il cibo aiuta più! Cos’è questa? La colazione? Il pranzo? La cena? Risale la bile. Questa volta accompagnata dalle fiamme. Brucia, cazzo. Altro che “gocce di limone” come cantava quella. Questo è alcol su una ferita aperta. È olio bollente di frittura dentro un occhio. È lo schiaffo morale del rifiuto. Brucia ancora e non puoi farci niente. Il ghiaccio grigio dalla finestra non aiuta. Mi si gonfierà, ferita. Come occhi lucidi e non posso farci niente. Brucia la vista per tanto biancore. Cieca.
Cap. 3 Consapevolezza
Mi alzo, non mi aspetto chissà quali grandi cambiamenti nel meteo, oggi. Ed in effetti eccolo lì: il cielo è sempre grigio. Ma vabbè, ormai ci ho quasi fatto l’abitudine. Un po’ come i miei caffellatte la mattina, unica costante infinita nella routine dell’esistenza. Ho il sentore che, al contrario della mia colazione, questo grigiore non durerà a lungo. Prima o poi se ne andrà, no? Questa logora e monotona moquette polverosa! A poco a poco si disfarà, si sfilaccerà. Brandelli di nubi si staccheranno e se ne andranno. Del resto non possono sempre restare lì, avranno altro da fare! Altri cieli da coprire. Altri orizzonti presso i quali stagliarsi. E la fitta trama grigia, questo, lo deve accettare. Bisogna lasciare andare le cose, se non vogliono rimanere attaccate. Bisogna lasciar andare le persone, se non vogliono restare nella tua vita. Non puoi costringere le nubi a restare o ad andarsene! A meno che tu non sia il vento! Oh, se solo fossi il vento!
Cap. 4 Accettazione
Mi alzo, finalmente qualche raggio di sole filtra attraverso le grigie nubi. Adesso altro non formano che una tendina dal ricamo leggero e delicato. Un disegno che lascia trasparire la luce, quanto basta per vederci meglio. Vedo meglio il banco della cucina mentre metto su’ la caffettiera e tosto il pane. Oggi mi concedo un po’ di marmellata. A tratti, dalla finestra arriva dritto dritto un raggio di sole all’altezza della mia fronte. Mi sposto, mi abbasso un po’. Alla fine devo dire che non mi dispiace la presenza di qualche nuvola che mitighi la forza del sole. Che calmi e offra refrigerio. Quando impari a convivere con le nubi, la mattina risulta piacevole, come crogiolarsi sul divano in un bozzolo di coperte con la colazione appena sfornata. Ed è lì che capisci che devi imparare a convivere con le nubi e accettarle. Accettare anche il fatto che prima o poi spunterà il sole ma ci vorrà tempo. E mentre bevo il mio caffellatte mi viene in mente quell’altra canzone, nuvole rapide, e mi piacerebbe poter possedere il tasto di avanti veloce, per scacciare il grigio più velocemente. O meglio un’aspirapolvere olimpica che aspiri dall’alto la polvere di nubi e lasci il cielo brillante e pulito, come fosse una pubblicità divina! Ma non si può. E va bene così. Ormai il buio è passato. Abbiamo imparato a lasciar andare chi ci oscurava e abbiamo imparato a convivere con la penombra. Domani pioverà. Ma quando farà bello, ce lo godremo di più.
Manca una fase… É la numero 4 invero, detta brutalmente “depressione” :)…
Eheh eh. Eh.