Abbracciami

di Dora Pistillo

Tutto torna.
Ancora. Ancora una volta, ancora due volte, ancora tre volte…
Sbagliare per imparare a sbagliare.
Tutto torna.
Quando penso a dei comportamenti altrui che non comprendo non mi infastidisce l’eventuale ingiustizia che credo sia stata fatta. Mi infastidisce non comprendere la logica. Spesso le azioni compiute sono la risposta ad una paura. Sotto l’influsso della paura le persone buone acconsentono ci sia un attacco aereo contro civili. Grazie alla paura vengono ogni anno impediti istruzione e libertà di espressione in molti paesi. Per via della paura si presta orecchio a maldicenze e a cattivi auspici. La paura giustifica l’avidità, il furto, l’omicidio, la censura, la vendetta. Chiunque può avere paura. La paura è comprensibile. Capire la natura dei proprio sentire e delle ragioni del proprio sentire aiuta a vincere la paura. All’opposto della paura non è l’allegria, non è la spensieratezza, non è l’impossibile. All’opposto della paura è la pazienza, la fiducia in qualcosa di buono malgrado le apparenze, l’ascolto, la riflessione, la visione pulita di ciò che è. La consapevolezza che tutto torna.

Cosa significa “tutto torna”? È una promessa di vendetta? Come si è detto prima, la paura giustifica la vendetta, quindi non può essere. Allora, cosa vuol dire? Vuol dire che ciò che è motivo di un’azione, presto o tardi, sarà rivelato. Ne è un esempio una confidenza di qualche tempo fa di una persona. “Sai, dopo tanto tempo si è fatta sentire una vecchia amicizia. Mi ha detto le ragioni di quel suo comportamento. Provava invidia. Per tutto quello che vedeva in noi e che credeva non potesse meritare. Credo abbia sofferto molto.” Forse il senso delle regole è quello di dare delle indicazioni su ciò che è prudente nei momenti in cui non siamo in grado di essere lucidi. Perché la paura può essere superata, ma l’atto ingiusto che si è causato non sempre è riparabile. A volte la paura offusca il pensiero. Inganna la percezione di ciò che è giusto. Giustifica l’ingiustificabile. E non so se ci sia qualcuno che possa dire di non aver mai provato paura. Ma le cronache di ogni giorno riportano eventi terribili scatenati da una grande capacità immaginativa messa al servizio della paura. Paura di non poter essere mai felice, di rimanere solo, di non essere accettato. Paura di non essere degno di meritare qualcosa. Ma tutto torna. Così come torna il vero motivo di comportamenti che sembrano estranei. Una madre che rimprovera il figlio ha un’intenzione educativa, ma è percepita come ingiusta dal figlio. Il figlio scoprirà l’intento educativo e la premura, ma anche la paura che ha provato la madre. L’insegnante severo teme che al proprio studente non venga riconosciuto il merito di aver coltivato il proprio talento. A volte sembra esigente, persino bizzarro, sebbene si intuisca l’impegno. Verrà alla luce il dolore che ha portato a dei comportamenti non sempre approvati e che hanno dato forza all’impegno perché i giovani arrivassero preparati al futuro. A contribuire alla costruzione del proprio domani, in consapevolezza, in correttezza e onestà nei propri confronti.

Ma cosa fare della paura?
Chi ha voglia di ascoltare la paura altrui? Non certo chi ha paura di affrontare la propria paura. Chi ha paura di sollevare il lembo del tappeto prezioso sotto cui l’abbia nascosta.
Ma solo quando la paura è ascoltata scompare. Soltanto quando la paura è letta fino in fondo può essere dissolta. Tutto torna. Persino lo sforzo compiuto per cercare di comprendere la paura, torna, anche attraverso il comportamento altrui. La nube si dissolve, la visione è cristallina e si agisce con la stessa sicurezza che si può avere quando si rovescia un bicchiere su una tavola e c’è da riordinare il tutto. Allora, anche un abbraccio è ascolto. Un abbraccio disinteressato che assorbe la deliquescenza provocata dalla paura e supporta la fragilità.

2 thoughts on “Abbracciami

  1. Commento seguendo un filo associativo personalissimo:

    Sono passati tanti anni dal nostro incontro “in carne e ossa”, non ricordo quanti. Quel che è certo è che ne sono seguiti molti altri di “penne & tastiere”, di sensibilità, di pensieri. Allora ancora no, ma oggi sono una psicoterapeuta… e mi rende felice che qualcuno che non sia necessariamente “di” questo campo possa parlare così della paura, senza scappare a gambe levate (:

    “All’opposto della paura è la pazienza, la fiducia in qualcosa di buono malgrado le apparenze, l’ascolto, la riflessione, la visione pulita di ciò che è. La consapevolezza che tutto torna.”

    Quanto è vero…

    La verità (una delle) è che forse mi colpisce perché questo pezzo contiene l’idea e il vissuto che la cura non è in “nostro” potere, che non dovrebbe essere solo una “nostra” specificità (per “nostro” e “nostra” intendo di noi del mestiere “psi”): dovrebbe essere innanzitutto frutto di scambi, di relazioni e di confronti tra cittadini che entro la relazione si arricchiscono e si abbracciano e si curano a vicenda.
    Mi piace vederci anche questo nelle tue preziose parole.

    P.S. Abattoir nasce anche, in qualche modo, da #abbraccigratis, dove conobbi uno dei colleghi-fondatori… e poi di conoscenza in conoscenza, a partire da lì, molti degli altri!

    • Grazie per il tuo commento, Noemi. Scrivere con Abattoir mi aiuta a gestire molte emozioni.
      Non so dire come o perché, a volte “sento” le persone. Da sempre. Mi basta uno sguardo, pochi istanti, forse uno.
      Sentire le persone è un’esperienza che per un po’ fa tacere tutte le incomprensioni e i dolori vissuti. Ascoltare ciò che sento di una persona mi aiuta a capire me stessa. Ascoltare me stessa affina il mio sentire gli altri.
      Vorrei poter essere più precisa nella scrittura. A volte scrivo cercando di sbrogliare un grumo di emozioni e diventa molto difficile trovare delle parole adatte.
      Grazie Abattoir People!

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